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Blog di Giovanni Giuranna - consigliere comunale della lista civica Insieme per cambiare di Paderno Dugnano

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Messaggi del 26/10/2016

CORTE COSTITUZIONALE INTERVIENE SU VICENDA EDILIZIA DI PADERNO

Post n°7924 pubblicato il 26 Ottobre 2016 da Giuranna
 

 

Curiosando in rete scopro la recentissima sentenza della Corte Costituzionale pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale di oggi (sentenza n.5 del 20 ottobre 2016) che prende le mosse da una vicenda locale di edilizia e urbanistica sottoposta al vaglio del TAR, e precisamente da una controversia che ha visto opposti la Sig.ra Rosanna Cerutti e il Comune di Paderno Dugnano e altri. La questione è piuttosto complicata: in breve il privato, a cui il Comune aveva risposto negativamente, ha visto accolte le proprie ragioni fino al livello più alto della Corte Costituzionale.

Per ora buona lettura. Prossimamente sarà necessario mettere a fuoco i particolari ed i contorni della vicenda. Mi auguro che il Sindaco Alparone e il Vicesindaco Bogani (che ha la delega all'urbanistica e edilizia privata) ci spieghino prontamente i dettagli di quanto successo sul nostro territorio.

 

SENTENZE ED ORDINANZE DELLA CORTE
N. 224

Sentenza 5 - 20 ottobre 2016

Giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale.

Edilizia e urbanistica - Interventi di ristrutturazione oggetto della sentenza della Corte costituzionale n. 309 del 2011 - Validità ed efficacia dei permessi di costruire rilasciati alla data del 30 novembre 2011 e delle denunce di inizio attività esecutive alla medesima data. 
 – Legge della Regione Lombardia 18 aprile 2012, n. 7 (Misure per la crescita, lo sviluppo e l’occupazione), art. 17, comma 1.          

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente:   Paolo GROSSI;

Giudici :Alessandro CRISCUOLO, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 17, comma 1, della legge della Regione Lombardia 18 aprile 2012, n. 7 (Misure per la crescita, lo sviluppo e l’occupazione), promosso dal Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia nel procedimento vertente tra Cerutti Rosanna e il Comune di Paderno Dugnano e altri, con ordinanza del 5 novembre 2015, iscritta al n. 21 del registro ordinanze 2016 e pubblicata nella   Gazzetta Ufficiale   della Repubblica n. 7, prima serie speciale, dell’anno 2016. Udito nella camera di consiglio del 5 ottobre 2016 il Giudice relatore Marta Cartabia.

Ritenuto in fatto

1.- Il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, con ordinanza del 5 novembre 2015 (r.o. n. 21 del 2016), ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 17, comma 1, della legge della Regione Lombardia 18 aprile 2012, n. 7 (Misure per la crescita, lo sviluppo e l’occupazione), in riferimento all’art. 136, comma primo, della Costituzione e all’art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 (Norme sui giudizi di legittimità costituzionale e sulle garanzie d’indipendenza della Corte costituzionale); nonché in riferimento all’art. 117, comma terzo, Cost., in relazione all’art. 3, comma 1, lettera   d),   del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia - testo   A), nel testo anteriore alle modifiche apportate dall’art. 30 del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 (Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia), convertito dalla legge 9 agosto 2013, n. 98; e altresì in riferimento all’art. 97 Cost.

2 .- Il Tribunale rimettente ricorda di avere già sollevato la stessa questione di legittimità costituzionale con ordinanza del 20 giugno 2013 (r.o. n. 260 del 2013), della quale riporta integralmente il contenuto. 

