Parole in cammino

Post N° 88


La mia montagna un tempo era un vulcano.Un mio antico avo decise che qui era il fieno migliore e che costruirci un capanno non sarebbe stata una cattiva idea. Fu mio nonno a rischiare tutto quello che aveva per trasformare il capanno a 1000 metri sul declivio di un monte in una casa per la sua famiglia. Erano gli anni trenta. Lui, operaio delle ferrovie, aveva rifiutato il tesseramento fascista, era stato licenziato e costretto a tornare contadino, così come era nato.E allora, indebitandosi, acquistò campi e li dissodò, acquistò giornate di acqua con cui irrigò i campi, abbeverò il bestiame e costruì un acquedotto. Tutto sulle pendici del vecchio vulcano. Io ero la sua nipote prediletta.Vivo col culo sul vecchio vulcano e a differenza dei miei avi pratico l'ignavia in modo vergognoso, ma per qualche strano motivo, quando tutto è silenzio come ora, quando la neve copre tutto di un manto bianco, io e solo io sento la mia montagna borbottare e ricordo che era un vulcano e che io e le mie miserie non siamo che un soffio, un solletico sulla crosta del mondo.