Creato da paoloalbert il 20/12/2009

CHIMICA sperimentale

Esperienze in home-lab: considerazioni di chimica sperimentale e altro

 

Messaggi di Marzo 2012

Zurufusu

Post n°170 pubblicato il 30 Marzo 2012 da paoloalbert
Foto di paoloalbert

Mi tocca rinunciare!
Mi tocca rinunciare, non c'è niente da fare, il tempo è poco e le cose da fare sono troppe, quindi pazienza!
Peccato, perchè mi piacerebbe molto fare questa cosa semplicissima che fra poco dirò e che invece so che mi sarà negata dalla situazione contingente.
Del resto è pacifico che non si può fare tutto ciò che si vorrebbe (magari se ne potesse realizzare l'un per cento... che dico, l'un per mille!).

Il fatto è che fra poco me ne andrò qualche giorno in Sardegna, e siccome io sono a volte un turista un po' anomalo (anomalo non solo come turista...) questa cosa che mi piacerebbe fare sarebbe percorrere quegli sperduti sentieri alla riscoperta di qualcuna di quelle centinaia di dimenticate miniere di cui quell'Isola è così doviziosamente ricca.
Credo che pochi (a parte i Sardi!) sappiano che le miniere in Sardegna sono veramente CENTINAIA, disseminate un po' dovunque; intendo naturalmente tutti gli scavi, grandi e piccoli, vecchi e vecchissimi.

Leggevo qualche giorno fa alcuni brani della bellissima relazione che Quintino Sella, senatore del Regno oltre che scienziato, economista e alpinista, fece alla Camera dei Deputati il 3 maggio 1871, sulla condizione delle miniere in Sardegna.
La relazione è veramente dotta e partecipe; non ho potuto far a meno di paragonare questo lavoro parlamentare di fine secolo XIX con certe analoghe relazioni attuali... (per non sconfinare nel blasfemo ometto ogni ulteriore commento).

Per chi avesse voglia di dare un'occhiata al testo, mineralogicamente e ambientalmente molto interessante, ecco il link al sito di Sardegnacultura.

Mi piace a questo punto fornire il link anche ad un bellissimo sito di appassionati ed "esploratori": "Miniere di Sardegna".

E' tutto da leggere e da scoprire, con un'infinità di notizie; oltre a significative interviste con vecchi minatori, si può comprendere la situazione problematica degli anni della progressiva chiusura... e naturalmente c'è l'elenco di amenissimi siti (geografici stavolta!) che costituirebbero il motivo di salutari passeggiate nella macchia sarda alla ricerca di minerali e archeologia industriale, anni luce lontano da noiosissimi e plasticosi villaggi turistici.

Porca miseria, ci passo ad un palmo e mi tocca rinunciare alla 467esima miniera citata da Quintino Sella!
Quella sconosciuta, sperduta e abbandonatissima di Zurufusu, nel territorio di Arbus, vicino al mare e alle dune della Costa Verde.
Era questa una miniera insolita, non solo coltivata per il "normale" piombo argentifero ma soprattutto per la barite, il solfato di bario BaSO4.
Razzolare un po' nelle antiche discariche alla ricerca di qualche pezzo di "spato pesante" mi sarebbe piaciuto assai.

Ma va bene lo stesso, avrò altre mille cose da vedere...

 
 
 

Il sonnifero della nonna

Post n°169 pubblicato il 19 Marzo 2012 da paoloalbert
Foto di paoloalbert

La lettura casuale di un articolo del Journal of the Royal Society of Medecine ed il ritrovamento di un vecchissimo tubetto di un medicinale degli anni '50 (del quale riporto la foto) mi offrono l'occasione per qualche libera divagazione chimico-storica.
La sostanza contenuta nel tubetto era un famoso "sonnifero" (allora si chiamavano le cose per quello che erano...) che usava la buon'anima di mia nonna negli ultimi tempi della sua vita.

