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ATTENZIONE: IL FEDERALISMO PUO' ESSERE CATTIVO

Post n°952 pubblicato il 21 Agosto 2010 da Giuranna
 

 

Ha avuto ampio rilievo mediatico una frase del Cardinale Bagnasco, Presidente della CEI, nell'intervista pubblicata oggi sull'Osservatore Romano.

Alla domanda "il progetto politico di federalismo di Rosmini è attuale?" il Cardinale Bagnasco ha risposto con chiarezza: "La molteplicità, in tutti i campi, è una ricchezza se costruisce l'unità; se invece disgrega e allontana, allora non diventa più un valore ma un disvalore".

Il giudizio è limpido, cristallino. Chiarificatore. In tempi di confusione si tratta addirittura di un'indicazione "necessaria" perché aiuta le persone a riconoscere la moneta vera da quella falsa.

Dice in pratica il Cardinale: il federalismo è un mezzo, non un fine. Dipende dall'uso che se ne fa. Se il federalismo contribuisce a costruire più unità nel Paese, ben venga il federalismo! Se invece è sinonimo di egoismo, allora è un disvalore e va combattuto.

Grazie, Signor Cardinale!

Da tempo anch'io mi chiedevo: ma tutta quest'enfasi sul federalismo è giustificata? Davvero il federalismo è il toccasana per curare i tanti mali dell'Italia? O si tratta di un abbaglio, di vero e proprio inganno?

Se poi penso alla cultura che sorregge il progetto politico della Lega Nord, la domanda sulla necessità del federalismo diventa ancora più forte: davvero la Lega vuole più unità per l'Italia?

Il Ministro Calderoli si è affrettato a rassicurare il Presidente dei Vescovi: ''Sul federalismo il Cardinal Bagnasco può stare tranquillo: la riforma che noi proponiamo e che stiamo realizzando è quella di un federalismo che storicamente ha unito quello che era diviso o ha impedito, attraverso la valorizzazione delle diversità, della responsabilità e della trasparenza, ineludibili processi di disgregazione".

Io non ci credo neanche un po'.

"Si propone un federalismo che sa di secessione. Senz’anima e solidarietà", come ha fatto notare recentemente Famiglia Cristiana.

Da cittadino mi viene da dire: basta con questa fissazione del federalismo! Cerchiamo di concentrare la nostra attenzione sui veri mali dell'Italia!

 

Kirikù e la strega Karabà (di Michel Ocelot, 1998)

 

Di seguito riporto integralmente l'intervista con il Cardinale Bagnasco. In effetti, non mi piace il vezzo dei mezzi di comunicazione di prendere una frase e dimenticare il resto.

L'intervista pubblicata sull'Osservatore Romano è dedicata a una grande figura del cattolicesimo italiano della prima metà dell'Ottocento: il beato Antonio Rosmini.

E' un personaggio che merita attenzione.

Anche perché Rosmini intuì che esiste un collegamento tra il rinnovamento della vita della Chiesa e il rinnovamento della politica.

 

A colloquio con l'arcivescovo Angelo Bagnasco
Rosmini e le armi contro l'omologazione

di Roberto Cutaia

Abbiamo incontrato a Stresa l'arcivescovo metropolita di Genova e presidente della Conferenza episcopale italiana, cardinale Angelo Bagnasco, in occasione del 155esimo anniversario del dies natalis del beato Antonio Rosmini.

È la prima volta che viene qui?

Sono già stato nel Verbano Cusio Ossola altre volte:  in particolare, quando ero sacerdote, insieme con dei confratelli usavo trascorrere qualche giornata di ferie in Formazza.

Il suo primo approccio con Rosmini e i rosminiani?

Ai tempi dell'università. Sono laureato in filosofia, ho studiato a Genova e ho avuto l'occasione di conoscere l'opera di Rosmini del cui pensiero, tra l'altro, mi ero appassionato.

