Creato da paoloalbert il 20/12/2009

CHIMICA sperimentale

Esperienze in home-lab: considerazioni di chimica sperimentale e altro

 

Messaggi di Dicembre 2011

Chimica e letteratura gotica

Post n°155 pubblicato il 28 Dicembre 2011 da paoloalbert
Foto di paoloalbert

Uno dei libri della mia piccola biblioteca ai quali sono più affezionato (sono affezionato a tanti, in realtà!) è questo che si vede qui sotto in fotografia:

 

Jekill Hyde


è l'edizione originale del 1946 dei Gialli Mondadori del capolavoro di Stevenson, "Lo strano caso del Dr Jekyll e Mr Hyde", uno dei racconti più noti, e forse non letto come meriterebbe.
Questa bella edizione ha anche il pregio di essere tradotta (da Ida Lori) in maniera elegante e assai più aderente allo spirito vittoriano di tante altre moderne e artefatte traduzioni.

Anch'esso ha contribuito a quell'imprinting che ha mi inoculato fin da giovane il virus chimico nel DNA.

Il racconto è uno dei più grandi e importanti classici della letteratura gotica, e si sviluppa tutto sulla eterna conflittualità tra la due dimensioni insite indissolubilmente nella natura umana in un equilibrio instabile, ovvero la coesistenza del Bene col Male, o viceversa.
Questo dualismo Bene-Male è comune in tanti stupendi classici di questo tipo di letteratura ottocentesca tipicamente anglosassone, da Poe (I racconti del mistero e del terrore), a Shelley (Frankenstein), a Wilde (Il ritratto di Dorian Gray), a Doyle (alcuni racconti di Sherlock Holmes), ecc...

Lo sdoppiamento della personalità è descritta in modo magistrale da Stevenson, con tutti gli ingredienti per rendere il racconto estremamente avvincente, inserito profondamente all'interno di quella ben definita società vittoriana già di per sè avvincente, almeno per chi scrive, per la sua abissale differenza tra di essa e la nostra mediterranea imprevedibilità.

Ho letto questo romanzo non so quante volte, e ogni volta, soprattutto da giovane, affascinato oltre che dal momento letterario, anche dalla parte "pratica" degli esperimenti del dottor Jekyll, alle prese con miscelazioni di sostanze finalizzate alla produzione di quell'elisir capace non solo di sdoppiare la personalità dell'individuo, ma di farlo addirittura producendo materialmente due individui completamente e fisicamente diversi.

Mettendo i due personaggi in provetta (anche Stevenson mi perdonerà...), potremmo scrivere la reazione:

Jekyll <---> Hyde con la doppia freccia dell'equilibrio (un equilibrio molto precario!).

Con sacrilega noncuranza potremmo perfino calcolarne la costante di equilibrio:

K = [Hy]/[Jk]

come se non sapessimo che tale costante riguarda non solo la coppia letteraria Jk/Hy, ma tutti noi...

L'analisi del laboratorio chimico del Dottor Jekyll mi sembra interessante, anche se purtroppo (e per forza!) Stevenson non può scendere in particolari.
Sentite questa nel testo originale:

-...a blood-red liquor, which was highly pungent to the sense of smell and seemed to me to contain phosphorus and some volatile ether...-

Per speculazione mentale che faccio per ridere (è lecito, no?) mi chiedo come chimico sperimentale: quale immaginaria sintesi organica avrà mai realizzato Jekyll?

E' significativo che Stevenson ci metta un solo elemento certo, il fosforo, elemento che racchiude in se il Bene e il Male, la vita e la morte.
E alla fine scopriamo che la terribile pozione non era più efficace per "tornare indietro", da Hyde a Jekyll, dal Male al Bene, non a causa della scarsa purezza dei reagenti, ma proprio per la "mancanza" di certe impurezze, impossibili per loro natura da determinare...
Quali saranno stati quei reagenti? Quali quelle misteriose impurezze...?

