Creato da paoloalbert il 20/12/2009

CHIMICA sperimentale

Esperienze in home-lab: considerazioni di chimica sperimentale e altro

 

Messaggi di Ottobre 2012

Un libro "elegante"

Post n°203 pubblicato il 29 Ottobre 2012 da paoloalbert
Foto di paoloalbert

Richard Feynman, uno dei più grandi studiosi della meccanica quantistica, scriveva nel 1965:

"...un tempo i giornali affermavano che solo una dozzina di uomini al mondo erano in grado di capire la teoria della relatività. Non penso sia vero. Forse c'è stato un momento in cui solo un uomo ne capiva qualcosa... In seguito la teoria è stata in qualche modo capita da molta gente, certo più di una dozzina di persone. Invece penso di poter affermare che nessuno capisce la meccanica quantistica".

Sono passati molti anni da questa affermazione e magari ora (tutto trasla, tutto è relativo!) la quantistica è capita da molta gente, mentre avanza, tremendamente astrusa, la nuova Teoria delle stringhe e superstringhe, che dovrebbe essere la Teoria Ultima... quella che finalmente ingloberà anche la forza di gravità.

Perchè tutto questo discorso?
Semplicemente per segnalare un libro che affronta l'impossibile: tentare di spiegare ai lettori la teoria delle stringhe!
Avendo letto il libro, anche a posteriori direi che l'impresa si presenta disperata.
Invece il bello è che l'Autore ci riesce (non a far capire la teoria, credo che umanamente sia impossibile, anche Feynman sarebbe d'accordo!) ma a fornire in modo incredibile degli spunti di riflessione scientificamente fondati che consentono al lettore di avvicinarsi "di una lunghezza di Plank" a questa fisica dell'altro mondo.
Un solo banalissimo esempio: come spiegare in maniera divulgativa un universo (il nostro) che sembra proprio essere a 11 dimensioni? Ed è solo un esempio...

Il libro di cui parlo è il famosissimo "L'universo elegante" di Brian Greene, docente di fisica alla Columbia University.
Pur nella evidente complessità dell'argomento trattato, l'Autore riesce in modo accattivante e coinvolgente nel suo intento di "stringare" il lettore, e come lo faccia con relativa semplicità è assolutamente ammirevole.
Ci sono modi diversi di leggere questo libro: io ho scelto "quello lento", e infatti le poco meno di 400 pagine mi sono durate un bel paio di mesi; pur non essendovi traccia di formule o quant'altro, ogni pagina andrebbe "meditata e metabolizzata" prima di procedere oltre, anche se naturalmente ciò non è proprio possibile e ci vogliono molti atti di fede se non si è in possesso di adeguato background nella materia specifica.

Una ventina di euro ben spesi per un libro di una densità da buco nero, soprattutto se paragonati (ancora una volta tutto è relativo!) a quelli che si potrebbero spendere per certe pubblicazioni impazzanti in libreria il cui certo destino, anche a breve termine, è... il cassonetto!

Ma, ancora una volta, il vecchio Albert direbbe che anche questo ragionamento dipende... "dai punti di vista"!

 
 
 

Anche le mosche amano

Post n°202 pubblicato il 18 Ottobre 2012 da paoloalbert

Avete presente quel libro estremamente inquietante di Golding (premio Nobel 1983) che è "Il signore delle mosche"?
La sua testa di maiale circondata da immondi insetti riproducentisi a raffica mi avvicina per associazione di idee ad un problema che ben conosco, e che c'entra... con l'amore delle mosche e la sua chimica!

Altrocchè se amano le mosche... non ditelo a me che ho appunto un contenzioso pluriennale con questi maledetti ditteri (Quarta piaga d'Egitto!) che costituiscono un fastidio per chi spesso vive in un contesto, per altri versi magnifico, ma che è anche sede di allevamenti agricoli.
Anche se oggi ne hai ammazzato un milione (di mosche, dico), moltiplica il rimanente per il centinaio di uova che una sola di esse domani produrrà, ed ecco che poco dopo ti ritrovi col milione di prima ancora vivo e svolazzante, come niente fosse successo... e permettetemi di esagerare un po', ma mica poi tanto.
Dove voglio arrivare, visto che qui per lo più si sporcano provette e non si discute di entomologia?
Ad un prodotto delizioso per le mosche (soprattutto se maschi!), il tricosene.

