LA SCOMMESSA

CATTOLICI, E' TEMPO DI RISCOPRIRE ALCUNI TESTIMONI DIMENTICATI


In casa cattolica abbiamo il dovere di riscoprire alcune figure significative del nostro passato, delle quali abbiamo (quasi) perso la memoria. Una di queste è Teresio Olivelli.
 Chi era costui?A rispondere ci aiuta L'Osservatore Romano oggi in edicola: Il 17 gennaio 1945 Teresio Olivelli veniva ucciso nel campo nazista di HersbruckRibelle contro gli ideali d'accattodi Arturo ColomboDi Teresio Olivelli, ucciso nel campo nazista di Hersbruck il 17 gennaio 1945, quando aveva appena compiuto 29 anni, la definizione più efficace l'ha data don Primo Mazzolari, qualificandolo come "lo spirito più cristiano del nostro secondo risorgimento". E un altro che lo aveva conosciuto bene, padre Carlo Manziana, ha scritto che Olivelli "poteva essere un grande educatore, poteva diventare un brillante docente universitario, poteva assurgere a importanti cariche politiche (...), ma la sua vera vocazione era quella di dare la vita per i suoi fratelli".Infatti Olivelli - nato a Bellagio, sul Lago di Como, nel 1916 - fin da ragazzo si è dedicato all'aiuto degli studenti più poveri e bisognosi di attenzione, convinto che lo spirito di solidarietà umana è il sinonimo più autentico di carità cristiana. Finito il liceo, si era iscritto alla facoltà di legge dell'università di Pavia, dopo aver ottenuto un posto al famoso Collegio Ghislieri:  quello voluto da san Pio v, di cui erano stati alunni personalità del calibro di Carlo Goldoni, di Luigi Credaro, di Giuseppe Zanardelli, di Ezio Vanoni.Erano gli anni del fascismo al potere; e il giovane Olivelli, vivace, brillante, non esita a frequentare gruppi e ambienti giovanili fascisti; nel 1939 partecipa ai "littoriali della cultura" e vince, precisamente nel settore della razza. Eppure è falso far credere che Olivelli abbia svolto un tema "razzista", all'opposto, da cattolico coerente, aveva sostenuto che se esistono delle razze, nessuno ha il diritto e l'arroganza di far credere che ci sia addirittura una razza eletta, come pretendeva il nazismo:  tant'è vero che una fonte non sospetta del tempo, ha fatto notare che "la delegazione hitleriana che lo stava a sentire, allibiva".Più tardi Olivelli opererà sempre da cattolico deciso a portare ovunque la pienezza della sua fede religiosa. C'è in proposito una sua lettera dell'aprile 1941, da cui emerge l'imperativo destinato a segnarlo fino all'ultimo:  "Abbiate fiducia e amore nella vita e negli uomini, ma esercitate una critica incessante sulle realizzazioni degli uomini, in ansia di migliorarle". Così, appena scoppia il terribile secondo conflitto mondiale, Olivelli non rimane indeciso e parte volontario. Lo mandano a combattere in terra russa, dove conosce "l'alleato tedesco nella sua follia allucinante" e prende atto nella vergognosa impreparazione militare italiana.È costretto a una lunga, interminabile ritirata fra il gelo e la fame, dove conosce - come scriverà al fratello - "scie angosciate di congelati sfiniti, incapaci a proseguire, prigionieri incupiti nell'inane amarezza, invocazioni disperanti di feriti abbandonati, e un seminìo di morti, morti fatti di ghiaccio, stravolti, insepolti". Torna a Pavia dove, seppure per pochi mesi, ricopre la prestigiosa carica di rettore del Collegio Ghislieri. Ma all'indomani dell'8 settembre è fatto prigioniero e messo in un campo di concentramento in Austria, da cui fugge, deciso a entrare nella file della Resistenza.Con i gruppi cattolici delle "Fiamme Verdi", a Brescia è animatore del giornale clandestino "il ribelle" (scritto tutto in lettere minuscole), dove Olivelli mette in chiaro che "la nostra è anzitutto una rivolta morale", e precisa "contro" chi e che cosa è indispensabile opporsi. "Contro il putridume in cui è immersa l'Italia (...); contro lo Stato che assorbe e ingoia ogni libertà di pensiero e di iniziativa (...); contro una cultura fradicia (...); contro gli ideali d'accatto, l'inerzia infingarda, l'affarismo profittatore ed equivoco". E - sempre il 26 marzo del 1944 - dopo il duro commento, "ne siamo nauseati", aggiunge:  "Non recriminiamo:  ci ribelliamo", non solo "contro il tiranno demagogo" ma "contro un sistema e un'epoca, contro un modo di pensiero e di vita, contro una concezione del mondo".Arrestato, poco dopo, a Milano, dal carcere di San Vittore comincia il drammatico iter, che va da Fossoli a Bolzano, a Flossenburg. Muore il 17 gennaio del 1945 a Hersbruck, mentre continua a sostenere con grande spirito di sacrificio i compagni di prigionia, aggrappati a lui, implorando un aiuto, una parola di conforto, un'impossibile salvezza. E così lo ha raffigurato nel 1957 il pittore Augusto Colombo, mio padre, nel dipinto Teresio Olivelli nel Lager di Hersbruck, che si trova nel "suo" Collegio Ghislieri, non lontano dalla lapide che ricorda come Olivelli "vide nella libertà, / in cui sola vive la verità e la carità / e si fece "ribelle per amore"".Proprio lui, prima dell'ultimo arresto, aveva scritto la "Preghiera del ribelle":  ribelle mai per odio o spirito di vendetta, ma per amore della libertà, per amore del riscatto contro l'oppressione, la barbarie, lo spirito di morte. Anche per questo Teresio Olivelli è già "servo di Dio". Il processo di beatificazione è in corso.(L'Osservatore Romano, 10-11 gennaio 2011) Si può essere ribelli per rabbia, per sete d'avventura o per totale insofferenza nei confronti di ciò che si vede. Oppure "ribelli per amore", spinti dal desiderio di una società diversa.Abbiamo bisogno oggi di persone così...Ma questi partigiani della civiltà futura non si devono aspettare come fossero degli extraterrestri: siamo noi - io che scrivo e tu che leggi - ad essere chiamati in causa.