Creato da paoloalbert il 20/12/2009

CHIMICA sperimentale

Esperienze in home-lab: considerazioni di chimica sperimentale e altro

 

Messaggi di Marzo 2013

Il Salofene di Mustafą

Post n°228 pubblicato il 29 Marzo 2013 da paoloalbert
Foto di paoloalbert

Mi sa che per trovare il Salofene in bottiglia oggi bisogna andare a Istanbul, o giù di lì.
Infatti è lì che l'ho trovato qualche giorno fa.

Naturalmente non sono andato nella vecchia Costantinopoli per cercare cose di questo tipo, ma solo per onorare come posso (purtroppo in maniera sempre più scalcinata) il mio primo e fondamentale hobby, che sarebbe (ho detto "sarebbe"...) quello di viaggiare in lungo e in largo per il mondo seguendo solo i suggerimenti estemporanei della fantasia.

Siccome per me il vedere posti nuovi è una necessità quasi vitale, come minimo "semel in anno" mi devo muovere, naturalmente sacrificando qualcos'altro.
Per farla breve, son tornato dopo tantissimi anni nel paese di Ataturk per verificare se la sempre suggestiva vecchia capitale è ancora come la ricordavo.
(No, non lo è proprio! Ma niente paura, non voglio stravolgere il blog cominciando a parlare di queste mie esperienze socio-geografiche. Solo una nota: fin che son stato via lei si è fatta i suoi bei quindici milioni di abitanti...).

In ogni caso, facendo il turista mi sono imbattuto nella vetrina di una farmacia e ...fermi tutti!
-Forse Paoloalbert ha visto qualcosa di chimico- dicono i miei accompagnatori.
Vero! Almeno adesso ho una immagine diversa dalle solite da portar a casa; la aggiungerò alle moschee, alla folla, a tutto ciò che si può vedere, immaginare o fotografare in una città affascinante come Istanbul.

Ecco il mio bottino fotografico: a sinistra c'è una bottiglia di Tannibismuth, al centro una di Essence de Girofles (chiodi di garofano) e a destra quella di Salophene.
Ancora più a destra un'altra della quale dirò poi.

 

Salofene

 

Vecchi residui dei primi del novecento, messi in vetrina giusto per attirare l'attenzione di qualcuno come me.

Il Tannibismuth era tannato di bismuto; ho letto che con una trentina di cg si curavano i problemi intestinali dei bambini... bah, piuttosto dell'antimonio, meglio il bismuto!

L'essenza di chiodi di garofano (eugenolo e derivati) era un buon disinfettante per la bocca, utile per il mal di denti. Di questo rimedio mi fiderei di più.

Il salofene (4-acetamidofenil-2-idrossibenzoato)

 

Salofene formula

 

è più interessante: è un famoso medicinale della Bayer commercializzato a cavallo tra l'ottocento e il novecento, con azione antireumatica, antipiretica e antinevralgica. Infatti la molecola contiene sia l'acido salicilico che il paracetamolo, i quali si formano nell'intestino dopo l'assunzione.
Era assai meno irritante dell'acido salicilico e molto meno tossico dell'allora diffuso salolo (salicilato di fenile).

Vicino a queste bottigliette ce n'era un'altra, vuota ma con l'etichetta ancora più interessante: aveva contenuto il famoso Kermes minerale, un composto ottenuto da carbonato di potassio e ossido/solfuro di antimonio dal bel colore rosso.
Il Kermes è stato ritenuto per un paio di secoli una vera panacea, dato che veniva impiegato come antiinfiammatorio, diaforetico, contro la febbre ostinata, contro l'epilessia, come emetico...
Essendo a base di antimonio, per quest'ultimo uso credo che fosse veramente efficiente: o tutto su, o tutto giù, paziente compreso!

Sono sicuro che quando sono stato la prima volta a Istanbul, cercandoli avrei trovato in farmacia sia il salofene che il kermes, e me li avrebbero pesati con una bella bilancina in ottone.
Adesso pazienza; nell'era dei blisters anche da quelle parti, accontentiamoci di vedere questi storici rimedi solo in fotografia.

