Creato da paoloalbert il 20/12/2009

CHIMICA sperimentale

Esperienze in home-lab: considerazioni di chimica sperimentale e altro

 

Messaggi di Ottobre 2013

La pianticella che ama i ruderi

Post n°251 pubblicato il 25 Ottobre 2013 da paoloalbert

Ho vicino a casa, chissà perchè, un bell'assortimento di pianticelle di Chelidonia.
Se c'è in giro un vecchio muro lei se ne sta là vicino.
La Chelidonia mi accompagna fedele da anni nel perimetro della mia rustica "officina" tentando anche di invadere un po' dell'orto che ne è confinante, il quale, essendo rigorosamente riservato alle verdure per il pranzo e la cena, mal la sopporta.
Quest'erba evidentemente ama moltissimo le zone ruderali perchè la trovo immancabilmente a ridosso dei fabbricati e più raramente in terreno aperto.
Quella che ho fotografato si è fatta strada tra due antichi scalini, mangiando quel po' di humus che ristagna nella fessura della scala in pietra della legnaia.

 

Chelidonia 1


Non mi sogno di parlare delle proprietà di questa pianta officinale, perchè basta scrivere "chelidonia" su Google e si trova tutto quel che si vuole; invece è interessante perchè, immersi in un succo arancione caustico e fortemente colorante, contiene anch'essa degli alcaloidi (chelidonina, cheleritrina, sanguinarina).

Una curiosità: mi è capitato in passato di dovermi liberare di pianticelle abbastanza grandi e numerose tanto da dover usare addirittura il decespugliatore, il quale, ruotando ad alta velocità, libera nell'aria tracce di linfa vegetale.
Ebbene, se non si è dovutamente accorti, bastano queste tracce inalate respirando per trovarsi un sapore amarissimo in bocca, con un effetto estremamente sgradevole e persistente.
Ecco la formula della chelidonina:


 
Chelidonina

Già che si parla di alcaloidi, potevo mancare di provare il mio solito simpatico reattivo di Marme anche su questa pianticella? No, non potevo...
E allora consumiamo un'altra puntina del prezioso ioduro di cadmio ed un po' di KI per preparare il reattivo ed estraiamo alla buona un po' di succo dagli steli e via col test!
Ho fatto questa prova in maniera del tutto estemporanea e senza badar tanto al sottile; la giornata era brutta e fredda, queste son cose che si fanno meglio d'estate che nell'autunno di mezza montagna.

gAd  oni modo ecco i risultati: a sinistra la soluzione acquosa del succo e a destra la medesima dopo l'aggiunta di qualche goccia di reattivo di Marme. 

 

Chelidonia 2

  Chelidonia 3

 

 

 

 

 

 

 

Si nota immediatamente un forte intorbidamento, segno che il reattivo è sensibile anche agli alcaloidi della chelidonia; naturalmente nulla è reperibile in bibliografia a questo riguardo, trattandosi di sostanze che esulano dai classici alcaloidi trattati con questi semplici rivelatori del passato.

 
 
 

Anche le valvole muoiono

Post n°250 pubblicato il 19 Ottobre 2013 da paoloalbert
Foto di paoloalbert

Sì, anche le valvole (quelle elettroniche intendo) muoiono, e ci sono per loro tre modi di morire, due traumatici e uno per consunzione.
(A dir il vero c'è stato anche un quarto modo, ed quello che le ha fatte morire tutte in un colpo: la tecnologia che avanzando le ha spiazzate sostituendole con qualcosa di molto più piccolo ed efficiente... ma facciamo finta di essere ancora nell'era preistorica dei tubi a vuoto).
 
La morte per consunzione è il più naturale ed intuitivo: siccome tutto ciò che lavora si consuma, è ovvio che a forza di emettere elettroni il povero catodo (un tubicino rivestito di ossido di bario) riscaldato dal filamento ad un certo punto si stancherà di emetterli e la valvola verrà dichiarata "esaurita"
Ma ciò succede dopo migliaia di ore di onesto funzionamento, è un decadimento progressivo ma molto lento.
Le due morti traumatiche sono invece istantanee, come un umano infarto fulminante.
La prima è quando si interrompe il filamento che riscalda il catodo.
Il filamento è un sottile filo di tungsteno (esattamente come quello di una lampadina) e come tale può "bruciarsi".
Esso lavora a tensione e temperatura molto più basse di quelle di una lampadina, ma per cause accidentali può interrompersi. Ciò succede raramente, ma succede.
Allora il catodo che lo circonda non sarà più riscaldato, gli elettroni non verranno più emessi e la valvola verrà dichiarata "bruciata".
 
Vedete ora nella foto qui sotto quella macchia bianca sulla testa della EL34?

 

EL34 1

 

E' un bruttissimo segno, vuol dire che la valvola è morta per la seconda causa traumatica.
E' quella che avviene quando, per cause imprecisate, entra dell'aria nella valvola da una microscopica incrinatura del vetro.
Allora gli elettroni, anzichè poter andarsene dal catodo all'anodo indisturbati in un vuoto quasi cosmico, incontrano montagne di molecole di gas e non riescono più a staccarsi dal loro emettitore.
In questo raro ma ancora possibile caso si dichiara che la sfortunata valvola "ha perso il vuoto".
E' esattamente quello che è successo alla mia EL34, dopo anni di onorato servizio in un alimentatore stabilizzato da qualche centinaio di volt.
 
La EL34 è una valvola octal (zoccolo grande a otto piedini) e precisamente un pentodo di potenza, usato per lo più come tubo finale in amplificatori audio.
Ora, con la moda degli audiofili valvolati, è ancora reperibile senza difficoltà, quasi sempre ex made in Russia o made in Ciaina.