2.1.- Il Tribunale rammenta di essere stato adito dalla proprietaria di un immobile, sito nel territorio del Comune di Paderno Dugnano, confinante con un’area nella quale il Comune ha autorizzato, con permesso di costruire, un intervento di ristrutturazione mediante demolizione dell’edificio esistente e ricostruzione con sagoma diversa.  La ricorrente ha rivolto al Comune istanza di autotutela in relazione al permesso di costruire, invocando la sentenza n. 309 del 2011, successiva al rilascio del provvedimento, con cui questa Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 27, comma 1, lettera   d), ultimo periodo, della legge della Regione Lombardia 11 marzo 2005, n. 12 (Legge per il governo del territorio), nella parte in cui escludeva l’applicabilità del limite della sagoma alle ristrutturazioni edilizie mediante demolizione e ricostruzione; dell’art. 103 della stessa legge reg. Lombardia n. 12 del 2005, nella parte in cui disapplicava l’art. 3 del d.P.R. n. 380 del 2001, il cui comma 1, lettera   d)  , nel testo allora vigente, stabiliva il principio fondamentale secondo cui rientrano nella definizione di ristrutturazione edilizia solo gli interventi di demolizione e ricostruzione con identità di volumetria e di sagoma rispetto all’edificio preesistente; nonché, infine, dell’art. 22 della legge della Regione Lombardia 5 febbraio 2010, n. 7 (Interventi normativi per l’attuazione della programmazione regionale e di modifica ed integrazione di disposizioni legislative - Collegato ordinamentale 2010), il quale, in via di interpretazione autentica del citato art. 27, comma 1, lettera   d),   della legge reg. Lombardia n. 12 del 2005, prevedeva che, nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia, la ricostruzione dell’edificio che seguiva a demolizione fosse «da intendersi senza vincolo di sagoma». L ’istanza di autotutela è stata respinta dal Comune in ragione del sopravvenuto art. 17, comma 1, della legge reg. Lombardia n. 7 del 2012, il quale, riferendosi «agli interventi di ristrutturazione edilizia oggetto della sentenza della Corte Costituzionale del 21 novembre 2011, n. 309», prevede che, «al fine di tutelare il legittimo affidamento dei soggetti interessati, i permessi di costruire rilasciati alla data del 30 novembre 2011 nonché le denunce di inizio attività esecutive alla medesima data devono considerarsi titoli validi ed efficaci fino al momento della dichiarazione di fine lavori, a condizione che la comunicazione di inizio lavori risulti protocollata entro il 30 aprile 2012». Nel caso, il permesso di costruire era stato rilasciato, e la comunicazione di inizio lavori era stata acquisita al protocollo, prima delle date rispettivamente previste dall’art. 17 citato.  La ricorrente ha impugnato il provvedimento negativo del Comune, insieme al permesso di costruire, e ha eccepito l’illegittimità costituzionale dell’art. 17, comma 1, della legge reg. Lombardia n. 7 del 2012, in riferimento all’art. 136 Cost. 

2.2.- Nel pronunciarsi sul ricorso, il Tribunale ripercorre l’evoluzione legislativa del vincolo di sagoma nelle ristrutturazioni edilizie, evidenziando come il ricorso potrebbe essere accolto, se non fosse intervenuto l’art. 17, comma 1, della legge reg. Lombardia n. 7 del 2012, che, anche alla luce dell’interpretazione datane dal Comune, «deve intendersi nel senso della volontà del legislatore regionale di sanare il titolo edilizio rilasciato in spregio alla (o per meglio dire privando di efficacia   la)   declaratoria di incostituzionalità» contenuta nella sentenza n. 309 del 2011.

2.3.- Il Tribunale precisa che la rilevanza della questione non è influenzata dall’inciso, contenuto nella disposizione impugnata, secondo cui i titoli ivi considerati restano validi ed efficaci «fino al momento della dichiarazione di fine lavori»: quale che sia il significato dell’inciso in questione, nella fattispecie oggetto del giudizio principale, al momento dell’emanazione degli atti impugnati, la comunicazione di fine lavori non era ancora intervenuta. Né il rigetto dell’istanza di autotutela potrebbe considerarsi atto meramente confermativo del permesso di costruire, divenuto nel frattempo inoppugnabile: in seguito all’istanza della ricorrente, è stato avviato un nuovo procedimento, nel quale è stata compiuta una nuova istruttoria e sono stati valutati gli elementi sopravvenuti, quali appunto la sentenza n. 309 del 2011 e l’art. 17, comma 1, della legge reg. Lombardia n. 7 del 2012.