Naturalmente la risposta a queste domande è più che scontata... ma si sa, la fantasia, ancor più se evocata e stimolata da un buon libro, non ha limite.

In un altro piccolo particolare Stevenson è chimicamente preciso: quando fa suicidare in un momento drammatico il disperato Jekyll, ormai irreversibilmente prigioniero nel corpo e nell'anima di Hyde:

-...the crushed phial in the hand and the strong smell of kernels that hung upon the air...-

Senza nominarlo esplicitamente, mette in mano all'infelice protagonista il veleno più gotico che ci sia quale giudice supremo del suo destino: l'acido prussico.

Innumerevoli sono i racconti gialli e noir nei quali si avvelenano i personaggi con l'HCN... (mi viene in mente un altro vecchissimo giallo, "Un uomo qualunque"); in questi casi, ma vogliamo scherzare! il veleno DEVE essere "acido prussico", non chiamiamolo acido cianidrico per favore!

Come dicevo all'inizio, importante fu anche questo libro riguardo la mia passione per la chimica sperimentale (non l'ho letto nel 1946, sia ben chiaro...), e concludo con una prosaica riflessione sulla natura umana così assolutamente misteriosa nei suoi sviluppi: ci sono milioni di persone che hanno letto questo libro e che non sono state colpite dal virus chimico... e così altrettante considerazioni le possiamo fare su altre infinite cose.

A lungo termine, tutto è così imprevedibile!

 
 
 

Natale duemilaundici

Post n°154 pubblicato il 25 Dicembre 2011 da paoloalbert

 

Buon 2011

 
 
 

Isotiocianato di allile... a Natale!

Post n°153 pubblicato il 20 Dicembre 2011 da paoloalbert

Vero che sono sempre complicate e aggrovigliate le associazioni di idee?
Ne cercavo una per il dodicesimo Carnevale della Chimica (che sarà ospitato dal 23 dicembre nel blog di Tania Scienceforpassion riguardo il tema della Chimica nel periodo natalizio e cosa mi è venuto in mente?

Nientemeno che l'isotiocianato di allile...

 

Allile isotiocianato

 

Che è successo? Improvvisa fusione neuronica nel mio brain? Intossicazione acutissima da composti cianosolforati? No, molto più semplice, adesso spiego il motivo di tale strana associazione mentale che di solito mi viene in questo periodo.

Il fatto è che poco prima delle feste di Natale è consuetudine che arrivi qui da me in famiglia un benedettissimo "pacco aziendale" (fin che dura... coi tempi che corrono, sarà l'ultimo?), che viene aperto da tutti con grande soddisfazione dato che contiene sempre cose gradite e altamente commestibili, oltre che in definitiva "regalate", il che non è per niente secondario.
In questo pacco ogni anno c'è fra l'altro... un vasetto di mostarda!

Ecco, ora tutto si spiega, vero?


MostardaTutti sanno che nella vera mostarda, quella da intenditori, (quest'anno era quella mantovana) ci va la senape e la senape contiene appunto l'isotiocianato di allile, CH2=CH-CH2-N=C=S per dare quel delizioso e caratteristico gusto piccante, assolutamente diverso dal peperonico piccante della capsaicina.

 

Mettere la senape nella mostarda non è semplice, come diceva la buon'anima di mia nonna: ce ne deve andare la giusta quantità, nè troppo, chè altrimenti il prodotto rischia di diventare una brace ardente che ti leva il fiato, nè troppo poco perchè ciò porta ad una massa fruttosa solo dolce e inconcludente.

Nei prodotti commerciali, pur buoni, (quelli del nostro pacco lo sono) trovo difficile riscontrare questo giusto equilibrio tra frutta e senape e noto ogni anno con stupore che talvolta si tende ad esagerare in maniera sciocca con l'isotiocianato, come se si volesse virtualmente assassinare l'ignaro consumatore togliendogli il respiro.