 
 
 

Come eravamo

Post n°227 pubblicato il 22 Marzo 2013 da paoloalbert
Foto di paoloalbert

Conservo gelosamente delle vecchissime riviste di mio padre degli anni '50, molto diffuse in quegli anni: Sistema Pratico, Sistema "a", e tante altre che ho trovato e acquisito anch'io molto più tardi.
Erano letture interessantissime per i "fai da te" di allora e lo sono ancora di più adesso se le vediamo dal punto di vista storico e sociologico.
Anch'esse rappresentano uno quei bellissimi specchi della differenza abissale (abissale è un eufemismo...) che intercorre tra il mondo d'oggi e quello che va tra il dopoguerra fino al boom di fine anni '60.

Erano riviste essenzialmente pratiche, dove si insegnava a costruire di tutto; si evince anche da qui che allora il mondo era TUTTO una "costruzione"... c'era un sole radioso all'orizzonte.
I contenuti costantemente trattati erano elettronica (ecco perchè me le ritrovo!), chimica (idem!), aeromodellismo, informazione scientifica a livello molto divulgativo, bricolage nel senso più estensivo di questo brutto neologismo.
Le varie realizzazioni andavano da una serietà ed ingegnosità ammirevole ad una ingenuità disarmante (certi progetti sono veramente delle "boiate pazzesche" e sono forse quelli più belli da leggere!), il tutto descritto con il caratteristico linguaggio retrò del tempo.

Si va dai ricevitori galena a quelli con i primissimi (e costosissimi!) transistor, alle gabbie per i conigli, al trasformatore per campanelli, all'aeromodello a razzo con nitro e zucchero, ai trasmettitori, alla sega circolare per la legna, al trattamento dei germogli con la colchicina (reperita a peso in farmacia!!!), alla sedia a sdraio, al tereminofono a valvole, ad una infinità di altri congegni ed esperimenti il cui limite è solo la fantasia.

Parlando di chimica, ingrandendo la schermata spero che si leggano sulla carta ingiallita dell'immagine le sei "preparazioni" che ho estratto dalla rivista Sistema Pratico di febbraio 1959.
Ho scelto questo piccolissimo stralcio perchè una di esse riguarda proprio la preparazione dell'acido solforico col metodo zolfo + nitrato + acqua, della quale ho ampiamente trattato poco tempo fa.
L'autore dell'articolo (un certo sig. Maurizio Giorgetti di Busto Arsizio) dichiara sicuro quanto segue:

"-Preparazione dell'acido solforico -

Si mescolino, in una provetta ben asciutta e pulita, mezzo cucchiaio di zolfo e mezzo di nitrato di potassio; riscaldate con molta prudenza il miscuglio, fino a che non si sprigionino dalla provetta vapori biancastri; a questo punto si aggiunga goccia a goccia una certa quantità di acqua: il liquido ottenuto risulterà acido solforico purissimo"-


Lo facciamo l'esperimentino? 

Meglio di no, caro e simpaticissimo sig. Maurizio... il risultato ce lo immaginiamo perfettamente, soprattutto la "purezza" di quell'acido solforico di risulta... ma tant'è, siamo nel '59, l'ottimismo evidentemente dilagava anche nella chimica casalinga!

 
 
 

I minerali organici (seconda parte)

Post n°226 pubblicato il 18 Marzo 2013 da paoloalbert

Riprendo il discorso sui minerali organici.

Fra questi minerali vi è anche una inaspettata serie di idrocarburi, a vari atomi di carbonio e con vario tipo di legame.
Ne ricordo solo alcuni: Dinite, Idrialite, Kratochvillite, Hoelite, Flagstaffite, Refikite, Fichtelite, Simonellite, Evenkite, ecc.
Sono rinvenuti in varie località, per lo più associati a giacimenti carboniferi.
Per esempio la Ravatite C14H10 è chimicamente fenantrene (tre anelli benzenici condensati; guarda che bello, il minerale assomiglia alla struttura!).