Neurinase


Il principio attivo per pillola, a parte qualche percentuale di "estratto di valeriana fresca", erano 50 mg di dietilmalonilurea o meglio di acido 5,5-dietilbarbiturico, il "Veronal", che si aggancia all'articolo sopra citato che leggevo.

Come spessissimo accade quando si parla di chimica classica, la storia si svolge nella patria indiscussa di questa scienza, la Germania.
Alla fine del 1863 Adolf von Baeyer, un altro dei grandi chimici tedeschi (poi premio Nobel nel 1905), condensando l'acido malonico con l'urea riuscì a produrre l'acido barbiturico (riquadro in alto), e siccome la data della scoperta fu probabilmente il 4 dicembre giorno di santa Barbara, la tradizione vuole che Baeyer abbia dato il nome alla nuova sostanza unendo Barbara ad acido urico (con il quale la molecola condivide parti comuni).

Molti anni più tardi, nel 1903, l'ex assistente di von Baeyer Emil Fischer (quanti esteri ho fatto in tuo onore Emil!), insieme con un amico fisiologo e farmacologo, il barone Josef von Mering, scoprirono che mentre l'acido barbiturico in sé non ha alcun effetto diretto sul sistema nervoso centrale, collegando all'atomo di carbonio intermedio dell'acido malonico due gruppi etile -CH2-CH3 ed effettuando la condensazione di Baeyer si otteneva un prodotto fortemente ipnotico, che fu chiamato "barbital".
Anche qui la tradizione vuole che von Mering fosse stato recentemente in Italia ed avesse visitato con piacere Verona; ritenne opportuno pertanto dedicare a questa bellissima città il composto appena scoperto e così il Barbital divenne in tal modo Veronal.

 

Veronal

 

L'era dei barbiturici era cominciata, e sarebbe proseguita con successo per circa mezzo secolo, fino alla loro sostituzione con le benzodiazepine e prodotti meno pericolosi.
I barbiturici erano prescritti per curare l'insonnia da eccitabilità nervosa, e furono salutati come farmaci notevolmente migliori rispetto ai bromuri o al cloralio usati fino a quel momento, per via dei minori effetti collaterali e del gusto meno sgradevole.
La sintesi consiste in una reazione di condensazione dell'urea con l'estere dietilico dell'acido dietilmalonico in presenza di etossido di sodio CH3-CH2-ONa:



Barbiturici

 


-R1
ed -R2 sono due gruppi etile -CH2-CH3 nel caso del Veronal, ma possono essere altri gruppi alchilici (o di altro tipo, a parte i metilici, che sono inattivi) ed essi sono fondamentali poichè originano al loro variare prodotti di condensazione dalle caratteristiche farmacologiche molto diverse, specialmente come durata di azione, che possono andare dai pochi minuti addirittura ai giorni.

I barbiturici sono farmaci che agiscono come sedativi del sistema nervoso, con effetti che vanno da una lieve sedazione all'anestesia generale.
Sono anche efficaci come ansiolitici, come ipnotici, e come anticonvulsivanti, ma hanno il grave inconveniente di produrre dipendenza.
Oggi nella pratica medica i barbiturici sono ancora utilizzati in anestesia, per l'epilessia o per la pratica del suicidio assistito.
Fino a metà e oltre del secolo scorso le notizie di cronaca che riportavano casi di suicidio o morte per overdose, accidentale o colposa, di barbiturici erano all'ordine del giorno: chi non ricorda, due casi per tutti, Elvis Presley o Marilyn Monroe?
Dalla fine degli anni '60 queste sostanze sono controllate e la loro diffusione è assai ridimensionata.

Molto meno conosciuto come chimico di Emil Fischer, Josef von Mering è più famoso come fisiologo; fondamentali sono i suoi studi sul diabete (insieme a Oskar Minkowski nel 1890 ha dimostrato che il pancreas è la sede della produzione di insulina) e fu lui che convinse Fischer, più dedito alla chimica che alla farmacologia, a sintetizzare il barbital, che divenne un cavallo di battaglia del colosso chimico farmaceutico Bayer.


