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DIRITTI DELL’INFANZIA


 Diciotto anni fa veniva stipulata la Convenzione Onu sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza che si celebra oggi. Uno strumento di diritto di grande portata, che doveva segnare una svolta nel modo in cui la comunità internazionale guarda ai diritti di bambini e adolescenti: da oggetti di tutela a soggetti di diritto.Ma la Convenzione, siglata da 193 Paesi del mondo, resta ancora oggi disattesa e violata, perché sono ancora milioni nel mondo, i bambini e le bambine che subiscono gravi violazioni.Soprattutto, i bambini, sono le prime vittime dei conflitti armati. Lo ricorda l’Unicef – che ha il compito di garantire e promuovere l'effettiva applicazione della convenzione sui diritti dell’infanzia negli Stati che l'hanno ratificata -, evidenziando come nella nuova realtà delle guerre moderne, “l'obiettivo non sembra più la conquista di territori, ma la distruzione a tutti i costi del nemico, e in tale ottica donne e bambini non sono più soggetti neutrali, ma obiettivi la cui uccisione, violazione e umiliazione risulta funzionale allo scopo di annientare un gruppo etnico, religioso o comunque avverso”.Nell'ultimo decennio, riferisce l'organizzazione Onu, oltre 2 milioni di bambini sono morti come effetto diretto di conflitti armati, 6 milioni sono rimasti disabili o gravemente feriti, più di 1 milione orfani o separati dalle famiglie, mentre ogni anno tra 8.000 e 10.000 bambini vengono uccisi o mutilati da mine e ordigni inesplosi. E il terrorismo ha accresciuto la vulnerabilità dei bambini: se il massacro di Beslan è stato il più grave attacco terroristico volutamente diretto contro dei bambini, una delle maggiori preoccupazioni odierne riguarda l'uso di minori per attentati suicidi, per lo più Dal 1990 ad oggi il 90% delle vittime di guerra sono stati civili, l'80% donne e bambini, che muoiono non solo in seguito ai combattimenti, ma anche per malattie e malnutrizione.Il nuovo rapporto del Rappresentante Speciale del Segretario Generale dell'Onu per i bambini nei conflitti armati e dell'Unicef, realizzato a 10 anni dal primo studio di Graca Machel "L'impatto delle guerra sui bambini", sottolinea che la guerra viola tutti i diritti dell'infanzia: il diritto alla vita, alla salute e alla nutrizione, all'istruzione e alla protezione, a vivere in famiglia e nella propria comunità, a crescere sani e a sviluppare la propria personalità. "Nonostante il consenso suscitato dalla Convenzione, - sottolinea l’organizzazione - in molte regioni del mondo i diritti dell’infanzia non vengono applicati. Spesso i bambini non hanno accesso ai centri sanitari, non frequentano la scuola, sono denutriti e sono esposti alla violenza”. Ma certo il "primo diritto” resta quello alla vita.Un diritto ancora disatteso se si guardano le cifre della mortalità infantile nel mondo: 7 milioni di bambini sotto i 5 anni, in media nel mondo, morti quest’anno,ogni giorno.Tra le cause principali i problemi neonatali (37%), infezioni gravi come polmonite e sepsi, ma anche polmonite, diarrea, malaria. Il 4% muore a causa del morbillo, il 3 per Hiv/Aids. Il 53% delle morti di bambini sotto i 5 anni sono collegate alla malnutrizione come concausa. La regione con la più alta mortalità è Africa occidentale e centrale: 190 su 1.000 nati vivi, il paese Sierra Leone, 282 su 1.000 nati vivi. Già dal 2001 – 2002 l’Unicef ha definito una iniziativa pilota, “Iniziativa accelerata per la sopravvivenza e lo sviluppo dell’infanzia” che consiste essenzialmente in un pacchetto integrato di interventi applicati (dalla vaccinazione alla somministrazione di vitamine) mirato a raggiungere capillarmente tutte le aree e i villaggi, anche i più sperduti. E’ stato testato inizialmente nelle aree rurali di 11 paesi dell’Africa occidentale e centrale (Senegal, Ghana, Mali, Benin, Gambia, Burkina Faso, Camerun, Ciad, Niger, Guinea Bissau, Guinea Conakry) nel periodo 2002-2004. I risultati del biennio hanno indicato, nell’insieme delle aree campione, una riduzione della mortalità 0-5 anni intorno al 20 %. I bambini, ancora, sono vittime di ogni genere di abuso: 1,2 milioni coinvolti nel traffico di esseri umani. 