Ricordo che qualche anno fa, aprendo un bel vasetto di una fine mostarda cremonese, si faceva sentire in tavola adirittura l'azione lacrimogena del composto allilico... figurarsi l'assaggio orale del medesimo... costituiva un vero attentato Natal-terroristico.
Nemmeno nella battaglia della Somme del 1916 si trovava in giro una quantità così massiccia di "mustard gas" come c'era in quella confettura che si dava arie di eccellenza.

Il vasetto dovette rimanere aperto (ben protetto, ma aperto) fino a inverno inoltrato per poter essere consumato, sfruttando la nota volatilità dei tiocianati alchilici; inutile dire che il titolare dell'azienda produttrice, da me gentilmente invitato a casa mia a mangiarsi un pezzetto del suo mandarino candito, non si è mai presentato... sicuramente sapendo a cosa andava incontro.

[L'assorbimento della senape è molto selettivo da parte della frutta: i mandarini canditi sono quelli che in assoluto ne assorbono di più, la zucca quella che ne assorbe di meno]

Naturalmente non pretendevo sul serio che venisse da me a fare il diabolico assaggio, ma solo che rispondesse alle mie argomentazioni quantitative: lo sto ancora aspettando, con un bel cucchiaio di allile isotiocianato al 92%, più o meno come ce n'era nella sua spocchiosa e famigerata mostarda, marca...

Si dirà che forse sono io che sono troppo delicato!
Macchè delicato! I cibi piccanti sono da sempre la prassi nella mia famiglia; qui si è sempre grattato il cren (ancora la stessa sostanza!) e fatte mostarde, con quella bella bottiglietta spigolosa col contagocce che io annusavo cautamente da bambino, specialmente in ottobre al tempo delle mele cotogne, facendomi a volte mancare il respiro.
(Forse è da allora che ho imparato ad annusare come si deve le sostanze chimiche, con l'opportuna cautela e facendo vento con la mano).
Comunque se ne usava la giusta quantità, come logica e gusto esigevano ed esigono.

Ora la maggior parte delle persone (non tutti per fortuna) hanno paura del piccante e lo sfuggono.
Ecco perchè non mi spiego questo paradosso natalizio da cui sono nate queste estemporanee riflessioni: fare certe mostarde così gravide di CH2=CH-CH2-N=C=S da farmi fare, ogni volta che vien Natale, tali strambe associazioni di idee!


   B u o n   N a t a l e    a    t u t t i  !

 
 
 

Il saggio di Lassaigne completo

Post n°152 pubblicato il 16 Dicembre 2011 da paoloalbert

Ed eccoci finalmente al saggio completo del simpatico Sor Lasagna: dobbiamo trovare nel lab una sostanza che contenga tutti e tre insieme gli elementi "sensibili", cioè zolfo, azoto e alogeni, oltre naturalmente a carbonio, idrogeno e ossigeno tipici delle sostanze organiche.
Un po' faticosamente ne ho trovata una che fa proprio al caso nostro: il blù di metilene

Blù metilene


Facciamo finta di non saper niente e vediamo se siamo capaci di dimostrare che S, N, e Cl ci sono dentro veramente!

1- Preparare la soluzione madre di Lassigne; ormai la sappiamo fare bella limpida e pura, guardare i post precedenti.

2- Prima di tutto si verifica se c'è lo zolfo. Questo è facilissimo: dieci gocce di soluzione nel pozzetto di una piastrina di porcellana e qualche cristallino di nitroprussiato sodico... et voilà, una istantanea e bellissima colorazione fucsia, che nelle foto appare viola scurissimo.

Non ci sono incertezze, lo zolfo c'è, eccome! Nessun dubbio in proposito.