2.4.- Ciò premesso, in merito all’art. 17, comma 1, della legge reg. Lombardia n. 7 del 2012 il Tribunale solleva diverse questioni di costituzionalità: in primo luogo, per contrasto con l’art. 136, comma primo, Cost. e con la legge cost. n. 1 del 1948, giacché la disposizione legislativa regionale avrebbe inteso limitare gli effetti per il passato della sentenza n. 309 del 2011, escludendo che essa rilevi per i titoli edilizi anteriori alla sua pubblicazione; in secondo luogo, perché la disposizione impugnata sarebbe affetta dallo stesso vizio accertato dalla sentenza n. 309 del 2011 con riguardo alle disposizioni allora in questione, determinando un contrasto con l’art. 117, comma terzo, Cost., in relazione all’art. 3, comma 1, lettera   d),   del d.P.R. n. 380 del 2011, nel testo allora vigente. 

2.5.- In diversi passaggi, il Tribunale - pur ribadendo che l’interpretazione preferibile della disposizione in questione è quella che attribuisce ad essa effetti sananti dei titoli ivi contemplati - ipotizza anche una lettura alternativa: la disposizione potrebbe essere intesa come se avesse il più circoscritto effetto di paralizzare solo il potere amministrativo di autotutela, «formulando una valutazione astratta di prevalenza dell’interesse del privato al mantenimento in essere dell’atto rilasciato su quello pubblico volto al ripristino della legalità violata».
Tale ipotesi è considerata per sostenere che, quand’anche al rigetto dell’istanza di autotutela si negasse la «valenza di atto sostanziale di conferma di validità del permesso di costruire rilasciato», per considerarlo invece quale «atto di rifiuto dell’esercizio del potere di autotutela», la questione di legittimità costituzionale sarebbe comunque rilevante: l’inoppugnabilità del permesso di costruire, per scadenza del termine di impugnazione, non incideva sulla potestà di autotutela del Comune, paralizzata, nel caso, esclusivamente dalla disposizione in questione, anche qualora si intenda quest’ultima non come norma di sanatoria, ma, appunto, come limite alla potestà di autotutela.  Ove si adottasse questa ipotesi, ad avviso del rimettente si prospetterebbe un profilo di contrasto con l’art. 97 Cost.: «in antitesi con i principi di legalità e buon andamento della pubblica amministrazione sanciti dalla suddetta norma costituzionale», la disposizione in questione avrebbe sacrificato «in maniera aprioristica i suddetti valori», senza richiedere una comparazione in concreto degli interessi coinvolti. Ad avviso del Tribunale, sarebbe emblematica di questo «ultroneo sacrificio» proprio la fattispecie oggetto del giudizio principale, in cui «l’autorità amministrativa ha ritenuto di non potere esercitare il proprio potere di autotutela nonostante la fase esecutiva dell’attività edilizia assentita fosse ferma alla fase iniziale e, dunque, non ancora cristallizzato in capo al privato quell’affidamento che, in astratto, giustifica il mantenimento in essere di un titolo illegittimo».

3 .- Il Tribunale ricorda, poi, che sulla relativa questione la Corte costituzionale si è pronunciata con ordinanza n. 35 del 2015, restituendo gli atti al rimettente, affinché procedesse a un rinnovato esame della rilevanza alla luce del sopravvenuto d.l. n. 69 del 2013, convertito dalla legge n. 98 del 2013, il cui art. 30 ha modificato, tra l’altro, l’art. 3, comma 1, lettera   d)  , del d.P.R. n. 380 del 2001, espungendo dalla definizione della ristrutturazione edilizia il rispetto della sagoma precedente.  Il Tribunale conviene che, a seguito di tale novità normativa, la sagoma preesistente non rileva più come elemento che, se non rispettato, determina la qualificazione dell’intervento edilizio come nuova costruzione, piuttosto che come ristrutturazione. Nondimeno, ad avviso del rimettente, il citato art. 30 non ha portata retroattiva ed è innovativo nel contenuto, in quanto modifica il concetto di ristrutturazione, ampliandolo rispetto alla consolidata interpretazione della normativa previgente. L’art. 30 non può neppure considerarsi norma di interpretazione autentica: risponde, anzi, a una   ratio   legis specifica, dovuta a «circostanze particolari di profilo economico e sociale», «quand’anche per necessità di semplificazione».  Di qui la perdurante rilevanza della questione di legittimità costituzionale sollevata sull’art. 17, comma 1, della legge reg. Lombardia n. 7 del 2012, il quale finirebbe per «sterilizzare   ratione temporis  » la portata della sentenza n. 309 del 2011. La questione sarebbe altresì non manifestamente infondata, per le ragioni, sopra riportate, e già illustrate nella precedente ordinanza di rimessione.

