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TEORIA DELLA RELATIVITA’ RISTRETTA: FONDAMENTI ESSENZIALIdi Walter Caputo – 2-11-08


La teoria della relatività ristretta, elaborata da Albert Einstein (1879 – 1955), si basa su due principi:1) il principio di relatività ristretta;2) il principio dell’invarianza della velocità della luce nel vuoto.Il principio di relatività ristretta stabilisce che tutti i sistemi inerziali sono equivalenti per la descrizione e spiegazione di tutti i fenomeni fisici. Un sistema inerziale è un sistema non accelerato di coordinate di riferimento (altezza, larghezza, profondità, cioè le tre coordinate dello spazio): in altre parole è un sistema in stato di quiete oppure di moto rettilineo uniforme. Il principio in oggetto implica che descrivere e spiegare un qualunque fenomeno fisico in un sistema inerziale oppure in un altro non faccia alcuna differenza, in quanto le leggi della fisica sono identiche in tutti i sistemi di riferimento inerziali. Conseguenza di tale principio è che non esistono sistemi di riferimento privilegiati, poiché tutti i sistemi di riferimento inerziali sono adatti a descrivere tutti i fenomeni fisici. Inoltre – secondo il principio di relatività ristretta – le leggi della fisica hanno la stessa forma (cioè sono invarianti) quando si passa da un sistema di riferimento inerziale ad un altro sistema di riferimento inerziale, a condizione che vengano applicate le trasformazioni di coordinate, dette trasformazioni di Lorentz. Con ciò si intende dire, innanzitutto, che il principio di relatività ristretta è molto simile al principio galileiano di relatività. Quest’ultimo stabilisce che le leggi della meccanica hanno la stessa forma (cioè sono invarianti) quando si passa da un sistema di riferimento inerziale ad un altro, a condizione che vengano applicate le trasformazioni di coordinate, dette trasformazioni di Galileo. Dunque, fra i due principi di relatività esistono due differenze:- in quello di Galileo si fa riferimento soltanto alle leggi della meccanica, mentre in quello di Einstein vengono comprese tutte le leggi della fisica: non soltanto quelle della meccanica, ma anche tutte le leggi che descrivono la produzione, la trasmissione e l’assorbimento della luce;- le trasformazioni di coordinate, secondo Galileo, implicano l’esistenza di un tempo assoluto, vale a dire che – nel passaggio da un sistema inerziale ad un altro – il tempo non muta. Invece, le trasformazioni di coordinate di Lorentz, adottate da Einstein, rifiutano il postulato del tempo assoluto, per sostituirlo con quello dell’invarianza della velocità della luce.Infatti, secondo il principio di invarianza della velocità della luce nel vuoto, la velocità della luce non dipende dal moto della sorgente e dell’osservatore, ossia assume lo stesso valore in tutti i sistemi inerziali. Tale valore, pari a 299.792.458 metri al secondo (che può essere arrotondato a 3 • 108 m/s oppure 300.000 km/sec), essendo un numero finito, implica la negazione del concetto assoluto di simultaneità. Ciò in quanto noi vediamo gli oggetti grazie alla luce (nel senso che la velocità della luce è anche la velocità di interazione dei messaggi) che – partita da una determinata fonte, ad esempio il Sole – rimbalza sull’oggetto e ci raggiunge, mettendoci un certo tempo. Ad esempio la luce del Sole, viaggiando a 300.000 km/sec, impiega 8 minuti per percorrere circa 150 milioni di chilometri, vale a dire la distanza fra la Terra e il Sole. Se invece non esistesse limite alla velocità a cui si può muovere un osservatore oppure qualsiasi altro oggetto materiale (quindi anche la luce), allora potrebbe esistere un piano di simultaneità in cui sono collocati due eventi: si potrebbe quindi affermare che – in assoluto – due eventi sono simultanei perché l’informazione sugli stessi raggiunge l’osservatore in maniera istantanea, cioè impiegando una quantità di tempo pari a zero. Ciò non si verifica poiché il mondo reale sensibile, cioè il mondo fisico, rispetta il seguente enunciato: nessun oggetto può raggiungere la velocità della luce “c”, il cui valore è di poco inferiore a 3 • 108 m/s. Quindi non esistono oggetti superluminali, vale a dire più veloci della luce.Se vengono applicate le trasformazioni di coordinate di Lorentz a fenomeni in cui sono in gioco velocità paragonabili a quella della luce, compaiono effetti del tutto sconosciuti alla fisica classica: si tratta della dilatazione dei tempi e della contrazione delle lunghezze.In particolare si osserva che la durata di un fenomeno assume il valore minimo in quel particolare sistema di riferimento in cui il fenomeno è in quiete. Quanto più aumenta la velocità del fenomeno, tanto più risulta dilatata (cioè incrementata) la durata del fenomeno stesso. La velocità del fenomeno dovrà comunque essere strettamente inferiore rispetto alla velocità della luce (come già postulato in precedenza), altrimenti i risultati (durata infinita del fenomeno) non hanno più riscontro con il mondo reale.In maniera analoga, quanto più aumenta la velocità di un oggetto, tanto più risulta accentuata la contrazione della sua lunghezza. Anche in questo caso, la velocità del fenomeno dovrà comunque essere strettamente inferiore rispetto alla velocità della luce, altrimenti i risultati (lunghezza dell’oggetto pari a zero) non hanno più riscontro con il mondo reale.