Creato da paoloalbert il 20/12/2009

CHIMICA sperimentale

Esperienze in home-lab: considerazioni di chimica sperimentale e altro

 

Messaggi di Luglio 2011

Sintesi dell'Acetato di mentile

Post n°120 pubblicato il 30 Luglio 2011 da paoloalbert
Foto di paoloalbert

Non c'è niente da fare: ogni tanto il nostro "cuoco" si mette a fare una sana Fischer e poi ci propina l'estere con la scusa di farcene sentire l'olezzo... vabbè, andiamo allora a gustarci questo ennesimo sfizioso piattino: l'acetato di mentile!

 

Mentile acetato

 

Mi sono basato su una procedura eseguita da un bravo sperimentatore sporcaprovette anche lui e siccome questo estere aveva tre buone caratteristiche:

1)- è facile da fare
2)- mi mancava
3)- avevo giusto un po' di mentolo a disposizione

ne ho volentieri sacrificato qualche grammo per sentire la differenza olfattiva tra il mentolo ed il suo derivato acetico.

Materiale occorrente:

- mentolo
- acido acetico
- acido solforico
- bicarbonato di sodio
- cloruro di calcio
- vetreria opportuna

In un palloncino da 100 ml sciogliere 4 g di mentolo in 4,5 ml di acido acetico glaciale, aggiungendo sotto agitazione 0,5 ml di H2SO4 al 25%.
Contrariamente al solito si è usato l'acido diluito per evitare reazioni secondarie che porterebbero a minor resa ed a prodotti indesiderati.

 

Mentile acetato 1

 

Sistemare un refrigerante allhin e portare a lento riflusso per un paio di ore.
Alla fine, versare la miscela, di colore giallognolo, in un imbuto separatore ed eliminare subito la parte acida sottostante in eccesso; lavare poi più volte con qualche ml di soluzione satura di NaHCO3 fino a neutralizzazione completa e poi con acqua.
L'operazione è facilitata perchè l'estere ha densità 0,92 e quindi galleggia sulle acque di lavaggio ed è facilmente separabile.

Porre l'estere in una beutina da 25 ml ed essicare con qualche grammo di CaCl2 (o altro disidratante).
La resa non è stata eccezionale (62%) ma occorre considerare che lavorando su piccole quantità (qualche ml) è facile perdere per strada un po' di prodotto (lavaggi, travasi, essicazione, ecc.).
Per questo motivo è anche del tutto improponibile la purificazione del prodotto per distillazione, che oltretutto andrebbe eseguita a pressione ridotta a causa dell'alto punto di ebollizione (227°) dell'estere.
L'acetato di mentile si presenta come un olio limpido giallino chiaro.

Avendo a disposizione in giardino anche una bella pianticella di menta (che fondamentalmente contiene anche acetato di mentile), ho immediatamente confrontato l'odore della stessa con il mio prodotto, sfregando su una mano un paio di foglie, e mettendo sull'altra una goccia di estere: devo dire che gli odori si assomigliano molto.
Le foglie ovviamente hanno un aroma più "completo" e naturale (e ci mancherebbe, con tutto quello che contengono...) ma è molto buono anche il loro componente prodotto giocando con le molecole.

Al prossimo estere!

 
 
 

Alla Miniera di Schneeberg - Monteneve

Post n°119 pubblicato il 24 Luglio 2011 da paoloalbert
Foto di paoloalbert

Eccoci finalmente alla Miniera di Monteneve, Val Ridanna, Sud Tirol.

Bella esperienza, molto didattica (nel senso più positivo del termine), assolutamente da non perdere per chi è appassionato anche di queste cose.
In rete si trova tutto ciò che si vuole su questa famosissima e storica miniera di blenda e galena argentifera (link), quindi dirò solo qualche impressione di visita, che comunque non renderà minimamente idea di ciò che si gode partecipando ai tour proposti e organizzati in maniera impeccabile dalla locale direzione dei Musei Provinciali Altoatesini.

 

Monteneve 1


La foto mostra la bellissima uno dei tanti scorci della miniera all'arrivo. 
la miniera si trova in tutt'altra zona, lontanissima da qui.
Una giornata intera, con guida ed immersione totale (è proprio il caso di dire!) nelle viscere della terra...
Tutto il programma è estremamente interessante, dalla visita del museo minerario, alla galleria didattica, agli impianti di arricchimento del minerale e all'ambiente di alta montagna (la miniera è/era fra le più alte d'Europa).

Le opere di trasporto del minerale dalla zona di scavo hanno semplicemente dell'incredibile e la mia descrizione non ne renderebbe minimamente giustizia, quindi non la tento nemmeno.
Bisogna vedere sul posto, studiandosi la mappa della zona per rendersene conto, e poi ragionare sull'ingegnosissimo sistema a contrappesi e piani inclinati, che erano i più lunghi del mondo.