1 milione detenuti. Almeno 8 milioni vivono in istituti d’accoglienza. La maggior parte a causa della disintegrazione della famiglia, di situazioni di violenza domestica o delle condizioni socio-economiche dei genitori. In tutto il mondo, almeno 53.000 bambini sono stati assassinati nel 2002; il tasso di omicidi di bambini nel 2002 era due volte maggiore nei paesi a basso reddito di quello registrato nei paesi ad alto reddito. Tra 133 e 275 milioni i bambini che assistono a violenze familiari. Nel 2002, 150 milioni di bambine e 73 milioni di bambini sono stati sottoposti a rapporti sessuali forzati o ad altre forme di violenza fisica. Secondo studi condotti in 21 paesi (la maggior parte dei quali industrializzati), tra il 7 e il 36% delle donne e tra il 3 e il 29% degli uomini afferma d’essere stato vittima di abusi sessuali durante l’infanzia. La gran parte degli abusi avviene in ambito familiare.Circa 317 milioni di bambini tra 5 e 17 anni sono “economicamente attivi”; di essi, 218 milioni possono considerarsi bambini lavoratori; di questi ultimi, 126 milioni sono ingaggiati in lavori pericolosi. I bambini che lavorano in casa sono estremamente vulnerabili allo sfruttamento e all’abuso. Secondo stime dell’Ilo, ci sono molte più ragazze sotto i 16 anni impiegate in lavori domestici che in qualsiasi altro settore lavorativo. 5,7 milioni di bambini vengono costretti a lavori forzati o in schiavitù. Dati raccolti tra il 1986 e il 2005 mostrano che nei paesi in via di sviluppo, il 36% delle donne di età compresa tra i 20 e i 24 anni risultavano sposate o conviventi prima dei 18 anni di età. Il matrimonio delle bambine è più comune in Africa sub–sahariana e in Asia meridionale. 14 milioni di adolescenti tra i 15 e i 19 anni, ogni anno, danno alla luce un figlio. 130 milioni di donne e bambine, ancora, sono state sottoposte a mutilazione o a qualche altra forma di taglio dei genitali. Le mutilazioni vengono praticate prevalentemente su bambine tra i 4 e i 14 anni, tuttavia in alcuni paesi vengono operate bambine con meno di un anno di vita, come accade nel 44% dei casi in Eritrea e nel 29% dei casi nel Mali. Le mutilazioni sono diffuse principalmente nei paesi compresi tra l’Africa occidentale e l’Africa Orientale, dal Senegal alla Somalia, fino a toccare lo Yemen in Medioriente, ma la pratica coinvolge anche alcune zone del Sud est Asiatico. Inoltre, rapporti dall’Europa, dal Nord America e dall’Australia indicano che la mutilazione genitale femminile viene praticata anche in questi Paesi (e anche in Italia), tra le comunità d’immigrati.A 115 milioni di bambini è negato il diritto all’istruzione, e sono soprattutto le bambine a non poter frequentare la scuola. Le cause: carenza di insegnanti donne, eccessiva distanza della scuola dalle abitazioni, ma anche pregiudizi. Più del 53% dei bambini che, nel mondo, non frequentano la scuola primaria sono bambine; per ogni 100 ragazzi che non frequentano la scuola, ci sono 115 ragazze nella stessa situazione. Sia i maschi che le femmine devono spesso superare ostacoli nell'accesso all'istruzione: tuttavia, di norma, e a parità di altri fattori, gli ostacoli che incontra una bambina sono più frequenti e penalizzanti. Ad aggravare la situazione ci sono a volte leggi arretrate che, ad esempio, impediscono ad una ragazza che ha dato alla luce un figlio di tornare a frequentare la scuola. Eppure, proprio le ragazze che hanno ricevuto un’educazione possono essere la chiave per spronare le nuove generazioni a frequentare la scuola. E l’istruzione femminile è, secondo tutte le ricerche condotte, il fattore fondamentale per migliorare la condizione dei bambini e per far progredire una società. La guerra, in special modo impedisce a bambini e bambine l’accesso all’istruzione, denuncia ancora Save the Children, l’associazione che nel 1923 ha contribuito in modo rilevante alla stesura della Dichiarazione di Ginevra, la prima carta internazionale a difesa e protezione dell'infanzia. "La Giornata mondiale dell'infanzia riveste per noi un significato particolare- commenta Valerio Neri, direttore generale di Save the Children Italia - Tuttavia all'orgoglio di aver dato un contributo fondamentale al riconoscimento formale dei diritti dei bambini si affianca la consapevolezza che il lavoro e' ben lontano dal concludersi, perché milioni di bambini non vedono riconosciuti i loro diritti".