La causa della perdita di senso dell'educazione in generale potrebbe essere, a suo avviso, il venir meno l'esperienza metafisica?

Certamente, se per metafisica intendiamo il fondamento delle cose e quindi anche della persona. Se non c'è fondamento non ci può neppure essere educazione. L'educazione è la formazione graduale della persona, ma bisogna sapere chi è la persona nella sua sostanza, nel suo fondamento, per poter educare la persona stessa.

Quindici anni fa, in occasione del congresso ecclesiale di Palermo, si diede vita al progetto culturale della Chiesa italiana. Un pensatore come Rosmini, oggi, potrebbe collocarsi all'interno di questo progetto?

Rosmini ha voluto creare un sistema filosofico completo sul filo di san Tommaso, quindi sul filo della tradizione della Chiesa, in dialogo con il mondo moderno, che privilegia l'aspetto della soggettività. Rosmini ha cercato, con grande frutto, di far incontrare l'antica tradizione perenne e mai superata di Tommaso con il pensiero di Agostino, con l'importanza del soggetto che conosce la realtà stessa.

Come collocare il pensiero rosminiano all'interno della storia della Chiesa?

Rappresenta uno snodo importantissimo del progetto culturale della Chiesa italiana, che ha come centro l'uomo in tutte le sue dimensioni. Il progetto culturale si identifica con la questione antropologica che sta alla base di tutti i campi del sapere e del sociale della vita privata e della vita pubblica:  l'etica, la politica, la finanza, l'economia, la famiglia e altri ambiti. Il nodo di fondo, dal punto di vista teoretico razionale, sta proprio nell'aspetto metafisico, nel fondamento della persona.

A proposito di unità della persona, il progetto politico di federalismo di Rosmini è attuale?

La molteplicità, in tutti i campi, è una ricchezza se costruisce l'unità; se invece disgrega e allontana, allora non diventa più un valore ma un disvalore. Si vorrebbe, a tutti i livelli e in tutti gli ambiti, che le specificità delle persone, come delle culture e delle regioni, diventino una ricchezza per il bene dell'insieme, un bene che deve essere reale per tutti.

Anche i cattolici, oggi, sono chiamati a fare i conti con la crisi di valori?

Ce lo ricorda anche il Papa, il quale ci richiama a una maggiore attenzione, perché certe forme culturali dominanti che si respirano attraverso i mezzi di comunicazione, attraverso modelli di comportamento, toccano e possono toccare tutti:  credenti e non credenti, cattolici e non cattolici; nessuno è esente da questo clima di possibile contaminazione che potrebbe impoverire strada facendo la fede, ma soprattutto il comportamento degli stessi cristiani. Perché non dobbiamo essere del mondo, dice Gesù, ma siamo nel mondo, essere nel mondo vuol dire essere esposti a tutte le pressioni o tensioni e sollecitazioni che conosciamo.

L'arma per far crescere se stessi e non lasciarsi omologare dalla mentalità dominante resta ancora oggi la preghiera.

La preghiera è il contatto con Dio, e Dio è la Verità; certamente bisogna dedicare tempo alla preghiera, ognuno secondo la propria vocazione, e accostare quei mezzi che la liturgia, e innanzitutto il Signore, ci hanno messo a disposizione:  il Vangelo, il libro dei Salmi e tutte le altre pratiche di pietà che vengono scelte. Sono modalità, queste, che ci aiutano a incontrare la verità di Dio e dell'uomo.

Oggi parlare di affidamento alla volontà di Dio sembra obsoleto. Forse manca l'esperienza dell'amore di Dio?

Se noi credessimo veramente, totalmente, che Dio ci ama, è chiaro che vivremmo la storia personale e universale con una prospettiva e con un atteggiamento a volte più responsabile, più positivo. Bisogna credere veramente che Dio ci ami:  ciò ha il potere di cambiare la vita.

(L'Osservatore Romano - 21 agosto 2010)

 
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