Il momento clou della giornata per il visitatore è il trasporto alla base della zona di scavo, prima con un pullmino e poi con il trenino elettrico originale dei minatori, inoltrandosi nel cuore della montagna a circa 2000 metri.

L'estensione delle gallerie, che si svolge su una infinità labirintica di livelli, è semplicemente pazzesca (circa 150 Km!), dei quali ovviamente pochissimi sono messi in sicurezza e visitabili, ma più che sufficienti a rendere un'idea esatta delle condizioni di vita e lavoro dei minatori in un posto simile.
Tale lavoro si è protratto per circa 800 anni, con attrezzi che partono dai classici punta e mazzetta e terminano con le perforatrici pneumatiche, immersi, a seconda dl periodo, o nell'acqua, o nel fango o nella polvere.
Come in quasi tutte le miniere si dirà... ma qui c'è la localizzazione del sito a rendere la faccenda tutta un'altra cosa!
La situazione logistica e umana, nemmeno questa descrivibile senza cadere nel banale, è quella che rimane più impressa anche in un osservatore essenzialmente "tecnico" e la si porta a casa come principale ricordo.

Ecco quello che sono riuscito a "scavare" dopo una gragnuola di martellate in uno gneiss compatto e durissimo: uno sputo di blenda/galena polverizzato, souvenir che mi son portato via per eseguirvi i test per l'argento, per soddisfare la mia solita curiosità chimica.
Ho preso il minerale da una venetta nella roccia di una galleria, non nelle discariche (troppo facile...!).
Dalla galena argentifera di questa miniera veniva estratto, oltre al piombo, l'argento per la coniazione delle monete tirolesi, dal 1200 in poi. Solo da fine '800 al 1980 si è cominciato a sfruttare la blenda per l'estrazione dello zinco.

 

Monteneve 2


Metto anche una foto che sta bene in questo blog: uno scorcio del delizioso laboratorietto chimico (che gioia per gli occhi: nemmeno un apparecchio "con la spina", solo becker, bunsen, burette e tanti reattivi!) .

 

Monteneve 3

 

Alla fine della giornata, tra le varie considerazioni che si fanno in macchina al ritorno, a tutti noi è venuto spontaneo un interessante paragone sociologico, se così vogliamo chiamarlo.
Naturalmente il paragone è da fare in senso lato, con le dovute proporzioni e gli ovvii distinguo: la miniera, che ora altro non è se non un reperto archeologico industriale, è come l'abbiamo trovata, perfettamente salvata dall'incuria e da tutto il resto, con un'organizzazione di visita efficiente.
E alla fin fine non si tratta che di una vecchia miniera.

Il fatto è che il nostro gruppo aveva visitato (in diverse occasioni) anche Pompei...
Non riporto i commenti.

 
 
 

Strane fluorescenze...

Post n°118 pubblicato il 21 Luglio 2011 da paoloalbert

Ecco un piccolo post interlocutorio... uno stacchetto insomma.

Oggi sul bancone del mio lab batteva uno splendido raggio di sole, il cielo era terso e fuori soffiava un venticello che rendeva la vivibilità perfetta.

Mi son detto che nel blog ogni tanto ci vuole un tocco chimico-artistico, magari una bella elio-fluorescenza, vista l'occasione...

 

Fluorescenze 1

 

Quello che si vede è una provetta bagnata con una soluzione molto diluita (circa 1%) di acido antranilico in glicerina e colpita dal famoso raggio di sole che fa venir subito sera.


Fluorescenze 2


Il colore si apprezza di più sul velo sottile di liquido che bagna le pareti della provetta ed è di un bellissimo colore ametista. Purtroppo le foto non rendono appieno la realtà dell'effetto.

Enjoy

 
 
 

Un piccolo omaggio ad Alexander Bain

Post n°117 pubblicato il 15 Luglio 2011 da paoloalbert
Foto di paoloalbert

Chimica ed Elettricità, recita il tema del Carnevale della Chimica, ospitato per questa settima edizione sul blog Storie di Scienza di Giovanni Boaga.

Quale migliore occasione per rendere un piccolo omaggio sperimentale ad un prolifico inventore scozzese poco conosciuto?
Alexander nacque nel 1811 nello sperduto paesello di Thurso, all'estremo nord delle brughiere scozzesi, e fu uno dei tredici figli della famiglia Bain.
Interessatosi fin da giovane alle scienze, divenne valente costruttore di orologi lavorando prima ad Edimburgo  e poi a Londra.
Suoi sono numerosi brevetti, il primo dei quali ottenuto nel 1841 riguardo un ingegnoso orologio a pendolo elettrico la cui energia di movimento non era data da molle o pesi ma da due elettrocalamite alimentate da una "earth battery" ...una coppia di piastre di rame e zinco poste sotto terra!
L'orologio si è fermato? Basta una secchiata d'acqua! (Ma forse in Scozia la siccità non era un problema...).

