Parole in cammino

 


L'estate in cui dovevo compiere 15 anni non voleva saperne di passare. Odiavo avere 14 anni e mezzo, perchè già lavoravo e mi sentivo grande. Ci eravamo conosciuti in maggio, nella discoteca sotto al ponte, quella dove andavo di nascosto la domenica pomeriggio. Conosciuti si fa per dire, perchè tutti e due ci si conosceva praticamente dalla nascita e tu eri stato compagno di scuola di mia sorella, però non ci eravamo mai parlati. E l'estate passava fino ad arrivare a quell'otto di luglio caldo e assolato e a quel tuo bacio prepotente; io col mio vestito verde a fiorellini, quello che mi aveva cucito mamma e tu con i Roy Rogers di cui andavi così fiero. Era il mio primo vestito da ragazza e ricordo che tuo papà si incantava nel vedermi passare davanti al negozio quando venivo a cercarti. Spudorata già da allora. Ricordo la sala giochi sotto i portici delle poste, dove ci trovavamo tu a giocare a "muro" e io ad ascoltare musica dal jukebox. Quell'estate si ascoltava praticamente solo Rettore col suo Cobra e Bob Marley che cantilenava alle donne di non piangere, mentre io mi scioglievo d'amore per te travolta da quella musica che sapeva di terre lontane, già allora indecisa tra la tranquillità del tuo mare e l'impetuosità eccitante di oceani sconosciuti. Era del '75 quella canzone, ma si sa, quassù ai confini dell'Impero non brilliamo certo per essere aggiornati. La sto riascoltando ora, linkata curiosamente da Che, che continua a stupirmi per le sue scelte musicali. Sono passati quasi 27 anni da quell'estate e ancora siamo qui io e te, tu a giocare con qualche "muro" a me incomprensibile e io ad ascoltare Bob Marley. I percorsi diversi, la fatica dello stare assieme, la rabbia che a volte ci prende per non aver avuto quello che si voleva, i torti fatti e subiti, scompaiono ora ai miei occhi, nel sentire che il bene che ci lega ha attraversato i lustri ed è qui con noi intatto.