Parole in cammino

Post N° 549


Sono in tre e per quanto si dicano soli, la loro eterea presenza in casa mia è costante, tanto che me li sento appiccicati addosso da mattina a sera. E da un po' anche di notte. Sono due sorelle e un fratello. Una mi è toccata per suocera, gli altri due in una sorta di tre al prezzo di uno. Le mie giornate sono scandite dalle loro telefonate, dai loro bisogni, dalle loro ansie, dalla loro totale mancanza di senso della privacy (altrui). Alle 6.22 di questa mattina è squillato il cellulare (che ormai non si spegne più...reperibilità continua), mi ero addormentata da forse quattro ore. Il vecchio zio era in ansia perchè l'altrettanto vecchia sorella col cervello degradato non rispondeva al telefono. Un quarto d'ora di rassicurazioni da parte del nipote e poi si torna a dormire, ovvero lui torna a dormire, con quella capacità tutta maschile di ricadere in catalessi dopo tre secondi netti dall'accadimento di una qualsiasi catastrofe. Alle sette rimestavo lo zucchero nel mio caffè senza riuscire a scacciare il sapore amaro della bile straripante. Non li sopporto più. Lo so, è colpa mia. Non dovevo sposare un figlio unico e di buon cuore. Io sono stronza, insensibile, egoista e quant'altro che al momento non mi va di analizzare. Lui è sempre pronto e disponibile, sacrificabile a prescindere e dovrei ringraziare il cielo perchè ben pochi uomini avrebbero resistito con me accanto per vent'anni, ma appunto perchè sono stronza non riesco a provare la gratitudine che dovrei e il peggio è che dopo aver passato metà della mia vita nel tentativo di sconfiggere i sensi di colpa, mi ci ritrovo ora invischiata fino al collo e la rabbia sale. La sento accumularsi come vapore in una caldaia assieme al desiderio irreprimibile di mandarli tutti e quattro a quel paese, loro e la loro malata idea di famiglia, che ai miei occhi altro non è che un deleterio massacrarsi i coglioni a vicenda.Immagine: www.giardinaggio.it