Ravatite   Fenantrene

Si è formata probabilmente da una decomposizione lentissima di carbone a bassa temperatura.
Finora questo minerale è stato trovato solo in tre località: Alsdorf e Freital in Germania e a Ravat (località tipo) in Tagikistan.

Oltre agli idrocarburi, vi è una discreta serie di ossalati (di metalli vari), e non possono mancare naturalmente quelli di calcio, più o meno idrati.

Weddellite

Come esempi, riporto solo tre ossalati di calcio, rispettivamente mono, di e triidrato: la Whewellite Ca(C2O4)·H2O); la Weddellite Ca(C2O4)·2H2O (il nome deriva dal mar antartico di Weddell) e la Caoxite Ca[C2O4]·3H2O, trovata anche da noi in Liguria.

Nostrana è anche la Minguzzite, ossalato di potassio e ferro K3Fe(C2O4)3·3H2O

Minguzzite

La Minguzzite si è formata dalla decomposizione di limonite di Capo Calamita nell'isola d'Elba. Scoperta nel 1955, è stata chiamata così in onore di Carlo Minguzzi, un mineralogista italiano dell'Università di Padova. Non è chiaro il suo processo di formazione.

Ora viene una serie di quattro minerali estremamente rari:

Dashkovaite, formiato di magnesio Mg(HCOO)2

Dashkovaite

La Dashkovaite a livello mondiale sembra esistere solo in una sperduta località siberiana.
Si presenta come una massa porosa tenerissima biancastra microcristallina.

Formicaite, formiato di calcio Ca(HCOO)2

Formicaite

Anche questa estremamente rara, è stata trovata in depositi boriferi idrotermali, sempre in Siberia.

Abelsonite, è una nichel porfirina NiC31H34N4

Abelsonite

Il minerale, molto organico per così dire, è stato trovato nel 1969 solo in una formazione sedimentaria nello stato dello Utah. Prende il nome in onore del grande geochimico americano P.Abelson.

Earlandite, Ca3[CH2(COO)CHOH(COO)CH2(COO)]2·4H2O
Tutta questa formula per dire che è citrato di calcio.
Si può anche fare mettendo il classico guscio d'uovo nel succo di limone... ma qui è proprio un'altra cosa.
E' stata trovata su gusci di foraminiferi dei sedimenti di acque polari profonde.
L'Earlandite è tipicamente associata con i minerali di gesso nell'unica località nota: il Mare di Weddell nella parte occidentale dell'Antartide, a 2580 m di profondità.
Nemmeno Mindat ha la foto... se volete vedere il vero citrato di calcio dovete andare laggiù!

Strettamente legata alle condizioni ambientali è la Oxammite, ossalato di ammonio (NH4)2(C2O4)·H2O

Oxammite

Si forma, assieme ad altri sali ammonici, nel guano di uccelli marini nell'Isola di Guanape, in Perù.
Vista la sua solubilità, esiste solo grazie alle particolari condizioni climatiche della zona.

Non poteva mancare lo ione ferrocianuro, sotto forma di Kafehydrocyanite K4[Fe(CN)6]·3H2O

Kafehydrocyanite

Trovata nei giacimenti d'oro di Tuva, in Russia e nel deposito di rame di Blyava negli Urali.
Si trova in questi siti nei pozzi minerari sotto forma di pallide concrezioni o piccole stalattiti.
Ma c'è un dubbio: si sospetta che il minerale possa essersi formato a causa dell'acqua inquinata da residui di cianuro impiegato per l'estrazione dell'oro. Vi sono versioni molto controverse in tal senso. Vista la sensibilità ambientale locale e l'inquinamento assoluto della Siberia, rimaniamo col dubbio...

Hoganite, acetato di rame Cu(CH3COO)2·H2O

Hoganite

Gli acetati come minerali naturali sono rari (soprattutto perchè solubili); si è trovata Hoganite nei pressi della infernale miniera di Potosì, in Bolivia. Dico infernale perchè ho visto un eccezionale documentario sulla vita in questa miniera... cose che non si dimenticano. Qui l'Hoganite si è formata accanto Paceite (Cu+Ca) nei depositi di minerale per alterazione con materiale vegetale in decomposizione. E quindi in definitiva un minerale semi-antropico.

