Parole in cammino

Post N° 294


Ti osservo da mesi. Non siamo avvezzi alla parola io e te, se non per parlare dei soldi che mancano o delle mamme che rompono. Ti guardo e mi chiedo quando crollerai. Sei stato il mio sostegno (in analisi ti chiamavo "stampella", ricordi?) per tutti questi anni e ora vedo le crepe aprirsi, le tue mura cedere e tutta la tua forza d'animo abbandonarti. Sono stata io a ridurti così, con la scusa di star male mi sono allontanata sempre più, cercando altrove le cose che ho creduto non potessi darmi. A pensarci ora mi viene da credere che sarebbe bastato chiedertele. Mi fa così paura questa tua disperazione e questo tuo considerarti sempre più un nulla. Mi terrorizza quello che vedo arrivare e che non so fermare. So che aspetterai che io stia meglio, che risolva con l'ospedale, che ritorni in forze. Poi cadrai. E io che da giorni ho voglia di urlarti che non devi, che non voglio, che non lo sopporterei (sempre io in primo piano, vedi? L'egoismo all'estremo), non ho il coraggio di chiederti come posso aiutarti. Ho il terrore della tua risposta, perchè lo so sulla mia pelle che lei non dà mai risposte e guardandoti, ascoltandoti al telefono poco fa, l'ho vista in tutta la sua potenza malefica. E' già qui, silenziosa e subdola aspettando che tu le apra la porta. Temo di non avere le capacità per fermarvi.Per quanto in un modo contortoTua moglie per sempre.