Paola Farah Giorgi

LO SPAZIO FRA LE COSE


L’ho incontrato in un’antica pasticceria: lui non c’era, ma tutto parlava di lui. L’ho intravisto per una frazione di secondo nelle sue gelatine alla frutta, nei suoi canditi, nelle sue lacrime di rosolio, e soprattutto nelle sue morbide guimauve, frutto di una passione unica e sfrenata per l’arte pasticcera. Lui non c’era, ma tutto parlava di lui. E’ così. Lo spazio fra le cose non è mai vuoto agli occhi dello scrittore, lo spazio fra le cose ha un cuore, un’anima, una personalità, abitudini e ossessioni. E’ uno spazio che facilmente si riempie, germoglia, piange o sorride, che sia fra le panchine di un parco di città o fra gli specchi macchiati d’antico di un vecchio bar, fra le cianfrusaglie di un polveroso solaio o fra le guglie di roccia di un paesaggio alpino. E’ così: spontaneamente si riempie. Lasciarlo vuoto è comunque intrigante, una tecnica che genera angoscia: qualcosa di sicuro accadrà, deve accadere, in quello spazio vuoto, e potrebbe anche far male.