Considerato in diritto

1.- Il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, con ordinanza del 5 novembre 2015 (r.o. n. 21 del 2016), solleva questioni di costituzionalità dell’art. 17, comma 1, della legge della Regione Lombardia 18 aprile 2012, n. 7 (Misure per la crescita, lo sviluppo e l’occupazione), il quale, in relazione agli «interventi di ristrutturazione edilizia oggetto della sentenza n. 309 del 2011», «al fine di tutelare il legittimo affidamento dei soggetti interessati», prescrive che i permessi di costruire rilasciati alla data del 30 novembre 2011 (data di pubblicazione della sentenza citata), nonché le denunce di inizio attività esecutive alla medesima data, siano considerati titoli validi ed efficaci fino al momento della dichiarazione di fine lavori, a condizione che la comunicazione di inizio lavori risulti protocollata entro il 30 aprile 2012. A d avviso del rimettente, tale disposizione violerebbe l’art. 136 della Costituzione e l’art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 (Norme sui giudizi di legittimità costituzionale e sulle garanzie di indipendenza della Corte costituzionale), in quanto limiterebbe gli effetti per il passato della sentenza di questa Corte n. 309 del 2011, escludendo che la perdita di efficacia delle disposizioni, dichiarate costituzionalmente illegittime da tale sentenza, rilevi per i titoli edilizi rilasciati in base alle stesse disposizioni prima della pubblicazione della sentenza (a condizione che la comunicazione di inizio lavori risulti protocollata entro il 30 aprile 2012). S arebbe altresì violato l’art. 117, comma terzo, Cost., in relazione all’art. 3, comma 1, lettera   d),   del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia - testo   A)   - nella versione anteriore alle modifiche di cui all’art. 30 del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69
(Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia), convertito dalla legge 9 agosto 2013, n. 98 - in quanto verrebbero affermate la validità e l’efficacia di titoli edilizi riferiti a interventi di ristrutturazione di edifici mediante demolizione e ricostruzione con sagoma diversa, in violazione del principio fondamentale della legislazione statale, che la sentenza n. 309 del 2011 ha desunto dall’art. 3, comma 1, lettera   d)  , del d.P.R. n. 380 del 2011, nel testo allora vigente, secondo il quale rientravano nella definizione di ristrutturazione edilizia solo gli interventi di demolizione e ricostruzione con identità di volumetria e di sagoma rispetto all’edificio preesistente.  In subordine, qualora il censurato art. 17, comma 1, della legge reg. Lombardia n. 7 del 2012 fosse interpretato nel senso (non di affermare la validità e l’efficacia dei titoli edilizi ivi considerati, bensì più limitatamente) di paralizzare in via generale e astratta il potere di autotutela dell’amministrazione in relazione ad atti basati sulle disposizioni legislative dichiarate costituzionalmente illegittime dalla sentenza n. 309 del 2011, sarebbe violato l’art. 97 Cost.: così intesa, la norma regionale sacrificherebbe aprioristicamente la legalità e il buon andamento della pubblica amministrazione, impedendo una comparazione in concreto, in sede di autotutela, tra gli interessi generali e quelli privati coinvolti in ciascuna fattispecie. 