Lo Z-9-tricosene, che dal nome giureresti che è un prodotto contro la caduta dei capelli, è invece un idrocarburo a 23 atomi di carbonio, insaturo sul carbonio 9.
Cosa avrà di così speciale per piacer tanto a questi fastidiosi insetti? Piace perchè è un loro ferormone, ovvero un attrattivo relazionale di tipo sessuale che secernono le femmine per attrarre i maschietti che svolazzano loro intorno (e talvolta anche intorno a me, che non assomiglio nemmeno vagamente ad una femmina di mosca).

[Ci sarebbe da star qui a discutere una giornata sulle mosche e sul loro comportamento, che se le osservi bene e a lungo sembrano far fessi perfino i principi della termodinamica... Dove sei Piero Angela? Sempre alle prese con gli animali della savana? Ma li vuoi lasciar perdere una buona volta e parlarci delle bestie nostrane, mille volte più vicine e interessanti?]

Ecco la formula del Z-tricosene:



Tricosene

 

Non parlerò di ferormoni e della loro azione, dato che c'è già chi lo fa infinitamente meglio di me; più consono a questo blog è far vedere come si potrebbe produrre una sostanza del genere, che con il suo lungo corpaccio metilenico sembra un lombrico senza testa nè coda.
I metodi sono diversi, da quello biochimico a quello elettrolitico ed elegante di Kolbe (ah, Kolbe, Kolbe... ricordo di un'esperienza fallita!), a tanti altri; si tratta in genere di riuscire ad unire due catene a diverso numero di atomi di carbonio in modo che la somma sia 23, col doppio legame nel posto giusto... più facile a dirsi che a farsi, ovviamente.

Una bella procedura molto "chimica" è la seguente (l'ho presa, estendendola un po' all'inizio, da Tse-Lok/Chiu Ming Won, 1973): si parte dall'alcol oleico (C-18), che ha proprio un bel doppio legame in posizione 9: perfetto!
Semplifico tutte le reazioni, tralasciando naturalmente i meccanismi.

Si trasforma innanzitutto l'alcol oleico in alogenuro alchilico (per esempio con tionilcloruro):

                                                  SOCl2    
CH3-(CH2)7-CH=CH-(CH2)8-OH   ----------->
CH3-(CH2)7-CH=CH-(CH2)8-Cl

e poi l'alogenuro in oleonitrile (con cianuro alcalino):

                                                 NaCN  
CH3-(CH2)7-CH=CH-(CH2)8-Cl   ------------>
CH3-(CH2)7-CH=CH-(CH2)8-CN

Avuto il nitrile, lo si tratta con un Grignard a 5 carboni (n-pentilmagnesio bromuro, da 1-bromopentano e magnesio in etere), seguito da idrolisi acida; si origina il chetone Z-trico-14-en-6-one, che ha i 23 atomi di carbonio come richiesto.
Fusione riuscita! Avendo letto la procedura, confermo che la reazione è fattibile e fornisce buone rese.

                                                  n-CH3-(CH2)4-MgBr  - H+  
CH3-(CH2)7-CH=CH-(CH2)8-CN   ----------------------------->
CH3-(CH2)7-CH=CH-(CH2)7-CO-(CH2)4-CH3

Leggermente più impegnativa, ma non tanto, è poi la riduzione del chetone ad idrocarburo (il carbonile passa ad un metilene) utilizzando idrato di idrazina in glicol e in ambiente fortemente basico.

                                                             NH2-NH2 - H2O -OH
CH3-(CH2)7-CH=CH-(CH2)7-CO-(CH2)4-CH3  ------------------->
CH3-(CH2)7-CH=CH-(CH2)7-CH2-(CH2)4-CH3


Tricosene 1


Per estrazione con etere si ricava finalmente lo Z-9-tricosene, sempre con buone rese.
Come mi piacerebbe fare tutta questa sintesi!
Con un po' di impegno sarebbe alla portata.
So però che non la farò mai perchè mi mancano i reagenti, ed oggi i reagenti sono diventati troppo costosi.
Domani, con la gente che ci ritroviamo, lo saranno ancor di più. (Evviva l'ottimismo, ma questo è un altro discorso).

