Paghe e contabilità

IMMIGRAZIONE E LIBERISMO di Walter Caputo - 10/4/2012


 Come insegnante, mi tocca spesso ascoltare giudizi sull’immigrazione che fanno drizzare i capelli. Gli studenti delle scuole superiori (non tutti naturalmente, parlo di alcuni fra i miei studenti) talvolta arrivano al mattino con una copia stropicciata di qualche quotidiano a costo zero. Non l’hanno letto, l’hanno piuttosto “guardato”, ovvero hanno analizzato per pochi secondi alcuni titoli. In genere non leggono il contenuto degli articoli. A volte non leggono neanche i sottotitoli. Inoltre, purtroppo, spesso i titoli sono un po’, come dire ?, “tagliati col coltello”, nel senso che sono aggressivi e presentano un’unica visione della realtà. Anche quando contengono dati statistici, non citano le fonti, né elementi che consentano di giudicare la bontà di quei numeri “urlati”.Queste fonti di informazioni non sono sufficienti per formarsi un’opinione equilibrata. Ed infatti le affermazioni di alcuni studenti sono tutt’altro che equilibrate e, soprattutto, denotano mancanza di pensiero su vari argomenti, più o meno d’attualità. Uno fra questi è l’immigrazione.Cari studenti, sull’immigrazione occorre pensare, e bisogna farlo possibilmente in maniera diversa. A tal fine suggerisco la lettura di “Liberismo, libertà, democrazia – Concorrenza e innovazione”, scritto dall’economista francese Pascal Salin e pubblicato da Di Renzo editore nel 2008.“Non è vero, ad esempio, che l’immigrazione sia causa di disoccupazione. Infatti in un Paese non esiste un numero limitato di posti di lavoro e non è vero che ogni nuovo immigrato che occupa un posto di lavoro lo ruba ad un connazionale” afferma Pascal Salin a pag. 50 del libro citato. D’altronde è evidente che uno straniero può occupare un posto di lavoro creato da se stesso tramite l’apertura di un’attività imprenditoriale. E addirittura, quello stesso straniero potrebbe assumere degli italiani, creando in questo modo posti di lavoro e contribuendo a ridurre la disoccupazione.Sento già il lettore che esclama: “Ma non tutti gli stranieri arrivano in Italia per aprire un’attività!”. E’ vero, ed infatti occorre attrarre stranieri “innovatori”, perché – in tal modo – e cito testualmente P. Salin, “vi sarà una crescita sia nel lavoro che nei salari”. Tutto ciò è già avvenuto negli Stati Uniti all’inizio del XIX secolo. Quindi può ripetersi.A questo punto, penserete voi, si tratta semplicemente di modificare l’attuale politica di immigrazione per far in modo che un paese ottenga immigrati di “elevata qualità”: immigrati innovatori, immigrati imprenditori, immigrati che creano posti di lavoro. No, nessuna politica di immigrazione, afferma P. Salin. Qualunque politica non porterebbe vantaggi, ma solo immigrazione di “cattiva qualità”. Cosa fare allora? Occorre garantire la libertà individuale: ciascuno dovrebbe poter chiedere di lavorare nel paese in cui lo ritiene opportuno, ma ciascun datore di lavoro deve essere libero di assumere o di non assumere. In sostanza, occorre garantire i diritti di proprietà, vale a dire “la libertà di escludere gli altri dall’uso del bene posseduto”, afferma P. Salin. “Se il proprietario di una casa rifiuta di affittarla ad uno straniero, o se un datore di lavoro rifiuta di assumerlo, ne ha tutto il diritto, anche se la cosa può non piacerci”. A tale principio occorre affiancarne un altro: ciascuno, stranieri compresi, deve pagare il costo reale dei beni e servizi pubblici che utilizza. P. Salin è un liberista: visione liberale significa riconoscere la libertà di emigrare e di immigrare.