Parole in cammino

 


Erano le nove quando ho deciso. C'era un bel sole fuori e non avrei resistito un momento di più in questa prigione. Ho pensato che oggi è giorno di mercato e lungo il mio cammino avrei incontrato poca gente, così ho indossato scarponcini comodi, la giacca che mio marito mi ha regalato per le nostre escursioni montane, gli occhiali da sole et voilà: sono uscita. Un codazzo di familiari-condòmini ha seguito allibito il mio incedere giù per le scale, qualcuno ha chiesto e ha ottenuto risposte vaghe; non ci dormiranno stanotte dalla curiosità e mi piace ridere di questo. Prima di uscire ho preso la pillolina azzurra, infilato in tasca le mentine col buco, il cellulare per fotografare le primule e il lettore musicale.Mi è piaciuto percorrere la strada isolata che porta al paese, spiando il pigro spuntare di primule e viole e guardando le gocce di neve irrigare la terra.Mi è piaciuto adeguare il passo alla musica risuonante nelle orecchie e mi è piaciuto attraversare la statale che separa la mia montagna dal paese, gettare uno sguardo distratto al mercato e tagliare per una viuzza secondaria, quella che porta direttamente al torrente, inerpicandosi poi sulla montagna, verso il confine.Ho camminato escludendo il pensiero, fissando lo sguardo sui risvegli della natura, sulle cime dove l'inverno è ancora padrone e sulle sorgenti allegre che ancora si ostinano a diventare ghiaccio. Il passo inciampava a tratti nel fango e il respiro si mozzava a ricordarmi di non eccedere e che era tempo di riprendere la strada di casa. Bella anche la discesa, col passo cadenzato e il vento del nord in faccia. Ho incontrato due persone e le ho salutate. Non erano paesani e si sono stupiti. Ho sorriso: oggi ho salutato due sconosciuti che si sono stupiti del saluto di una sconosciuta. Oggi sono stata solo un essere tra gli esseri. Libera. E mi è piaciuto.