Non mancano addirittura minerali organici delle Terre Rare: la Zugshunstite (Ce,Nd)Al[(SO4)2|C2O4]·12H2O, la Levinsonite (Y,Nd,Ce)Al[(SO4)2|C2O4]·12H2O, la Coskrenite, come quella che si vede quì sotto (Ce,Nd,La)2[(SO4)2|C2O4]·8H2O... e complimenti al collezionista che li possiede!

Coskrenite

Questa che segue la aggiungo solo per il suo simpatico e impronunciabile nome: Zhemchuzhnikovite NaMg(Al,Fe)(C2O4)3·8H2O, Kazakhstan!
Il nome di questo ossalato ha fatto scappare perfino le foto...

Termino con un minerale per così dire famoso, la Calclacite, cloroacetato di calcio Ca(CH3COO)Cl·5H2O
La Calclacite è singolare perchè non è presente in natura.
Si è formata su alcuni minerali di calcio conservati nei musei, quando riposti (per meglio dire: abbandonati...) in cassetti o armadi di legno. Il legno in generale, ed in particolare quello di quercia, ha la proprietà di rilasciare lentamente piccole quantità di acido acetico, che può quindi reagire per un lungo periodo con le sostanze acido-sensibili contenenti calcio, formando appunto la Calclacite.
Mi immagino il serio e barbuto professore di quei bellissimi e polverosi musei di un tempo, quando all'apertura di un cassetto chiuso da secoli vede un microscopico cristallino.
Scorre immediatamente il poderoso database del suo cervello (un cervello da tanti "Giga"...) e scopre che ancora non è stato inserito!
-Ma questo è un minerale nuovo!- esclama tutto eccitato... e in quel momento nasce la Calclacite! (da cassetto)

Come è fatta? Più o meno così:

Calclacite

 
 
 

I minerali organici (prima parte)

Post n°225 pubblicato il 12 Marzo 2013 da paoloalbert

La prendo alla larga: una delle mie sintesi utopiche è da tempo quella di preparare l'acido mellitico o acido benzenesacarbossilico (ho ancora da qualche parte tutta la procedura); ma so già che non la farò mai... terribilmente lungo e dispendioso il procedimento e troppo aleatorio il risultato.
Riassumo in due parole cosa si dovrebbe fare: si tratta di ossidare il carbonio (sotto forma di grafite pura) per ebollizione a riflusso con acido nitrico concentratissimo per un centinaio di ore.
Filtrare il residuo ed evaporare sotto vuotto l'acido in eccesso fino a secchezza.
Dovrebbe rimanere alla fine qualcosa di solido...
Esiste anche un altro metodo: ossidazione "insistente" con permanganato in ambiente alcalino... ma siamo lì, meglio lasciar tutto nel paese dei sogni!
L'acido mellitico è anche interessante per la sua inerzia chimica: nasce bollito in HNO3 al 98% e non fa nemmeno una piega se lo buttiamo in H2SO4 concentrato bollente.
Bella scorza, non c'è che dire!

L'avatar dell'autore di questo blog (quel simbolino che mi sono assegnato alla registrazione) è la formula chimica della figlia dell'acido mellitico, ovvero l'anidride mellitica.

Ecco le loro belle strutture di padre e figlia (quest'ultima ha preso tutto dal padre, ma ha fatto una cura per perdere acqua e si è "rinsecchita" chiudendosi su se stessa:

 

Acido mellitico Anidride mellitica 

 

 

 

 

 

 

 

                      (a) Acido Mellitico e (b) Anidride mellitica

 

Questo acido mi ha sempre intrigato per due motivi:

- primo perchè ha una bellissima formula, un benzene interamente circondato da sei gruppi carbossilici;
- secondo perchè un sale dell'acido mellitico è un MINERALE!
Un minerale ORGANICO! Bello due volte allora!

