Tempo del ritorno...

il giorno dopo...idea di un racconto


 Uscì da lì, dalla stanza d'albergo come se tutto fosse stato un sogno, il sapore di lei stretto alla pelle e in gola un nodo di voglia da stringere con le mani. Non ha ricordo di quanto silenzio lo abbia circondato, era solo nei suoi passi in un luogo dove il camminare non aveva altro senso. Era un mattino nato da un desiderio e lo ha vissuto come se avresse potuto romperne l’incanto.Per questo non l’ha chiamata, aveva lasciato nell'attesa il cellulare e nel nodo che stringeva vi era la consapevolezza che non l'avrebbe mai più rivista. Le ore sanno passare lente, ferocemente inutili in un tempo che sa di vuoto. Persino la chiacchiera della gente non riempie e il ticchettio della pioggia sa innervosire l'ozio sospeso allo sguardo.Avrebbe voluto avere vicino la sua voce, avrebbe voluto chiamare da subito; pur avendolo fatto una voce non gli sarebbe bastata. Sarebbe potuto andare da lei, dieci minuti di pullman per vestire di nuovo i suoi occhi. Chissà quante spiegazioni vi sono nei gesti che non vengono portati a fine, solo una seconda vita saprebbe riempirli di risposte. Eppure era attorniato dal suo sapore, dalle sensazioni che si erano incendiate.Il tempo in un solo istante sembrò frantumarsi per ricomporsi nel loro primo incontro.Le disse: “Non ti ho salutato”…” Si, lo hai fatto”…rispose lei.“Ma non come avrei voluto”…E le loro labbra s’incontrarono, si riconobbero, si deliziarono d’un momento che sembrava già appartenersi.“Il miele della bocca”…lei lo chiamò così  una ventina di giorni appresso al loro incontro, e poi aggiunse: “un senso in cui immergermi mi ridona te”. Lo stesso senso che riportò in salvo lui, in quella mattina piovosa e inutilmente distante.  Ha imparato a creare le distanze da giovane, per proteggersi dal senso d’un dolore che graffia sulla cute sino a scorticare il cuore.Lo stava facendo già nel giorno del dopo, sapeva che avrebbe incrociato il momento in cui le unghie dei loro destini avrebbero inciso la pelle.Volle scorticarsi da solo, per saper vincere ciò che sentiva dentro, il silenzio che lo circondava.Le parole dovrebbero uscire sempre perché altrimenti finiscono in un tunnel senza eco, come pattume chiuso nel sacchetto e se ne getta via l’occasione.Le parole che non cambiano il corso delle situazioni, ma se citate scavano un rivolo capace di irrigare intorno e poi farsi mare.Trovare un silenzio nei primi gesti del giorno lascia libero il corso della memoria sino a rivivere la consapevolezza della realtà  e lui nella lucidità d’un nuovo raggio si intravedeva.