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TETTAMANZI: DISCORSO DI SANT'AMBROGIO 2010

Post n°1309 pubblicato il 06 Dicembre 2010 da Giuranna
 

 

Sul sito della Diocesi è possibile leggere il tradizionale Discorso alla Città pronunciato oggi dall'Arcivescovo Tettamanzi nella Basilica di Sant'Ambrogio.

Il discorso termina con queste parole che delineano con chiarezza il fine  della Politica:

Fare della nostra Città un luogo coeso, solidale, comunicativo, aperto a tutti, dove il terreno è liberato dalle aridità, dai sassi e dai rovi che ne soffocano la fertilità, dove poter realizzare i progetti di vita più veri credo sia non un’utopia, ma un’impresa possibile e affascinante.
Con la collaborazione di tutti, però. Nessuno escluso.

Non ti accontentare di questa citazione: leggi integralmente il  Discorso alla Città del Card. Tettamanzi.


*   *   *


Di seguito l'articolo del padernese Alberto Manzoni sull'Osservatore Romano del 6-7 dicembre:

 

Il discorso del cardinale Tettamanzi alla vigilia di sant'Ambrogio

Quattro cantieri per una città dal terreno buono

di Alberto Manzoni

"Aprire quattro cantieri per costruire la coesione sociale". Il primo per studiare "il segreto della Milano dal terreno buono" e monitorarne i bisogni. Il secondo che si occupi degli interventi necessari per coloro che da soli non ce la fanno a "tornare autosufficienti". Il terzo per "vigilare e intervenire sulla questione educativa". E, infine, il quarto "dove lavorare per diminuire il più possibile le inaccettabili forme di esclusione sociale". Si conclude con una proposta concreta il tradizionale discorso alla città e alla diocesi che il cardinale arcivescovo di Milano, Dionigi Tettamanzi, anche quest'anno ha tenuto durante i primi vespri di sant'Ambrogio, in preparazione alla festa del 7, nella omonima basilica milanese, dove sono le spoglie mortali del santo patrono della Chiesa ambrosiana. E tradizionale è pure la presenza delle autorità cittadine, provinciali e regionali, oltre che di associazioni di categoria e comunità etniche.
Tettamanzi parla del terreno sul quale il seminatore della parabola evangelica (Luca, 8, 4-8) getta la semente, che ha esiti diversi a seconda delle condizioni del suolo. E ispirandosi al brano lucano ha intitolato il discorso 2010:  "Milano, una città dal terreno buono". Nell'anno pastorale che la Chiesa ambrosiana dedica alla santità in riferimento al iv centenario della canonizzazione di san Carlo Borromeo, è logico partire dalla considerazione che "Milano è una città dove è forte l'impronta cristiana". Oltre ai due compatroni, Tettamanzi ricorda gli ultimi tre suoi predecessori - i cardinali Giovanni Battista Montini, Giovanni Colombo e Carlo Maria Martini - e poi il beato don Carlo Gnocchi. "I credenti ringrazino con me il Signore per coloro che, sostenuti dalla sua grazia, si sono fatti servi e strumenti del Vangelo. Anche chi sostiene di non credere riconosca il debito che la nostra città deve a coloro che hanno speso in questo modo la propria vita". Il pensiero del cardinale va pure a "tutti gli amministratori pubblici che si sono spesi per il bene di Milano e dei milanesi".
C'è, dunque, un terreno fertile, su cui seminare con fiducia. Tettamanzi lo individua nella "componente intraprendente", che significa "chi crea e offre posti di lavoro, chi pone competenze a servizio di altri, chi si impegna nel promuovere un tessuto associativo vivace". Questo terreno è composto da famiglie, da anziani che sanno rendersi utili, da giovani "che costruiscono seriamente il proprio futuro", da imprenditori seri, da università, ospedali e centri di ricerca, da educatori e persone dedite all'assistenza, che vanno incoraggiate e appoggiate.
E veniamo ai terreni inutili, o per lo meno quelli che a prima vista appaiono tali. Il testo evangelico dice che il terreno ricoperto di rovi non è di per sé infecondo, occorre solo liberarlo. E ai rovi "corrispondono quelle forme di disumanizzazione che impediscono all'umanità buona di fiorire":  famiglie che hanno bisogno di un sostegno, con persone ammalate o disabili o con disagio psichico, dove si è perso il posto di lavoro, e che da sole non ce la fanno. A questo proposito il cardinale ricorda "l'esperienza ormai biennale del "Fondo diocesano Famiglia Lavoro"" e cita alcuni passaggi della enciclica Caritas in veritate di Benedetto XVI. Quindi esorta chi ne ha responsabilità al sostegno delle imprese, alla tutela del lavoro, alla promozione del volontariato e di forme di imprenditoria connesse al terzo settore e no profit, cooperative e associazioni. Accenna a provvedimenti normativi che "stanno penalizzando queste realtà"; invita - citando ancora la Caritas in veritate - a saper coniugare sussidiarietà e solidarietà, "non solo per poter dichiarare di aver applicato i principi della dottrina sociale della Chiesa, ma anzitutto come scelta previdente e lungimirante".
