Parole in cammino

 


Avevo 20 anni giusti e con mia sorella decidemmo di fare un viaggio impensabile: l'Argentina, dove viveva il fratello di mamma e dove si parla la lingua che tanto amo. Partimmo timorose, due anime montanare alla scoperta dell'oltroceano. Timide, impacciate ed eccitate atterrammo a Ezeiza e iniziammo l'avventura. Furono due mesi di incanto e di crescita, di viaggi avventurosi preceduti da chilometri e chilometri di Pampa sconfinata, di fiumi immensi, di piante sconosciute, di volti di terra e occhi di fuoco, lassù dove diventavo "donna bianca" e nemica, senza avere ancora coscienza di essere complice della sconfitta del popolo andino.Fu l'unico e ultimo grande viaggio della mia vita.Quando tornai trovai nonno in ospedaleOrgogliosamente mostrava ai compagni di camera i doni che le sue nipoti avevano portato "da n' Merica" . Pochi giorni dopo peggiorò, mi guardava negli occhi, non riusciva a parlare, solo intuivo la disperazione. Morì con un portaocchiali di cuoio argentino a portata di mano e l'orgoglio contadino di aver visto le nipoti attraversare il mare non per fame ma per turismo.Mi fece così' male quel suo abbandono da viverlo come una punizione per essermi allontanata dalla consuetudine delle mie radici. Da allora la casa di nonno, i campi di nonno, la vita di nonno sono diventati la mia casa, i miei campi, la mia vita. Sognando il Sud.(Foto: betulla64 - Barrio Caminito 1984)