 

Lassaigne 7

La foto mostra le tre soluzioni che ho messo nei pozzetti per questa prova: a sinistra la prova in bianco con acqua e nitroprussiato, al centro la soluzione di Lassaigne da sola e a destra l'aggiunta alla medesima del nitroprussiato.

3- Ora, per la ricerca dell'azoto e degli alogeni dobbiamo eliminare lo ione solfuro dalla soluzione.
Prenderne un'aliquota, acidificarla senza esagerare con la bastante quantità di acido nitrico e far bollire (bastano pochi minuti) fino a eliminazione dello zolfo come H2S volatile, o parzialmente come H2SO4 fisso ma che non interferisce.
Dopo la bollitura, lasciando la soluzione acida per HNO3, si esegue il test per gli alogeni.

4- In una provetta mettere alcuni ml di soluzione e aggiungere una decina di gocce di soluzione 0,1 M di nitrato di argento.
Se gli alogeni sono presenti si forma immediatamente il precipitato di alogenuro (AgCl in questo caso), del colore detto in precedenza.

Lassaigne 8 Lassaigne 8

Le foto mostrano la soluzione prima e dopo l'aggiunta di AgNO3: mi pare che non ci siano dubbi nemmeno questa volta, anche il cloro c'è!

5- Andiamo adesso a scovare l'azoto, che è sempre quello (relativamente) più difficile.
Alcalinizziamo leggermente qualche ml di soluzione con la quantità bastante di NaOH diluita e aggiungiamo poi una decina di gocce di soluzione concentrata di solfato ferroso; subito si formerà un precipitato di idrossido ferroso Fe(OH)2 verde grigiastro, assieme a ferrocianuro sodico Na4[Fe(CN)6] invisibile.
Scaldare la soluzione qualche minuto, agitando bene per favorire l'ossidazione; la soluzione sarà di un brutto colore scuro indefinito.
Aggiungere qualche goccia di H2SO4 diluito e... ecco una bella soluzione blù azzurra, tipica del ferrocianuro ferrico quando è in piccola quantità e estremamente disperso.

 Lassaigne 9

Le foto sono esplicative.

Questa volta l'azoto si è palesato con moltissima minor evidenza del caso della idrazodicarbonamide (che aveva formato una patacca di blù di Prussia!) ma in ogni caso è saltato fuori anche lui, come volevasi dimostrare.

E se la sostanza incognita fosse liquida, o magari anche volatile?
Il saggio di Lassigne diventa in questo caso assai più delicato nella sua procedura iniziale, ma ci sono degli accorgimenti che ne permettono lo svolgimento in un vastissimo range di casi, fatte salve delle inevitabili eccezioni.

Direi che con Lassaigne ho finito: adesso lascio definitivamente riposare in pace il bravo Jean Louis.

 
 
 

Ricerca dell'azoto col saggio di Lassaigne

Post n°151 pubblicato il 12 Dicembre 2011 da paoloalbert

Questa prima "lasagnata" (ved. post precedente) l'ho fatta come prova dimostrativa per la rilevazione dell'azoto, pertanto non sarà una vera ricerca ma una conferma, dato che sono partito volutamente da una sostanza ben ricca in azoto (circa il 47%!) per rendere sicuramente evidenti i risultati.
Come sostanza test ho usato la
idrazodicarbonamide H2N-CO-NH-NH-CO-NH2


Perchè proprio questa sostanza? Per quattro semplici ragioni: contiene azoto, ne contiene tanto e non è volatile.
Infine perchè questa sostanza è una di quelle che non serviranno mai nel lab e allora... perchè non regalarle il suo unico momento di gloria?.

Prepariamo sul banco tutto ciò che serve, ovvero una puntina di spatola di idrazodicarbonamide, un paio di frammentini di sodio metallico, un tubetto da saggio, la solita vetreria, qualche accessorio e naturalmente il fedele bunsen.

