Parole in cammino

 


Copio e incollo direttamente da Repubblica.itLa valle delle bamboleEgregio direttore,sono una studentessa di Lettere moderne dell'Università di Padova, ho vent'anni e sono di Vicenza. Oggi, entrando nel sottopasso della stazione di Padova, un enorme cartellone mi diceva: "Non è vero che hai le ossa grosse". Non so come ho fatto a trattenere le lacrime. Sto uscendo ora da una patologia alimentare durata sette anni e sono indignata dai cartelloni pubblicitari appesi in questi giorni nella stazione di Padova. Sono stati sette anni all'insegna del controllo costante del mio corpo: mi provocavo il vomito, contavo le calorie che ingerivo, mi pesavo almeno tre volte al giorno, mi tagliavo e mi bruciavo quando non riuscivo a non mangiare il "giusto". In questi anni non facevo che ripetermi di essere enorme, impresentabile, mi sminuivo; meno parlavo del mio corpo, meno volte dovevo entrare in contatto, o meglio in collisione, con la mia fisicità meglio credevo di stare. Non augurerei a nessuno di vivere questi momenti, ma più mi guardo intorno e più mi rendo conto che sono tantissime le ragazze e i ragazzi che soffrono di disturbi nei confronti del cibo. In una società che fa del corpo il suo idolo e ci ha educato a ricercare in tutti gli ambiti la perfezione, non possono che aumentare le patologie, non possiamo che fare di tutto per rientrare all'interno del modello, anche arrivare a non accettarci per come siamo. Abituati a ritenere vero tutto ciò che ci viene detto tramite pubblicità, siamo sottoposti a un continuo confronto con corpi artificiali ritenuti perfetti, ma impossibili da ottenere senza ritocchi chirurgici o fotografici; ma per noi quei corpi diventano realtà, diventano ideali da seguire costantemente, diventano spettri che ci scrutano da dietro le spalle quando ci osserviamo allo specchio e ci sussurrano costantemente che noi non saremo mai come loro. E più ce lo sentiamo dire più cadiamo nel vortice del voler e dover essere ciò che non siamo. Purtroppo nella mia città, Vicenza, si vedono continuamente casi di problemi alimentari dovuti al confronto permanente con finti modelli: anoressiche gravi, volontà di autocontrollo portata all'esasperazione, ricerca di sicurezza attraverso canali pericolosi, soprattutto quello della droga, desiderio di essere apprezzati tramite la mercificazione del proprio corpo. Non ci entrerò di nuovo, non mi farò influenzare da chi vuole una malattia per vendere.Forse il pubblicitario che ha ideato questa campagna non è mai entrato in una clinica dove curano anoressiche e anoressici gravi, non ha mai provato a vedere quanta fatica si fa per uscirne, quanto pericoloso sia entrarne. Forse non sa che si può arrivare a lasciarsi morire di fame, forse non sa che si può arrivare ad avere infarti, a svenire per strada, ad avere gravi problemi di salute. Spero che si possa fare qualcosa per interrompere all'istante questa campagna pubblicitaria, io di certo non mi fermo qui.Spero Lei decida di pubblicare questa lettera e sono fiduciosa che il Suo giornale darà lo spazio necessario a questo problema, spesso tenuto nascosto da chi ne è affetto, e ignorato da chi gli sta intorno.RingraziandoLa anticipatamente per il tempo concessomi Le porgo cordiali saluti.Silvia Dartenisilviettolina@libero. it* * *....E se noi donne cominciassimo a ribellarci, rifiutando di acquistare i prodotti che con la loro pubblicità o altro, non rispettano il nostro corpo e la nostra salute? E se smettessimo di essere fonte di guadagno per gente che ha perso ogni etica e lucra sul nostro disagio? Io comincio da oggi.