Nel 1846 brevettò un sistema a nastro perforato, simile a quello dei primi computer, che permetteva una trasmissione molto più veloce dei caratteri Morse, e addirittura l'anno successivo un sistema per controllare strumenti musicali ad aria controllandone il flusso usando ancora bande perforate.
Probabilmente quei deliziosi organetti che si vedono oggi solo nei musei sono derivati dall'opera del suo ingegno.

Sempre del 1846 è la sua invenzione principale (che successivamente lo porterà alla costruzione della prima macchina fax-simile) ovvero il telegrafo chimico, che è oggetto della odierna e molto più modesta sperimentazione da parte dell'autore di questo blog.

Il telegrafo chimico di Bain aveva lo scopo di migliorare le prestazioni dei ricevitori Morse, soggetti a problemi elettromeccanici che non ne consentivano una velocità oltre un certo limite; eliminando elettrocalamite ed ancorette magnetiche, il nostro inventore riuscì a costruire una macchina con la quale si trasmisero 282 parole in 22 secondi, un vero record per l'informazione del tempo!

L'idea era la seguente: un nastro di carta impregnato di una soluzione di ferrocianuro di potassio e nitrato ammonico era fatto scorrere tra due rulli, mentre una rotellina in funzione di "pennino" era tenuta sempre in contatto con la carta; i rulli erano collegati al polo negativo del circuito telegrafico trasmittente e costituivano il catodo, il pennino era collegato al polo positivo (anodo).
Al passaggio della corrente avveniva una reazione elettrochimica e in corrispondenza dell'anodo si aveva istantanea formazione di blù di Prussia (ferrocianuro ferrico) che lasciava una traccia blù ben visibile sul nastro di carta, naturalmente solo nei momenti in cui l'elettrodo era percorso da corrente; gli unici organi in movimento erano quindi solo quelli necessari al trascinamento del nastro.

 

Bain 1Ho provato a replicare l'esperimento del nostro amico scozzese in maniera semplice ed estemporanea, tenendo ferma la carta e muovendo a mano il pennino: basta il principio, per il resto ci fidiamo... giusto Alexander?

 



Bain 2Le foto mostrano la base di scrittura, costituita da un foglio di acciaio inox con la carta imbevuta del "liquido di Bain" (0,5 g di K4[Fe(CN)6] + 0,5 g di NH4NO3 in 10 ml di acqua) e l'esito della prova dopo aver collegato la base al negativo dell'alimentatore ed il "pennino" (un piccolo cacciavite) a +8 V.

 

Bain 3

 

Il messaggio, per i pochissimi che non conoscessero il Morse, dice:

"7 Carnevale della Chimica luglio 2011 Alexander Bain Paoloalberto"


Purtroppo rischio di essere finito anch'io fra quei pochissimi perchè, essendo fuori allenamento da qualche anno e avendo fretta di scrivere, ho commesso tre stupidi errori di battitura... pardon, di "cacciavitatura"! (mancano due lettere e al posto di una "p" c'è una "z"!

Li vedete gli errori? Non avevo voglia di ripreparare un altro foglio e rifare tutto...

Come si vede i caratteri sono ben visibili; la nitidezza lascia invece un po' a desiderare, ma la colpa è dei rudimentalissimi attrezzi di scrittura dei quali mi sono servito, visto che non avevo a disposizione una bella macchinetta ottocentesca in ottone.
Ho provato a scrivere anche in corsivo e con un po' di esercizio ci si riesce perfino in bella calligrafia!

Il telegrafo chimico di Bain evidentemente aveva più difetti (facilmente immaginabili) che pregi, tant'è che presto fu relegato nel dimenticatoio e si continuarono ad usare apparecchi Morse elettromeccanici fin quasi alla metà del secolo scorso.
Lo stesso Bain, poco smaliziato negli affari come quasi tutti gli inventori, finì povero e paralitico e morì all'Ospedale degli Incurabili a Kirkintilloch, Scozia, nel 1877.

Il suo telegrafo chimico rimane tuttavia una interessante curiosità scientifica e storica, che mi è piaciuto far rivivere per un attimo.