2.1.- Preliminarmente, considerato che il rimettente ripropone questioni già sollevate dinanzi a questa Corte, in relazione alle quali è stata disposta la restituzione degli atti (ordinanza n. 35 del 2015), occorre verificare se il giudice abbia assolto all’onere di riesaminare la rilevanza e i termini delle stesse questioni, alla luce delle novità normative, in termini non implausibili (ex plurimis, sentenze n. 162 e n. 46 del 2014, n. 321 del 2011). La verifica ha esito positivo. Il giudice ha esaminato l’art. 30 del d.l. n. 69 del 2013, convertito dalla legge n. 98 del 2013, ne ha argomentato il carattere innovativo ed ha escluso la sua applicabilità ai fatti di causa, in particolare perché i provvedimenti impugnati sono anteriori alla nuova normativa. Così facendo, il giudice ha fatto plausibile applicazione del principio secondo cui «lo   ius     superveniens   non può venire in evidenza nel giudizio di costituzionalità sollevato dai giudici amministrativi poiché, secondo il principio tempus regit actum, la valutazione della legittimità del provvedimento impugnato va condotta “con riguardo alla situazione di fatto e di diritto esistente al momento della sua adozione”» (sentenza n. 49 del 2016; si veda anche sentenza n. 30 del 2016).

2.2.- Neppure osta all’ammissibilità la circostanza che il TAR abbia fatto ampio riferimento alla propria precedente ordinanza di rimessione, integralmente riportata nella nuova, con l’aggiunta di considerazioni, sia pure sintetiche, sul carattere innovativo e non retroattivo dello ius superveniens.  Il giudice rimettente deve fornire, nell’atto di promovimento, un’esauriente ed autonoma motivazione, mentre il mero recepimento di argomenti sviluppati dalle parti o rinvenuti nella giurisprudenza, anche costituzionale, non basta di per sé a chiarire «le ragioni per le quali “quel” giudice reputi che la norma applicabile in “quel” processo risulti in contrasto con il dettato costituzionale» (sentenza n. 22 del 2015). Ciò non impedisce che il rimettente riferisca il contenuto di pronunce della Corte costituzionale o di altri atti del procedimento a quo,   purché corroborato da proprie considerazioni con le quali illustri, in relazione al giudizio principale, le ragioni dei dubbi di legittimità costituzionale prospettate a questa Corte (sentenze n. 51 e n. 10 del 2015). 

3.- Nel merito, la questione sollevata in riferimento all’art. 136 Cost. e all’art. 1 della l. cost. n. 1 del 1948 è fondata.
Questa Corte ha già stigmatizzato (ex plurimis, sentenza n. 169 del 2015) le disposizioni con cui il legislatore, statale o regionale, interviene per mitigare gli effetti di una pronuncia di illegittimità costituzionale, per conservare o ripristinare, in tutto o in parte, gli effetti della norma dichiarata illegittima. 
Tale è il caso della disposizione impugnata, emanata al dichiarato «fine di tutelare il legittimo affidamento dei soggetti interessati» in relazione agli «interventi di ristrutturazione edilizia oggetto della sentenza n. 309 del 2011». Essa, come risulta esplicitamente dal suo tenore letterale, mira a convalidare e a confermare nell’efficacia gli atti amministrativi emessi in diretta applicazione della precedente normativa regionale, dichiarata costituzionalmente illegittima dalla citata pronuncia di questa Corte, i cui effetti la disposizione regionale vorrebbe parzialmente neutralizzare.

A nulla rilevano, ovviamente, i mutamenti successivamente intervenuti nella legislazione statale, che hanno rimosso il divieto di alterazione della sagoma nelle ristrutturazioni edilizie, su cui si fondavano le dichiarazioni di illegittimità costituzionale contenute nella sentenza n. 309 del 2011: come già precedentemente osservato, l’odierna questione e la norma che ne costituisce oggetto concernono situazioni anteriori a tale innovazione della legislazione statale e non sono da essa interessate.
Per questi motivi la disposizione impugnata deve essere dichiarata costituzionalmente illegittima per violazione dell’art. 136 Cost., mentre resta assorbito ogni altro motivo di censura.           

PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 17, comma 1, della legge della Regione Lombardia 18 aprile 2012, n. 7 (Misure per la crescita, lo sviluppo e l’occupazione).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 ottobre 2016.

F.to: Paolo GROSSI,    Presidente  
       Marta CARTABIA, Redattore  
       Roberto MILANA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 20 ottobre 2016.

Il Direttore della Cancelleria  
F.to: Roberto MILANA  

 
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METROTRANVIA MILANO-SEREGNO: PERCHE' SI'

Post n°7923 pubblicato il 26 Ottobre 2016 da Giuranna
 

 

Ricevo da Mauro Anzani la seguente lettera aperta in risposta a quanti, soprattutto a Bresso, sostengono l'inutilità del tram Milano - Desio - Seregno. L'argomento è di interesse anche per la nostra città in quanto tale via di comunicazione è preziosa per l'area di Calderara - Baraggiole.