Lassaigne 3  Lassaigne 4

La sostanza azotata e il sod io      Il tubetto pronto per la pirolisi

Le foto mostrano questi preparativi "statici", mentre lascio alla fantasia di chi legge immaginare le fasi "dinamiche", ovvero l'arroventamento del tubetto sul bunsen e la sua "decisa" reazione quando lo si butta in acqua.
Le operazioni da fare sono esattamente quelle descritte la volta scorsa, ottenendo alla fine una soluzione limpida che dovrebbe contenere, oltre a idrossido di sodio e residui della pirolisi, anche cianuro di sodio NaCN.

Andiamo a verificare.

Lassaigne 5

Aggiunta di solfato ferroso

Messi in una beutina circa 15 ml (ne basterebbero molti meno) della soluzione prima ottenuta, aggiungere una puntina di spatola di FeSO4 e mescolare; nell'ambiente così basico si forma subito un precipitato gelatinoso grigio verdastro di composti ferrosi, ma si forma anche il complesso ferrocianuro sodico Na4[Fe(CN)6] solubile e incolore, quindi non visibile.

 

Aggiungere una goccia di acqua ossigenata (o anche insufflare dell'aria per un po' di tempo) per ossidare parzialmente a ferrico il solfato ferroso, in modo da avere in soluzione anche ioni -Fe3+.
La soluzione si colora immediatamente in blù per la formazione di blù di Prussia, dal fortissimo potere colorante.

 

Lassaigne 6 Lassaigne 7

Formazione di Fe4[Fe(CN)6]3            Il residuo di Blù di Prussia

Le foto mostrano la filtrazione e l'abbondantissimo residuo di ferrocianuro ferrico rimasto sulla carta da filtro, conferma assai evidente (lo sapevamo già!) che il campione in oggetto conteneva azoto e quindi aveva generato NaCN.
Naturalmente il test non porta sempre a risultati così appariscenti, che dipendono da molte variabili; a volte il blù è appena percettibile, ma in questo caso ho voluto rendere l'idea in maniera eclatante.
 
Lo zolfo e gli alogeni da soli sono troppo facili da scovare con la reazione di Lassaigne e quindi non farò queste due prove; molto più impegnativa è la ricerca di tutti e tre gli elementi CONTEMPORANEAMENTE!

Prossimamente presenterò quindi l'ultima esperienza con una sostanza (ho faticato un po' a trovarla) che ha nella molecola, oltre a carbonio, idrogeno e ossigeno, anche azoto, zolfo e cloro... ci sarà da divertirsi!

 
 
 

Il saggio di Lassaigne

Post n°150 pubblicato il 08 Dicembre 2011 da paoloalbert

In chimica organica analitica (classica) il saggio di Lassaigne è una pietra miliare: con una procedura semplicissima permette di determinare se una sostanza ignota contiene zolfo, azoto o alogeni, singolarmente o anche tutti insieme.
Questo bel metodo, ideato nella prima metà del XIX secolo da Jean Louis Lassaigne (che io chiamo amichevolmente Sor Lasagna... spero che mi perdoni!) si basa sulla pirolisi della sostanza incognita con sodio metallico; in tal modo in presenza di zolfo, azoto o alogeni si vengono a formare rispettivamente solfuro, cianuro e alogenuro di sodio, i quali possono essere riconosciuti con opportune prove specifiche.
(Il saggio presenta delle difficoltà in caso di sostanze liquide volatili, ma tralascio questi e altri particolari).
La verifica dello zolfo va fatta come prima prova, perchè in caso positivo esso va eliminato dalla soluzione (con opportuna procedura) prima della ricerca dell'azoto e degli alogeni.

Procedura preliminare per preparare la soluzione madre di Lassaigne

In un tubicino da saggio ben secco si introduce un piccolo pezzettino di sodio metallico (circa 100-200 mg), vi si aggiunge poi il campione della sostanza solida da analizzare in altrettanta quantità e si copre il tutto con un ulteriore frammentino di sodio.

