LA SCOMMESSA

SANT'AGOSTINO, SANT'AMBROGIO E NOI


 Ieri, 28 agosto, ricorreva la festa di Sant'Agostino. Nato a Tagaste nel 354 d.C., si convertì al cristianesimo mentre si trovava a Milano (387 d.C.) dopo aver frequentato la predicazione del vescovo Ambrogio.Così Agostino racconta il suo arrivo a Milano nel libro quinto delle Confessioni: Qui incontrai il vescovo Ambrogio, noto a tutto il mondo come uno dei migliori, e tuo devoto servitore. In quel tempo la sua eloquenza dispensava strenuamente al popolo la sostanza del tuo frumento, la letizia del tuo olio e la sobria ebbrezza del tuo vino. A lui ero guidato inconsapevole da te, per essere da lui guidato consapevole a te. Quell'uomo di Dio mi accolse come un padre e gradì il mio pellegrinaggio proprio come un vescovo. Io pure presi subito ad amarlo, dapprima però non certo come maestro di verità, poiché non avevo nessuna speranza di trovarla dentro la tua Chiesa, bensì come persona che mi mostrava benevolenza. Frequentavo assiduamente le sue istruzioni pubbliche, non però mosso dalla giusta intenzione: volevo piuttosto sincerarmi se la sua eloquenza meritava la fama di cui godeva, ovvero ne era superiore o inferiore. Stavo attento, sospeso alle sue parole, ma non m'interessavo al contenuto, anzi lo disdegnavo. La soavità della sua parola m'incantava. Era più dotta, ma meno gioviale e carezzevole di quella di Fausto quanto alla forma; quanto alla sostanza però, nessun paragone era possibile: l'uno si sviava nei tranelli manichei, l'altro mostrava la salvezza nel modo più salutare. Ma la salvezza è lontana dai peccatori, quale io ero allora là presente. Eppure mi avvicinavo ad essa sensibilmente e a mia insaputa. (Confessiones, libro V, 13, 23: testo latino - traduzione italiana) Trovo questo racconto incredibilmente moderno. Un uomo inquieto e girovago (Agostino) cerca affannosamente il senso del vivere e si imbatte nel vescovo Ambrogio che era molto diverso da lui: un uomo saldo, con le radici ben piantate per terra, accogliente, di grande fascino... "Mi accolse come un padre (in latino: suscepit me paterne) e gradì il mio pellegrinaggio proprio come un vescovo (episcopaliter dilexit)". Questo particolare mi sembra significativo: Agostino non è ancora cristiano eppure vive il vescovo Ambrogio come un padre; e la stessa cosa succede ad Ambrogio: lo ama come sa fare un vescovo pur non essendo Agostino un membro della Chiesa. In questa frase ho l'impressione che ci sia un'indicazione missionaria per il nostro tempo: di fronte all'incerto peregrinare dell'uomo contemporaneo, che è chiaramente assetato di parole autentiche, c'è bisogno di testimoni che sappiano essere padri a chi ancora non è figlio e c'è bisogno di pastori che facciano dell'accoglienza verso chi è fuori dalla Chiesa il tratto caratteristico del proprio ministero pastorale.Per approfondire la riflessione su questi aspetti suggerisco di leggere un articolo piuttosto graffiante della scrittrice Susanna Tamaro: Se la Chiesa non ha più padri (Corriere della Sera, 2 agosto 2010).Ma nel racconto di S.Agostino c'è anche un altro elemento che mi colpisce: Agostino (che era uomo di mondo) subisce il fascino irresistibile delle parole di Ambrogio che risuonano alle sue orecchie in modo diverso da tante altre parole ascoltate fino ad allora. In un primo momento non si interessa al contenuto degli insegnamenti di Ambrogio, ma resta incantato dalla soavità della sua parola (in latino: delectabar suavitate sermonis).Ecco allora una seconda indicazione missionaria per noi oggi:  per aprire un varco alla fede non occorrono tante parole, né strategie innovative e nemmeno gli "effetti speciali"... Ci vogliono credenti che dicano al mondo parole che sono "spirito e vita". Fuoco che dà fuoco. Sant'Agostino (Lux Vide - Rai Fiction 2009)