C'è, ancora, il terreno "reso improduttivo dalle pietre", perché mancano le condizioni per la fertilità. E ciò fa venire in mente al cardinale "quelle situazioni impermeabili alla verità o rese tali da altri:  quelle dove si vive senza che ci sia un senso preciso dell'esistenza. È una questione culturale". Ed è la grande questione educativa, cui la Chiesa dedica ampia attenzione, con le problematiche riguardanti le periferie degradate, i giovani preda della malavita e della droga, i legami familiari che si sfaldano. Qui l'azione pubblica dovrebbe pensare a un "piano adeguato di sostegno alla famiglia" e sostenere tutte le agenzie educative e socializzanti - scuole, oratori, centri sportivi.
Il seme caduto sulla strada fa pensare a quegli ambiti dove "mancano le condizioni minime affinché possa svilupparsi". L'arcivescovo paragona questa situazione a "quelle persone immigrate che vivono in paradossale situazione di clandestinità:  ben note ai propri datori di lavoro ma invisibili alle istituzioni. È per il bene di queste persone e della città che occorre offrire loro il seme della speranza, per aiutarle a costruire un futuro di cittadinanza vera, all'insegna di doveri e diritti". Tettamanzi fa un breve inciso sull'attualità:  "Davanti ai gravissimi fatti di questi giorni restiamo profondamente addolorati, anzi sconcertati. Prego per le vittime di queste e di tutte le violenze, per i loro familiari. E perché non si sovrapponga genericamente a tutti gli immigrati la categoria della delinquenza. Ogni persona, d'origine italiana o straniera, deve essere sempre giudicata singolarmente, per quella che è, non dimenticando mai che il giudizio più vero e definitivo è quello di Dio".
Altre persone di cui ricordarsi sono i carcerati, i malati incurabili, le persone di origine nomade. Riguardo a queste ultime, osserva il porporato:  "Il pregiudizio, che a volte trova purtroppo corrispondenza in comportamenti contro la legalità, sconfigge la possibilità di ricercare soluzioni serie". E prosegue:  "L'ampio e variegato "campo" della nostra Milano è costituito anche dalle situazioni sinora descritte. È miope e irresponsabile l'atteggiamento di chi non vuole prenderne coscienza. Compito di chi amministra la città è di amarla e servirla nel suo insieme, senza discriminarne una parte". Anche perché, "i grandi politici e amministratori che l'Italia ancora oggi ricorda - nel 150° anniversario della sua unificazione - sono quelli che hanno avuto il coraggio di suscitare la responsabilità comune e di assumere le sfide impegnative ma necessarie. Aiutare i più deboli permette anche di allontanare da loro quegli "uccelli del cielo" evocati dalla parabola, pronti ad attaccare i semi per fagocitarli in percorsi malavitosi e mafiosi. Le istituzioni intervengano contro questi nemici della città, con un'azione di promozione della legalità. Ciascuno - anche la Chiesa - faccia la sua parte".
A questo punto l'arcivescovo ha avanzato la sua proposta di realizzare, accanto ai piani urbanistici, un osservatorio ovvero una "mappa dei cantieri sociali", e in particolare di istituire i quattro citati. Vi si potrà cogliere "l'opportunità di promuovere il lavoro comune di istituzioni, cittadini, associazioni, tra i diversi livelli delle amministrazioni locali".
Queste richieste sono fatte con l'invito a "collaborare con il seminatore" e con lo sguardo ai prossimi grandi appuntamenti per Milano:  nel 2012 il vii Incontro mondiale delle famiglie sul tema "La Famiglia:  il lavoro e la festa"; nel 2013 il ricordo dei 1.700 anni dalla proclamazione del cosiddetto  Editto  di  Costantino; nel 2015 l'Expo. L'arcivescovo confida un sogno:  "quello di porre come "stella polare", l'obiettivo di liberare tutti da quei condizionamenti che limitano l'esercizio della libertà e impediscono l'autentica realizzazione personale, familiare e comunitaria. Vorrei che tutte le componenti della città con voi amministratori si sentissero responsabili di Milano così che possiate essere sempre meno rappresentanti di una parte, ma sempre più strateghi del futuro della città. Chi ha interessi differenti o contrastanti rispetto a questa missione non dovrebbe assumere il compito di guidare la città".

(L'Osservatore Romano - 6-7 dicembre 2010)

 
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