 

PERCHE’ DICIAMO “SI” ALLA METROTRANVIA

Buongiorno a tutti.

Nonostante siano finalmente iniziati i lavori della metrotranvia Milano-Seregno, leggiamo su alcuni opuscoli in distribuzione a Bresso (“Bresso è” di ottobre 2016, “Gazzettino Metropolitano” e volantino della Lega Nord cittadina) che ci si attarda ancora a considerare se la metrotranvia sia utile o no (sperando di fermarla) e che si propone una diramazione della M5 da Bignami a Cusano Milanino. Senza voler fare polemiche inutili, vorremmo però dire la nostra, visto che dal 1982 ci occupiamo di studiare e promuovere il trasporto pubblico anche con conferenze mensili che si tengono presso la nostra sede di via Borsieri 4/E a Milano. Entriamo nel merito, con realismo. I sogni sono belli e servono per progredire ma bisogna anche considerare la realtà.

La metrotranvia cosiddetta “inutile”. Nei volantini citati si continua a ripetere il vecchio slogan per cui la metrotranvia sarebbe un progetto vecchio e superato. Il motivo sinceramente non lo si capisce visto che la popolazione delle città servite è stabile o in aumento. Forse non tutti sanno che linee di questo tipo vengono costruite sempre di più in molte città francesi (a cominciare da Parigi), spagnole, inglesi, statunitensi per dare un servizio di qualità in quelle aree dove non sia conveniente costruire metropolitane per gli eccessivi costi di realizzazione e di successiva gestione (come la zona dei nostri Comuni). Del resto, se la linea fosse stata costruita nei tempi previsti, la dovremmo demolire perché superata dopo 10/15 anni? Anzi la linea è oggi ancora più necessaria di ieri!

La metropolitana. Viene presentata come una grande vittoria la delibera che chiede lo studio di fattibilità della diramazione della M5 Bignami-Cusano. Chi ha letto il PUMS (Piano Urbano della Mobilità Sostenibile) del Comune di Milano, prima delle ultime modifiche, sa che anche il prolungamento della M5 da Bignami a Monza era considerato poco conveniente dal punto di vista costi/benefici. Noi siamo favorevoli a portare M5 fino a Monza e non eravamo d’accordo con il PUMS perché riteniamo che M5 a Bettola (interscambio con autostrade) ed a Monza (città di grosse dimensioni) possa bilanciare la non convenienza costi/benefici. Le cose sono poi cambiate e quindi l’opera (forse) si farà. Per ora ci sono i 16 milioni per il progetto. Poi bisognerà trovare almeno 1 miliardo. Bruscolini! Solo per arrivare a Bettola e realizzare il deposito sono stimati circa 600 milioni. Ben diversa la situazione della diramazione M5 Bignami-Cusano. Uno studio di fattibilità non si nega a nessuno (i cassetti delle Pubbliche Amministrazioni ne sono pieni). Ma qui la non convenienza è evidente visto che non vi sono grossi punti di interscambio con altre modalità di trasporto e che l’utenza prevista può essere tranquillamente servita dal tram. I detrattori si lamentano dello “spreco” di risorse della tranvia. Ma sanno quanto costa una metropolitana? Anche le quote parte dei Comuni aumenterebbero. Ai tempi dell’ipotizzato prolungamento della M3 verso Cusano, uno dei motivi per cui non venne fatto fu proprio l’eccessivo costo dei lavori della diramazione Cusano-Comasina da realizzarsi in zona Niguarda. Si diceva che il tram è inutile perché non avrebbe utenza e che basterebbero gli “autobus elettrici”. E adesso si fa una metropolitana? Le contraddizioni ci paiono evidenti. Il collegamento con M5 può essere rapidamente attuato con la prevista (nel PUMS di Milano) diramazione della tranvia verso Bignami. I Comuni lungo la linea avrebbero un buon collegamento sia con l’Ospedale di Niguarda ed M3 a Maciachini (e da qui direttamente con il centro di Milano) sia con M5 ed eventualmente la stazione ferroviaria di Greco e l’Università di Bicocca. Queste cose sono realmente fattibili il resto è un libro dei sogni.