Nel 1919, Heinrich Hoerlein introdusse un altro barbiturico altrettanto famoso, il fenobarbital o Luminal (-R1 etile, -R2 fenile); la Società deteneva i diritti di altri brevetti, tant'è che quando gli Stati Uniti entrarono in guerra nel 1917 i prodotti erano considerati beni del nemico.
A superare questo ostacolo, il governo americano approvò il Trading Enemy Act, che permise alla Federal Trade Commission di concedere licenze alle aziende americane per la fabbricazione di prodotti tedeschi già brevettati.
Più tardi H. Shonle sintetizzò l'Amytal (-R1 etile, -R2 3-metilbutile), primo barbiturico ad essere utilizzato come anestetico endovenoso.

Con quel vecchio tubetto (vuoto!) di Neurinase di mezzo secolo fa fortunosamente ritrovato, partecipo al 15esimo Carnevale della Chimica, che si potrà leggere dal 23 marzo sul blog di Paolo Pascucci Questionedelladecisione, sulla chimica dei farmaci.

 

 
 
 

Intervallo

Post n°168 pubblicato il 11 Marzo 2012 da paoloalbert

 

Longhi Alchimisti

Pietro Longhi - Gli Alchimisti - Venezia, 1757

 
 
 

Giocando col sole

Post n°167 pubblicato il 05 Marzo 2012 da paoloalbert

Ogni tanto ci scappa una digressione dalla chimica, in genere verso l'elettronica, un altro dei miei passatempi.
Avendo a disposizione il bel modulo fotovoltaico da 50 Watt che si vede in foto (la dimensione ideale per giocarci e sperimentare), l'ho voluto corredare di un regolatore automatico di carica batteria.

 

Fotovoltaico

 

Questo apparecchietto è un'interfaccia tra il pannello solare, la batteria in tampone ed il carico utilizzatore e serve ad evitare le eccessive carica o scarica della batteria.

Quando il sole picchia e la batteria è sufficientemente carica, l'uscita del fotovoltaico viene cortocircuitata; quando il sole manca e la batteria è quasi scarica l'uscita verso l'utilizzatore viene interrotta, salvaguardando in questi modi la vita della batteria stessa.

Naturalmente apparecchietti di questo tipo si trovano in commercio (quasi sempre provenienti dal paese dei Mandarini) senza problemi e per soli una quarantina di euro.
Ma lo si può fare anche in casa con un po' di esperienza per un prezzo irrisorio e anche divertendosi.
E' quel che ho fatto, spendendo per la parte elettronica... circa cinque euro!

(Se ho speso IO 5 €, mi chiedo quanto costi ad una azienda cinese che ne fa 300 mila pezzi... Siamo a livello dei centesimi di euro!).

I componenti principali che si vedono sulla basetta millefori (non val la pena di fare un circuito stampato per un solo prototipo) sono due MOSFET di potenza IRFZ44N, due diodi schottky CQ522, un circuito integrato operazionale LM324 ed una manciata di componenti passivi.
Vi sono due ingressi ed un'uscita: un ingresso va al pannello fotovoltaico da 19 Volt, l'altro va alla batteria e l'uscita va al carico utilizzatore, ovvero qualsiasi cosa che funzioni a 12 Volt, per esempio un inverter che porti questa tensione ai 230 volt alternati per far andare qualsiasi cosa.

 

Regolatore



Veder girare un motorino GRATIS per tutto il giorno (mi serve per un certo utilizzo) e per tutti i giorni a venire fin che batterà il sole è una soddisfazione che mi ha sempre intrigato e che m'intriga sempre più man mano che il vero prezzo dell'energia viene (e verrà, eccome!) drammaticamente sempre più alla ribalta.

Il mio pannellino è solo un terzo di metro quadrato e fa un bel lavoro: pensiamo alle infinite aree su cui il sole splende in eterno ad 1 KW per metro quadro! senza servire nemmeno a  far crescere l'erba...

 
 
 

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