 

Lassaigne 1


Si scalda lentamente a piccola fiamma il tubicino, tenendolo inclinato, in modo che il sodio fonda, si amalgami bene con la sostanza e sia emessa la minima quantità possibile di vapori volatili (anche sui volatili si possono condurre delle prove indicative); si aumenta a questo punto il calore fino ad arroventare bene la miscela e dar inizio alla pirolisi, che si mantiene al rosso almeno per un minuto.
Ora, con la massima cautela (guanti, occhiali, braccio teso e guardare altrove!) si lascia cadere il tubicino ancora rovente in circa 30 ml di acqua distillata contenuta in un becker abbastanza alto.
Naturalmente il tubicino si frantuma e avviene una istantanea e violenta reazione con l'acqua; se si fanno le cose come si deve non c'è però alcun pericolo reale.
Finito lo sfrigolio, rompere tutti i frammenti di vetro e mescolare affinchè tutto ciò che è solubile in acqua si sciolga; filtrare e tenere la cosiddetta soluzione madre di Lassaigne (deve essere bella limpida) per i successivi tre saggi specifici.

 

Lassaigne 2

 

- il solfuro di sodio viene riconosciuto ponendo nel pozzetto di una piastrina in porcellana una decina di gocce di soluzione e aggiungendo, senza mescolare, qualche cristallino di sodio nitroprussiato Na3[Fe(NO)(CN)5].
In presenza di ioni solfuro si viene a formare attorno ai cristallini un nuovo complesso solubile di intenso color viola-magenta; la colorazione è molto labile e di durata limitata pertanto l'osservazione va fatta sul momento.
Una alternativa meno elegante ma efficace è mettere un paio di ml di soluzione in una provettina, acidificare con HCl e porre all'imboccatura della stessa una cartina imbevuta di soluzione di nitrato di piombo Pb(NO3)2; in presenza di acido solfidrico H2S si ha annerimento della cartina.
Entrambe le prove sono molto sensibili e confermano o meno la presenza di zolfo nel campione originale.

- il cianuro di sodio va evidenziato (previa eliminazione preliminare dello zolfo se era presente) in questo modo:
a qualche ml di soluzione si aggiunge una puntina di spatola di solfato ferroso FeSO4 e si mescola; si viene a formare un precipitato gelatinoso grigio verdastro di composti ferrosi in ambiente basico, che facilmente si ossidano a ferrici con colore più rossastro.
Nel contempo però si forma anche il complesso sodico ferrocianuro Na4[Fe(CN)6] molto stabile, il quale in presenza di ioni ferrici (aggiungere a tal scopo una goccia di acqua ossigenata) forma il ferrocianuro ferrico Fe4[Fe(CN)6]3 insolubile e colorato in blù intenso (Blù di Prussia).
Aggiungere a questo punto alla soluzione H2SO4 diluito fino a reazione sicuramente acida: la persistenza del colore blù conferma la presenza di cianuro (e quindi di azoto) mentre in sua assenza gli idrossidi di ferro si sciolgono e la soluzione appare quasi incolore o solo giallina.

- gli alogenuri di sodio (-Cl, -Br, I) vengono ricercati (anche qui previa eliminazione dello zolfo) acidificando qualche ml di soluzione con acido nitrico non in eccesso e aggiungendo una decina di gocce di nitrato d'argento AgNO3 0,1 M.
In presenza di alogenuri di sodio si vengono a formare i corrispondenti di argento sotto forma di precipitati densi e inconfondibili; bianco il cloruro, color crema il bromuro e giallo lo ioduro.
In caso di dubbio si possono discernere uno dall'altro per la diversa solubilità in ammoniaca.

La prossima volta, come il solito, accenderemo il bunsen e terremo provette e reagenti a portata di mano e andremo a ricercare l'azoto.

