A proposito di litio, scommetto che tanti giovani studenti con qualche pallino per la chimica hanno visto il colore alla fiamma di questo metallo solo nelle immagini di Google. Tempo fa, quando le materie scientifiche nelle scuole erano ANCHE E SOPRATTUTTO sperimentali, la prima cosa che l'insegnante faceva vedere agli allievi scendendo nel laboratorio durante l'ora di chimica era il colore alla fiamma dei vari elementi. Via via venivano torturati sul bunsen i vari sali coloranti la fiamma, ovvero quelli di potassio, di rame, di bario, di stronzio, di calcio, di litio e qualche altro, finendo in gloria col giallo del sodio. Nel paleozoico, cioè quando io ero giovane studente (sia come tempo ma soprattutto come mentalità), si cominciava il lab di chimica così:a)- si prendeva una bacchetta di vetro e fondendone parzialmente una estremità sul bunsen le si inseriva per qualche millimetro un filetto di platino.b)- siccome il filetto era stato toccato dalle manacce dello studente (o dell'Assistente) lasciandone tracce di sodio sulla superficie, lo si immergeva in acido cloridrico concentrato e lo si passava alla fiamma più e più volte, finchè la fiamma medesima non avesse perso quella insistentissima colorazione gialla. Il sodio è quello che colora la fiamma molto più degli altri e ne bastano tracce veramente minime per coprire i colori, molto più discreti, dei suoi colleghi della tavola periodica. [Ecco anche il motivo per cui questo elemento lo si teneva per ultimo nell'osservazione: per non faticare a ripulire il filo di platino facendogli fare quegli infiniti e noiosi bagnetti nell'HCl concentrato per eliminare la sua fastidiosa invadenza]. Dopo aver pulito per bene il filo, ovvero finchè messo ad arrostire nella fiamma non avesse più evidenziato alcun colore, lo si bagnava con HCl e con la punta si prendeva un cristallino (non di più!) di quel sale che si voleva esaminare, oppure lo si immergeva in una sua soluzione.c)- si metteva il filo nella fiamma ossidante e quasi incolore del bunsen e se ne osservava il colore, memorizzandolo per l'eternità.d)- dopo ogni osservazione si puliva di nuovo accuratamente il filo con i soliti bagnetti acidi (perchè si usasse il platino mi sembra superfluo dire: perchè è un metallo nobilissimo, inalterabile e resiste quasi a tutto. Perchè si usasse proprio l'acido cloridrico per queste prove è per il fatto che i cloruri dei metalli sono più "volatili" degli altri sali, senza avere zavorre anioniche attaccate al metallo).e)- quando si arrivava al litio... -che bello!- tutti esclamavano! -E' il rosso cardinale del litio- diceva il paleozoico insegnante. E si tornava ad intingere per rivedere. Allora queste cose le si vedevano lì o da nessun'altra parte.
Rosso cardinale
A proposito di litio, scommetto che tanti giovani studenti con qualche pallino per la chimica hanno visto il colore alla fiamma di questo metallo solo nelle immagini di Google. Tempo fa, quando le materie scientifiche nelle scuole erano ANCHE E SOPRATTUTTO sperimentali, la prima cosa che l'insegnante faceva vedere agli allievi scendendo nel laboratorio durante l'ora di chimica era il colore alla fiamma dei vari elementi. Via via venivano torturati sul bunsen i vari sali coloranti la fiamma, ovvero quelli di potassio, di rame, di bario, di stronzio, di calcio, di litio e qualche altro, finendo in gloria col giallo del sodio. Nel paleozoico, cioè quando io ero giovane studente (sia come tempo ma soprattutto come mentalità), si cominciava il lab di chimica così:a)- si prendeva una bacchetta di vetro e fondendone parzialmente una estremità sul bunsen le si inseriva per qualche millimetro un filetto di platino.b)- siccome il filetto era stato toccato dalle manacce dello studente (o dell'Assistente) lasciandone tracce di sodio sulla superficie, lo si immergeva in acido cloridrico concentrato e lo si passava alla fiamma più e più volte, finchè la fiamma medesima non avesse perso quella insistentissima colorazione gialla. Il sodio è quello che colora la fiamma molto più degli altri e ne bastano tracce veramente minime per coprire i colori, molto più discreti, dei suoi colleghi della tavola periodica. [Ecco anche il motivo per cui questo elemento lo si teneva per ultimo nell'osservazione: per non faticare a ripulire il filo di platino facendogli fare quegli infiniti e noiosi bagnetti nell'HCl concentrato per eliminare la sua fastidiosa invadenza]. Dopo aver pulito per bene il filo, ovvero finchè messo ad arrostire nella fiamma non avesse più evidenziato alcun colore, lo si bagnava con HCl e con la punta si prendeva un cristallino (non di più!) di quel sale che si voleva esaminare, oppure lo si immergeva in una sua soluzione.c)- si metteva il filo nella fiamma ossidante e quasi incolore del bunsen e se ne osservava il colore, memorizzandolo per l'eternità.d)- dopo ogni osservazione si puliva di nuovo accuratamente il filo con i soliti bagnetti acidi (perchè si usasse il platino mi sembra superfluo dire: perchè è un metallo nobilissimo, inalterabile e resiste quasi a tutto. Perchè si usasse proprio l'acido cloridrico per queste prove è per il fatto che i cloruri dei metalli sono più "volatili" degli altri sali, senza avere zavorre anioniche attaccate al metallo).e)- quando si arrivava al litio... -che bello!- tutti esclamavano! -E' il rosso cardinale del litio- diceva il paleozoico insegnante. E si tornava ad intingere per rivedere. Allora queste cose le si vedevano lì o da nessun'altra parte.