E le nostre mosche?
Naturalmente il tricosene, essendo un ferormone, alle mosche PIACE ASSAI, e quindi avendo a disposizione questa olefina potremo  attirarle irresistibilmente e gabbarle a tradimento mentre credono di...
Bene! Basta mescolare al tricosene qualcosa di zuccheroso ed un adatto veleno per mosche (un carbammato, un piretroide o quello che volete a piacere) ed il gioco è fatto, dato che lo scopo è liberare certi ambienti da questi dannosi e fastidiosissimi insetti, soprattutto negli allevamenti agricoli dove si possono riprodurre in quantità veramente incontrollabile e dannosa a uomini e animali.

La nostra beneamata chimica vince sulla mosca sfruttando subdolamente l'amore allora?
Beh, nel caso delle nostre amiche volanti si tratta solo di sesso instintuale e non certo di amore, ma il giochino di parole ci può stare.

Quella chimicaccia da laboratorio che ho tentato di esemplificare producendo un ferormone si mostra più sottile di quanto sembri: può mettersi in mezzo alla grande riescendo a ingannare a fin di bene perfino la natura, i suoi odori, i suoi istinti.

Ventunesimo Carnevale della Chimica, su QdD di Paolo Pascucci.

 
 
 

Acido fenilacetico - Aggiunta al post n.199

Post n°201 pubblicato il 10 Ottobre 2012 da paoloalbert

"Si potrebbe recuperare anche questo prodotto [acido fenilacetico], ma non ho proceduto in tal senso".

Così avevo scritto nel post dedicato all'estere etilico dell'acido fenilacetico, ma in realtà... l'ho poi recuperato!
Avevo messo da parte il filtrato contenente il sale sodico, che per acidificazione ha separato perfettamente l'acido organico, quest'ultimo dimostratosi di facilissima filtrazione ed essicazione.
Ne son venuti fuori 1,6 g, bello bianco e microcristallino di analoghe caratteristiche a quello (commerciale) che avevo già.

Devo anche rettificare parzialmente quanto avevo affermato riguardo l'odore meno intenso del previsto del fenilacetato di etile.
Da quando ho fatto questo estere infatti, arrivando in prossimità del lab si sente distintamente l'olezzo mieloso del prodotto, che evidentemente ha impregnato l'ambiente in tracce minime e che continua a persistere nonostante sia passato parecchio tempo.
Meno male che non si tratta di un tiolo...

Ecco l'acido fenilacetico C6H5-CH2-COOH messo sul muretto alle prime luci di un mattino di ottobre.

 

Acido fenilacetico

 
 
 

Schema elettrico del colorimetro PA-mode

Post n°200 pubblicato il 08 Ottobre 2012 da paoloalbert
Foto di paoloalbert

Ho presentato tempo addietro (post n. 182 e altri precedenti) un "C O L O R I M E T R O" home made, che permette interessanti ed istruttive esperienze con questo metodo di analisi.
Poichè mi è stato chiesto lo schema elettrico del medesimo, lo pubblico ora per chi volesse eventualmente replicare un oggetto del genere o avere una base su cui lavorare.

Avevo ampiamente premesso che il requisito FONDAMENTALE di questo apparecchio è la semplicità e non la realizzazione di uno strumento di misura (che presuppone tutt'altro approccio) e lo sottolineo ancora fortemente.

Il circuito elettrico che sotto si vede è la parte più semplice del lavoro, ovviamente avendo dimestichezza con i componenti elettronici, mentre è più impegnativa la realizzazione della parte "elettromeccanica", ovvero della celletta a tenuta di luce che contiene la cuvetta, il LED illuminatore ed il fototransistor rivelatore.
Quest'ultimo, del quale non conosco la sigla essendo di provenienza surplus, è in case TO72 con lente in vetro e sicuramente non pone problemi di sostituzione con uno simile.
Idem per la serie di LED, dai vicini UV ai vicini IR.
L'alimentazione per gli operazionali è duale stabilizzata, +12, 0, -12 V (vedo ora due piccoli refusi nello schema: nell'alimentatore invertire la polarità dei due diodi e manca il valore della resistenza tra il pin 1 e il pin 6 di IC1, che è 10 K).

L'immagine è forzatamente piccola, spero che si intuisca lo stesso quanto basta.

Colorimetro schema

In caso di (molto improbabile!) replica... good job and enjoy!

