Parole in cammino

Post N° 111


A forza di parlare di ridere mi è tornato in mente una cosa scritta cinque anni fa. Copio e incollo...Credo sia difficile immaginare un’esistenza senza persone attorno, eppure migliaia di uomini e donne stanno ora sperimentando sulla propria pelle una solitudine che non è frutto di una scelta e nemmeno dovuta al caso. Avere paura della gente è una delle cose più terribili che possano succedere e solitamente succede a chi ama profondamente stare a contatto con l’umanità. La crudeltà di questa sindrome è che colpisce particolarmente chi ama ridere, come l’artista che diventa cieco, il musico che perde l’udito, noi perdiamo la capacità di divertirci all’interno della società. Una delle prime manifestazioni di questo la ebbi quando mi accorsi che ridendo mi sentivo male. Mio marito ed io abbiamo sempre riso molto, ridiamo tuttora molto ed è sempre bastato poco perché io scoppiassi risa irrefrenabili. Dopo i primi mesi di matrimonio, una sera lui cominciò a scherzare, a prendermi in giro, rincorrendomi attorno al tavolo. Doveva essere un allegro preludio amoroso ma si trasformò nel primo vero blocco della mia personalità. Ridevo, mi piegavo in due dalle risa con le lacrime agli occhi, quando d’improvviso ebbi la sensazione che una mano mi afferrasse la nuca e mi irrigidii. Raddrizzandomi mi accorsi che se smettevo di ridere la sensazione si attenuava, poi, ricominciando il riso, ecco apparire la cosa che più mi ha terrorizzato negli anni: la sensazione che il cervello cominciasse a gonfiare all’interno del cranio. Sentivo la massa cerebrale crescere e la calotta cranica rimanere rigida ed immobile, prigione ossea a tutta quella materia che sembrava esplodere. Il formicolio e il senso di oppressione erano insostenibili e la paura di morire a causa di un ictus o di una qualche patologia di origine circolatoria fecero si che io smettessi di ridere. A scriverlo mi sembra così stupido, eppure per anni ho rinunciato a barzellette, film comici, a qualsiasi cosa facesse ridere. Ma non si può fuggire l’allegria, così cercai di evitarla dimenticandola. Non che diventai triste, semplicemente mi trasformai in persona noncurante, difendendomi dal male con l’unica arma possibile : l’indifferenza.Foto: io...credo a tre anni