I tempi. Quando M5 proseguirà, non potrà che andare verso Monza come previsto, sia perché Monza è il polo attrattivo principale, sia perché non vi sono soluzioni alternative per il deposito che è un’esigenza indifferibile. Anche ammesso che si decida di fare, contro ogni logica, la M5 a Bresso e Cusano, verrebbe poi effettivamente realizzata? Si dovevano fare anche la M2 fino a Vimercate (dal 1981) e la M3 fino a Paullo (dagli anni ’90) ed ora è chiaro a tutti che difficilmente verranno realizzate. Il tram verrà realizzato a breve e ci rinunciamo per rincorrere un sogno? Preferiamo il realismo.

Le vere motivazioni del “no”. Leggendo i volantini pubblicati si vedono le reali motivazioni del “no”. La prima è il timore (reale) dei disagi che inevitabilmente ci saranno durante la costruzione. Come alternativa però si propone la metropolitana che (come dimostra l’attuale cronaca milanese relativa alla costruzione della M4) ne causa di uguali se non maggiori (ma forse c’è la consapevolezza che non si arriverà mai a farla). La seconda è la “difficoltà” a parcheggiare dove si vuole e a girare in auto (cosa quest’ultima infondata visto che si tratta solo di cambi di viabilità). Meno male che siamo tutti per l’ecologia! La terza è la legittima preoccupazione dei commercianti per i propri affari. Purtroppo però c’è ancora la vecchia convinzione che più macchine possono arrivare e parcheggiare vicino al negozio più affari si fanno. E’ vero proprio il contrario. Più le aree commerciali sono servite dai mezzi pubblici e più prosperano.

Non sappiamo se queste brevi riflessioni potranno far cambiare idea agli oppositori però abbiamo voluto proporle ugualmente per sostenere tutti i cittadini di Bresso e degli altri Comuni che vogliono la realizzazione di questa importante opera. Da ultimo ci pare doveroso esprimere il nostro apprezzamento all’Amministrazione di Bresso ed al Sindaco Ugo Vecchiarelli che sta difendendo con forza quest’opera anche a costo di essere impopolare presso una parte dei cittadini bressesi. La vera politica fa scelte e le realizza assumendosene le responsabilità. Il consenso spesso avviene a posteriori.

Saluti a tutti

Associazione Utenti del Trasporto Pubblico (UTP)
utp.utpmilano@gmail.com

Ottobre 2016

 
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DA PADERNO AD AMATRICE E MOLETANO

Post n°7922 pubblicato il 26 Ottobre 2016 da Giuranna
 

 

Ieri 25 ottobre don Paolo Boccaccia, parroco di Paderno e Villaggio Ambrosiano, è andato insieme ad una delegazione di padernesi ad Amatrice e a Moletano per consegnare di persona i fondi di solidarietà raccolti con l'Amatriciana sotto le stelle.

Foto e dettagli sul sito dell'ODB: Amatriciana sotto le stelle: missione compiuta!

 
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VARIE: MULTE, PHONETICA, MOSCHEA, PARCHEGGI...

Post n°7921 pubblicato il 26 Ottobre 2016 da Giuranna
 

 

Corriere di Sesto (26 ottobre): Multe / Cinisello è quella che incassa di più, seguita da Cusano e Paderno. Sesto? Leggi qui [Nota Bene: i dati sono aggiornati al 2014, cioè prima dell'installazione a Paderno Dugnano dei due semafori di via Comasina e via Erba che hanno prodotto incassi profumati).

Il Notiziario (26 ottobre): Paderno, Phonetica cerca 50 figure professionali

NordMilanoPost.it (26 ottobre): La Moschea di Sesto: da ipotesi futuribile a realtà prossima

Qui Brianza (25 ottobre): Lavori alla stazione: chiude via Arborina, un parcheggio in meno per i pendolari

Rifonda anche tu! (25 ottobre): Goro non ci sorprende

Il Giorno (25 ottobre): Bresso, quando le tempistiche della tranvia?

 
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