Sì, perchè dire "minerale" e dire "organico" sembra un paradosso, dato che la parola "organico" ci suona sempre come qualcosa che ha attinenza, vicina o lontana, con la biologia.
Naturalmente niente di tutto questo, si tratta di "organico" in senso chimico, cioè di uno degli infiniti composti del carbonio.

A parte i banali carbonati (che non rientrano in questo discorso) i minerali organici sono inaspettatamente abbastanza numerosi (ma sempre pochissimi rispetto alla sterminata famiglia dei minerali), e sono tutti rari o rarissimi.

Ne ho radunati un po' secondo una sequenza puramente indicativa e che non segue un ordine nè chimico nè mineralogico, li metterò semplicemente così come mi vengono.
Anche la loro genesi è del tutto varia, anche se ovviamente non saranno certo minerali magmatici, ma per lo più di origine idrotermale, di alterazione o di leggero metamorfismo.

Parto sicuramente dal primo e più famoso, la Mellite, che come dice il nome ha talvolta un bel colore giallo miele.

 

Mellite

 

E' il sale di alluminio dell'acido di cui sopra, il benzenesacarbossilico o acido mellitico,  Al2C6(COO)6•16H2O
La mellite è un minerale raro, che si presenta in aggregati resinosi e teneri; fu scoperto in una miniera di carbone della Turingia a fine settecento. E' sempre associato a giacimenti carboniferi di poche altre parti del mondo.

Bello anche il seguente minerale: la Julienite, che è un tiocianato di sodio e cobalto Na2Co(SCN)4•8H2O


Julienite

 

Come località tipo si trova nei dintorni di Chamibumba, in una provincia congolese del Katanga.
Trattandosi di cobalto non può essere che lì.
Ma io quando sento nominare la parola "Katanga" devo per forza fare un inciso.
Data la mia anagrafica, ho purtroppo fatto in tempo a sentir troppe volte inneggiare:
"-studente, operaio, prendi una spranga e vieni con noi in Katanga...!".

Che Iddio (o soprattutto la Storia... meglio tutti e due!), conoscendo il Katanga, abbiano pietà di noi.
Con questo patetico ricordo del periodo post-sessantottesco, termino la prima parte di questo divertimento con i minerali organici.

 
 
 

Estrazione del cadmio dal pigmento giallo

Post n°224 pubblicato il 05 Marzo 2013 da paoloalbert
Foto di paoloalbert

Dicono che Van Googh non avrebbe mai potuto dipingere i suoi girasoli senza il Giallo di Cadmio.
Ci credo senza difficoltà, tanto è bello e solare il colore di questo pigmento a base di solfuro di questo metallo.
Vi sono in commercio varie tonalità di "gialli di cadmio", che vanno dal giallo limone all'aranciato, di composizione varia e difficilmente definibile; ogni fabbrica ha la sua formula segreta, fatto salvo l'ingrediente fondamentale.
Il colore dipende inoltre dal modo e dalle condizioni di preparazione del solfuro.
Aggiungo che a base di cadmio esiste un altro interessante pigmento, rosso questa volta, ed è il seleniuro CdSe.
I fedeli lettori di questo blog ricorderanno che tempo addietro avevo fatto il tentativo (perfettamente riuscito!) di estrarre il selenio dal pigmento rosso, tralasciando il metallo; oggi farò il contrario: estrarre il cadmio metallico dal giallo di Van Googh, scartando lo zolfo!
Girovagando in rete ho trovato questa bella esperienza che sfrutta in maniera didattica la legge dell'azione di massa e del prodotto di solubilità.
Come il solito cito soltanto i concetti teorici e non approfondisco (per questo ci sono il libri, o magari, se si ha fretta, ci si può rivolgre al più venerato di tutti i Santi moderni, San Google...).

La reazione da sfruttare in questo esperimento è la seguente:

CdS + CuSO4 --> CuS + CdSO4

Ma avviene una reazione del genere? CdS è del tutto insolubile in acqua! Ma verrà solo una pappetta gialla verdastra!