 
 
 

Giocando con le pile: sintesi del Manganito manganoso

Post n°116 pubblicato il 11 Luglio 2011 da paoloalbert

Sfogliando il glorioso e prezioso Treadwell (ai suoi tempi aveva ancora le pagine rilegate in modo da doverle separare col tagliacarte!!!) mi è venuta l'idea di giocare un po' con una vecchia pila zinco-carbone che avevo e di preparare questo "ossido", che rappresenta una buona occasione per studiare un po' la chimica del manganese, non sempre conosciuta come si deve (almeno da me...).

Devo essere sintetico, altrimenti anche stavolta il post verrebbe troppo lungo.

1- Smontare completamente una pila zinco-carbone formato torcia (quelle più grosse, dalla quale si può anche recuperare l'utile elettrodo di carbone) separando i tre componenti, zinco, carbone, miscela elettrolitica.

 

Pila 12- La miscela elettrolitica è costituita da biossido di manganese MnO2, carbone e cloruro di ammonio NH4Cl. A noi interessa il manganese, che va pertanto separato. L'unico modo per farlo è solubilizzare il biossido (separandolo dal carbone) e precipitarlo come insolubile (separandolo dal resto).

3- Porre in un becker da 600 ml la massa nera e, ALL'APERTO, aggiungere 100 ml di HCl conc., mescolando bene ogni tanto. Si ha svolgimento di cloro, secondo la reazione:

MnO2 + 4 HCl --> MnCl2 + Cl2 + 2 H2O

Alla fine riscaldare un pochino per essere sicuri che tutto il manganese sia stato solubilizzato.

4- Diluire la brodaglia nera con 500 ml di aqua mescolando bene e lasciar decantare pazientemente. Il carbone si separa (un po' galleggia, il resto va in basso).

Pila 2

Quando la soluzione ha riposato quanto basta, pipettare con attenzione il liquido, che deve risultare perfettamente limpido, senza traccia di carbone.

5- Ora precipitiamo il manganese come idrossido con NaOH, prima neutralizzando l'HCl in eccesso e poi fino a reazione neutra.

MnCl2 + 2 NaOH --> Mn(OH)2 + 2 NaCl

e qui comincia il bello, perchè l'idrossido di manganese puro (bianco) è estremamente difficile da ottenere in quanto esso assorbe ossigeno dovunque si trovi trasformandosi parzialmente in manganito manganoso (marrone scuro) secondo le reazioni:

2 Mn(OH)2 + O2 --> 2 H2MnO3 
e l'acido manganoso reagisce sbito con l'idrossido formando il suo sale:

H2MnO2 + Mn(OH)2 --> Mn[MnO3] + 2 H2O



Pila 36- Si nota infatti che il precipitato di Mn(OH)2 si colora quasi immediatamente in marroncino.

L'ossidazione è solo parziale ed aspettare che coinvolga tutta la massa sarebbe troppo lungo, allora...

7- L'ossidazione è totale ed istantanea con vari ossidanti, fra i quali gli ipocloriti, secondo la reazione:

Mn(OH)2 + ClO- --> H2MnO3 + Cl-

quindi aggiungere mescolando 200 ml di NaClO al 5%, notando che istantaneamente tutta la massa si colora quasi di nero.

 

Pila 48- Lasciar sedimentare anche stavolta (anzi più e più volte!) lavando ogni volta con 500 ml di acqua. Questa è la parte molto lunga e noiosa della procedura.
Alla fine filtrare (con molta difficoltà ed in fasi ripetute!) su buchner il precipitato scuro e lasciar asciugare. La resa è stata di 16 g, che naturalmente non avrà purezza analitica (contiene un po' di ferro), ma non era questo lo scopo del lavoro.

9- Il manganito manganoso Mn2O3 (NON è l'ossido del manganese trivalente! 

E' Mn[MnO3] si presenta come una polvere marrone.

 

Manganito manganoso


[Da questo composto si potrebbero poi ottenere i sali del manganese bivalente esenti da ferro con una opportuna procedura che mi ha impegnato per una montagna di tempo ma che esula da queste note].

10- I sali del manganese trivalente sono pochissimi (alcuni complessi) e poco stabili e si possono formare dal manganito manganoso; l'unico sale Mn+++ facile e almeno visibile per un po' è il fosfato MnPO4, di colore viola intenso.
Sciogliere in una capsulina una puntina di spatola di manganito manganoso con qualche ml di acido fosforico concentrato:

Mn[MnO3] + 2 H3PO4 --> 2 MnPO4 + 3 H2O

Si ha parziale soluzione e colorazione viola.

Pila 5

Pila 6

 

 

 

 

 

 

 

Notare che dopo pochi minuti il colore viola tende a virare a grigio e si ha precipitazione di fosfato di manganese "normale" Mn++ stabile.

Chi volesse "giocare" chimicamente con le pile, sbudellandole, ora ha un po' di materiale in più..
.

 
 
 

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