Parole in cammino

Post N° 412


Nei mesi trascorsi in attesa dell'intervento, ho sempre cercato accuratamente di evitare il pensiero della possibile connessione tra tiroide e DAP. Più di un medico mi ha fatto presente che la situazione di forte ipertiroidismo e il Basedow in particolare, potevano avere effetti non indifferenti se non sullo scatenarsi, almeno sull'intensità dell'attacco di panico, ma io ho continuato a evitare il pensiero. Quando ebbi i primi attacchi, nell'87, la prima cosa che fece il mio dottore fu prescrivermi un controllo degli ormoni tiroidei, che risultarono nella norma. In questi anni di Basedow sono andata spesso a rivedere quell'esito, scorgendovi un campanello di allarme che era sfuggito a tutti: gli esami erano sì nella norma, ma già tendevano all'ipertiroidismo ed ho scoperto, curiosando su siti e forum a tema, che spesso la malattia è presente anche se gli esami ancora non la possono certificare. Scrivo tutto ciò per rendere chiaro che io non so con esattezza quando mi sono ammalata di Basedow ma so che quando arrivò il panico la mia tiroide cominciava a sobbollire piano piano.Il giorno del mio ricovero, un gentilissimo medico mi spiegò per filo e per segno cosa mi sarebbe stato fatto, con quali rischi, quali conseguenze e quali vantaggi. Fu chiaro ed onesto, fin troppo per le mie paure e forse proprio questo modo schietto di presentarmi il futuro fece sì che io gli parlassi del dap, del disagio che mi provocava anche solo stare lì, chiusa in quel piccolo ambulatorio e di tutti gli annessi e connessi di una vita da semi-reclusa. Ricordo che mi chiese scusa per avermi trattenuta troppo in uno spazio angusto, mi fece una carezza sui capelli e mi disse: "Vedrà che dopo si sistemerà anche questa cosa", ma anche lì io tappai le orecchie e il pensiero.Ora, a bocce ferme come direbbe nonno, dovrei sedermi un momento e fare una bella analisi di tutti questi dati, dare uno sguardo accurato al mio dentro e trovare il coraggio di cercare la risposta che manca. Dovrei.Mi sono svegliata dopo l'operazione con un gran mal di gola e un'immensa sensazione di lucidità mentale e ricordo che piangevo di gioia (credo che gli altri pensassero fosse dolore) perchè percepivo chiaramente che qualcosa dentro era cambiato, svanito, licenziato per sempre, ma non ho avuto ancora il coraggio di indagare se quel qualcosa possa essere il mostro che ha imprigionato metà della mia vita. Posso dire che da quando sono tornata a casa, spesso sento l'istinto ad uscire e questo, per chi sa di panico, è una cosa piuttosto inusuale perchè noi con gli anni si perde la capacità di fare le cose per istinto. Se si esce di casa lo si fa dopo preparazione di giorni e magari con l'aiuto di un farmaco. Se si è fuori e qualcuno propone un caffè al bar, non esiste il "sì" immediato, ma si comincia a tergiversare finendo a dire magari "ok, entriamo ma io non bevo nulla" e così via per la spesa, per le cose di tutti i giorni. La voglia istintiva di qualcosa che si svolga fuori dalle mura di casa non esiste più. Tutto è meccanico, tutto preparato, tutto bisognoso di una spinta, tutto faticoso a praticarsi. Il fatto quindi che improvvisamente mi venga voglia di fare una passeggiata solo perchè fuori c'è il sole e il mio corpo naturalmente ne reclama il calore così come i miei occhi reclamano il panorama, è qualcosa di completamente nuovo. E allora la risposta?Nel giro di qualche giorno dovrò decidere se andare a Roma per le Feste. Non è una decisione che dipende solo da me, ci sono problemi familiari da sistemare e bisogna pur vedere se mi rimetto in piedi, ma, accidenti a me, tanti anni di psicoanalisi mi hanno ben insegnato che quando troppi ostacoli si frappongono tra noi e la meta è perchè proprio noi ce li vogliamo mettere. E mi hanno anche insegnato che girare troppo attorno ad un problema chiudendo gli occhi per non vederlo è la maniera più rapida per cadere nella trappola del panico. Panico che potrebbe non esistere più, ma per saperlo dovrei salire su quel treno per Roma e lì aspettare la risposta che manca. Dovrei. Ma il terrore di trovare panico lì, in sogghignante attesa, mi paralizza il corpo e la mente e mi fa riavvitare nella maledetta paura della paura, perchè non sono preparata alla possibilità di vedermi sbattere in faccia il panico a vita. Così dovrei, ma rimando.