No, non viene una pappetta gialla verdastra... il trucco sta nello sfruttare il bassissimo prodotto di solubilità (Kps) del solfuro di rame rispetto a quello di cadmio.
Allora, se mettiamo in contatto il CdS (che è appunto apparentemente del tutto insolubile) con un sale di rame, quei pochissimi ioni solfuro S2- che saranno in soluzione (il Kps del CdS è 1*10-27) reagiranno con gli ioni rame a formare il CuS, il quale, avendo un Kps molto più basso (8*10-37) precipiterà e si sottrarrà all'ambiente. E lui che comanda in questo caso, avendo il prodotto di solubilità inferiore!
Ma se ioni S2- sono stati così consumati per formare CuS, altro CdS dovrà sciogliersi (per la legge dell'azione di massa il prodotto Cd2+ e S2- deve essere costante) e il ciclo potrà continuare... fino al consumo totale del solfuro di cadmio che si sarà trasformato in solfato e alla precipitazione totale del rame che si sarà trasformato in solfuro!
Ecco che alla fine avremo ottenuto ioni cadmio in soluzione, sfruttabili per qualsiasi reazione.

Veniamo alla pratica.

Ho sciolto 22 g di solfato di rame in 100 ml di acqua calda e vi ho aggiunti poi 15 g di CdS pigmento, mescolando bene e portando pian piano all'ebollizione.
Ho usato un difetto di solfato rispetto al teorico per non avere poi sali di rame solubili nella soluzione finale.
Il colore passa subito dal giallo verdastro (giallo intenso + azzurro tenue) ad una tonalità sempre più scura, indice delle formazione del nerissimo solfuro di rame.
Lasciar bollire dolcemente per una ventina di minuti; alla fine la sospensione sarà assolutamente nera.
Non ho filtrato ma ho lasciato decantare tranquillamente, separando con una pipetta il liquido limpido dal fondo insolubile.
Saggiando la soluzione con ammoniaca e solfuro ammonico non si deve avere colorazione rispettivamente azzurra e nera, segno che tutto il rame è precipitato come solfuro.
Ottenuta la soluzione di solfato di cadmio si può procedere alla separazione di questo sale per evaporazione, cosa che farò in una esperienza successiva; siccome oggi si voleva ottenere solo il metallo, passiamo alla seconda fase del lavoro.

Il cadmio, essendo meno elettronegativo dello zinco (-0,40 V contro -0,76 V) viene da questo precipitato facilmente dalle sue soluzioni.
Ho immerso nella soluzione di CdSO4 una laminetta ben pulita di zinco, che si è istantaneamente ricoperta da una patina nera di cadmio metallico finemente suddiviso; ho lasciato in immersione per una giornata, ogni tanto staccando con una spatolina il prodotto aderente (ma non è indispensabile, quando il cadmio comincia a "pesare" si stacca da solo).

CdSO4 + Zn --> Cd + ZnSO4

Alla fine si può controllare che la reazione sia completa con una goccia di solfuro ammonico: non si deve avere nessuna tonalità gialla nel precipitato ma solo il bianco del solfuro di zinco.
Ho filtrato e lavato più volte, mettendo poi ad asciugare all'aria.
Ho ottenuto la polvere grigio scura che vediamo nell'immagine, accanto al giallo intenso del materiale di partenza (in realtà giallo puro, senza la nota verdastra della foto).

 

Cadmio e solfuro


Il metallo così suddiviso si ossida facilmente per riscaldamento ben prima della fusione(321°), trasformandosi in ossido CdO bruno rossastro.Per fusione con cloruro ammonico il più possibile fuori del contatto dell'aria si può ottenere un bottoncino di cadmio metallico nella sua forma più classica (ho provato molto in piccolo, le foto non sarebbero state significative).

Ho ottenuto alla fine 7,9 g di metallo, pari a circa il 68% di resa; non mi aspettavo di più, considerando che ho scartato il CuS inglobante parecchia soluzione, i vari passaggi e che il materiale di partenza sicuramente non è CdS puro, ma solo un pigmento commerciale.

 

Cadmio

Ecco il cadmio polvere

 
 
 

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