 
 
 

Sintesi del Fenilacetato di etile

Post n°199 pubblicato il 03 Ottobre 2012 da paoloalbert

 

Etile fenilacetato 1

 

Ho fatto questa sintesi per quattro buoni motivi: 
 
a- il fenilacetato di etile è un estere, e come si sa gli esteri mi sono tutti simpatici

b- il prodotto è odoroso... alla grande, di bene in meglio!

c- non è la solita esterificazione di Fischer, ma si parte da un nitrile

d- ...avevo giusto un po' di quel nitrile!

 
Cosa volere di più? Quando l'ho vista su OrgSyn, mi son detto che anche questa era una sintesi giusta per divertirsi... non si può non provarla!
Chef, fai apparecchiare pentole e fornelli, mettiti il cappello a fungo ed affila i coltelli!

 

Etile fenilacetato reazione

Materiale occorrente:
 
- toluonitrile (benzilcianuro) C6H5-CH2-CN
- etanolo CH3-CH2-OH
- acido solforico
- mantello riscaldante
- distillazione a pressione ridotta
- vetreria opportuna
 
[Piccolo inciso: magari chi passa di qui per caso e vede la larola "cianuro", che ho messo apposta, sobbalza sulla sedia.
Non c'è niente da sobbalzare; i cianuri organici, più propriamente detti "nitrili", sono caratteristici per il gruppo funzionale -CN e la loro tossicità (che dipende dal resto della molecola) è assai inferiore a quella degli omonimi cianuri alcalini, anche se sono sostanze (come tutte, del resto!) da trattare con l'opportuna discrezione.
In ogni caso riferirsi sempre a quell'universale principio paracelsiano che dice da sette secoli: tutto è veleno, ma ciò che conta è la quantità. Fine dell'inciso].
 
Etile fenilacetato 2- In un palloncino da 100 ml porre mescolando 46 ml di etanolo, 21 ml di H2SO4 e 22,5 ml di toluonitrile.
Preparare il setup per il riscaldamento a ricadere e portare a leggera ebollizione: mi sono preso largo rispetto alla bibliografia ed avendo un po' di tempo in esubero ho lasciato a riflusso per nove ore. 
La miscela si separa ben presto in due strati, ma il riscaldamento avviene tranquillo senza sovraebollizioni.
Ogni tanto occorre aumentare gradualmente, verso la fine rispetto all'inizio, la temperatura del termomanto (all'inizio c'è tanto etanolo, che va gradualmente scomparendo).

Durante la reazione si sente alla bocca dell'allhin sia l'odore della piccola quantità di etere che si forma, sia l'aroma mielato dell'acido fenilacetico... questo detto solo per completezza.



Etile fenilacetato 3Finito il riflusso, col raffreddamento si nota l'abbondante separazione del bisolfato ammonico formatosi; versare il tutto in 100 ml di acqua; per mezzo di un imbuto separatore separare lo strato organico superiore ed eliminare l'eccesso acido/salino più pesante. 

Lavare con una soluzione al 10% da Na2CO3 (o q.b. di NaHCO3) per rimuovere l'acidità residua e la piccola quantità di acido fenilacetico che si è formato.
(Si potrebbe recuperare anche questo prodotto, ma non ho proceduto in tal senso).

 

Etile fenilacetato 4

Distillazione a pressione ridotta col vacuometro in testa al refrigerante

Etile fenilacetato 5


Preparare ora un setup per la distillazione a pressione ridotta e procedere con la purificazione; ho tenuto una pressione di circa 40-45 mm di Hg e distillato nel range 145-155° (è difficile tenere la pressione costante), ma non ho dovuto scaldare eccessivamente per far passare l'estere; nel pallone rimane alla fine solo un piccolo residuo da eliminare.
Il p.e. a 760 mmHg è 226°, 135°a 32 mm - d. 1,02
La resa è stata di 24 g di estere, pari a circa l'80%, poco meno della bibliografia.

 

Etile fenilacetato 6


 
Il fenilacetato di etile, un altro dei numerosissimi composti chimici usati in profumeria, si presenta come un liquido leggermente oleoso, limpido e incoloro, di odore caratteristico fruttato aromatico e molto persistente come di anice con sottofondo mielato, tipico dell'acido fenilacetico. A dir la verità me lo aspettavo "molto" più mielato: ecco perchè è bello andarci a mettere proprio il naso... in senso letterale!
 
Al prossimo estere (odoroso, s'intende!).

 
 
 

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