 
 
 

La mia radio a galena e altre considerazioni

Post n°149 pubblicato il 06 Dicembre 2011 da paoloalbert

Non è vero che ho proprio distrutto totalmente la storica radio a galena di mio padre fatta negli anni di guerra: ne ho ancora i pezzi fondamentali e volendo la potrei addirittura ricostruire quasi come in origine.
Può darsi che lo faccia, prima o poi, chissà.
Alcuni anni fa ho ne fatto un'altra, di forme e circuito classici, sfruttando gli antichi stampi VAAM in bakelite che una ditta aveva riproposto secondo il modello originale del tempo di guerra; in Internet se ne vedono di quasi identiche, mentre mio padre aveva proprio gli originali.

Eccola in tutta la sua semplicità, fuori e dentro.


Radio galena 1

 

Radio galena 2

 

Non mi addentro volutamente in nessun particolare tecnico, ne ho già discusso anche troppo nella scorsa presentazione.

Radio galena 3L'elemento chiave di questa radio è il detector a galena, che si vede nella foto; il cristallo di PbS sta a sinistra, nel tubetto di vetro, ed è sfiorato da un filetto di acciaio detto "baffo di gatto", col quale si cerca difficoltosamente, manovrando la manopolina a destra, di individuare il punto più sensibile del cristallo, dove esso si comporta da semiconduttore.

Radio galena 4Dagli anni '50 in poi la galena è stata sostituita da un diodo al germanio, molto più sensibile e stabile e che non abbisogna di regolazioni; la foto mostra anche uno di questi vecchissimi diodi inserito su uno spinotto che può prendere il posto della galena.
La cuffia deve essere ad alta impedenza, nel mio caso è anch'essa vintage e da 4000 ohm.

 

Cosa si sente con questa radio?
Mi arrabbio solo a pensarlo... ma ormai da un po' di anni una dissennata politica di gestione del servizio radiofonico pubblico ha praticamente distrutto o gravemente ridimensionato tutto il patrimonio dei numerosi trasmettitori in ampiezza modulata (la vecchia AM) che l'azienda aveva da sempre in Italia e che consentiva l'agevole ascolto dei programmi in onde medie praticamente in tutto il territorio nazionale e di sera/notte in tutta Europa.
Sono stati disattivati anche tutti i trasmettitori in onde corte, che portavano la voce dell'Italia in tutto il mondo.
Con le vecchie onde medie ed i ripetitori locali si potevano ascoltare tutti i tre canali del servizio pubblico (!) anche nella località più sperduta di tutto il territorio nazionale e ben oltre.

E' vero che i servizi radio (in OM e OC) sono stati fortemente ridimensionati per motivi economici da quasi tutti i principali paesi, ma tra ridimensionare un servizio pubblico e distruggerlo la differenza è abissale.

Ecco perchè ora non si ascolta praticamente niente con un ricevitore AM come la radio a galena (ma nemmeno con una radio normale in questa gamma, a meno di non essere vicino a uno dei pochi trasmettitori sopravvissuti all'ecatombe); di sera, quando la propagazione radio aumenta, si ascoltano stazioni estere anche lontane.
La selettività (capacità di separare le stazioni una dall'altra) è comunque molto scarsa e altrettanto dicasi per la sensibilità: ma ricordiamo che questo ricevitore funziona con i componenti che ci stanno nelle dita di una mano, e ciascun componente è a bassissima tecnologia!

Tutto sufficiente, nel 1944, per sentire ogni sera le famose quattro note della quinta sinfonia di Beethoven, che suonano esattamente come la lettera V telegrafica del Morse, DI-DI-DI-DAAA... la famosa V di Victory.

 
 
 

Intervallo

Post n°148 pubblicato il 04 Dicembre 2011 da paoloalbert

Orfeo ed Euridice di Gluck... che opera deliziosa e rilassante!

Un breve, dolcissimo frammentino nell'attesa:
la Danza degli Spiriti Beati.

 

 

 
 
 

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