Ricordo che da piccolo avevo letto da qualche parte che la placca delle valvole (l'anodo viene chiamato così) era costruita in molibdeno. C'avevo sempre creduto poco, ma stavolta mi son proprio levato la curiosità di verificarlo, visto che avevo una bella valvolona pronta al sacrificio.
Ammazzare una valvola ancora viva mi sarebbe dispiaciuto e non l'avrei fatto.
 
Allora... mano al martello e via una bella pacca sulla pancia della EL34 debitamente avvolta in uno straccio.
La foto seguente mostra l'interno: ciò che si vede meglio è la placca, all'interno della quale vi sono gli altri elettrodi, ovvero il catodo e le tre griglie.
Il tutto è compreso ed isolato tra due dischetti di mica muscovite di prima scelta.

 

EL34 2

 

Per veder meglio occorre togliere la placca, ed quello che ho fatto per le foto successive.

 

EL34 3

EL34 4

 

 

 

 

 

 

 

Si intravvedono le sottilissime griglie spiralate attorno al catodo centrale; la distanza reciproca tra i vari elettrodi ed il passo di avvolgimento determinano le caratteristiche elettriche specifiche di "quella" valvola rispetto alle numerosissime altre. 

(La EL34 è un pentodo perchè ha cinque elettrodi: il catodo, la placca e tre griglie).
 
Rimane ora l'analisi degli elettrodi: vediamo di cosa sono fatti.

Taglio un frammento di quella sottilissima laminetta (anodizzata scura per un migliore scambio termico) e via con un po' di HCl... si scioglie alla grande!
Ad un po' di soluzione aggiungo cautamente NaOH ed il colore verdino già mi insospettisce... beh, la voglio far breve: alla fine risulta volgare ferraccio, testimoniato rosso su bianco e blù su bianco rispettivamente dal tiocianato e dal ferrocianuro.
Una banale calamita (che non ho voluto usare subito per scaramanzia) ha messo la pietra definitiva sulla faccenda.
Ferraccio ancora una volta! Sottilissimo lamierino ben presentato ma sempre ferraccio!
(Esistono valvole speciali nei quali la placca è di altri materiali più nobili, ma sono valvole speciali che esulano da questo discorso che parla di tubi comuni).
 
E gli altri elettrodi? Questi almeno sono veramente di nichel come supposto?
Ancora un po' di acido (adesso tocca all'HNO3) e sarò breve anche stavolta: con NaOH vien giù il bel verde mela dell'idrossido di nichel, poi controfirmato dalla dimetilgliossima.
E' nichel, non ci piove!
 
Non ho controllato il sottilissimo deposito bianco che riveste il catodo, ma questo so già per certo che è ossido di bario (magari anche con SrO) perchè queste sostanze hanno un alto potere emissivo di elettroni anche alla temperatura relativamente bassa del calor rosso al quale il catodo viene riscaldato.
 
Onore e gloria alla povera e vetustissima EL34: si era resa utile da viva e lo è stata fino all'ultimo, sacrificandosi per la scienza anche da morta...

 
 
 

I frutti della Metel

Post n°249 pubblicato il 09 Ottobre 2013 da paoloalbert

Ora che la meravigliosa estate che citavo nel post n.240 è finita, ne rimangono... i frutti.
La bella pianta di Datura metel del 240 ha prima trasformato i fiori in piccole palline bitorzolute che poi si sono evolute, cresciute e sbocciate come vediamo.
Contengono tanti piccoli semi ovoidali schiacciati, durissimi e naturalmente molto amari e velenosi, come si conviene agli alcaloidi tropanici tipici delle solanacee Datura (scopolamina, atropina, hyosciamina, ecc.).

 

Metel frutti


Come avevo preannunciato ho fatto qualche piccolo test su questi semini, condotti in maniera veloce ed estemporanea (e sui quali non mi soffermo), coi reattivi di Liebermann (NaNO2 in H2SO4) e di Wagner (I2 in KI acq.) che la bibliografia cita, fra gli altri, per questi alcaloidi.
Ecco il risultato del primo test: la colorazione rossastra conferma la presenza degli stessi.

 

Metel test


Ho provato anche col reattivo di Marme (CdI2 in KI acq.), ma con esito negativo.
Alla fine dell'inverno proverò a piantare alcuni semi in qualche angolo ombroso, e dedicherò gli eventuali virgulti proprio alla faccia di chi ritiene le "sostanze chimiche" tutte cattive e le "sostanze naturali" tutte buone.

 

Stramonio


A proposito di alcaloidi dei quali poco o per niente si parla: ho vicino a casa delle altre pianticelle del tutto spontanee... che presenterò in una prossima occasione.

 
 
 

La Tenda Rossa - Parte terza

Post n°248 pubblicato il 03 Ottobre 2013 da paoloalbert
Foto di paoloalbert

Dicevamo dunque:
PERCHE' I NAUFRAGHI SENTIVANO BENISSIMO LA NAVE, E LA NAVE NON SENTIVA LORO?
(La nave era la "Città di Milano" ancorata alla Baia del Re alle Svalbard ed i naufraghi si trovavano sulla banchisa polare, ad un centinaio di chilometri di distanza).

Questo accadeva per tre buonissimi motivi:

- Innanzitutto vi erano da spedire gli articoli che i giornalisti accreditati inviavano alle redazioni, ognuno con la propria personale fantasiosa opinione sulla sorte della spedizione (bastava che il titolo da mettere in prima pagina fosse ad effetto, e possibilmente tragico).

- Poi c'erano tutti i messaggi personali dei componenti l'equipaggio; la priorità e durata dei quali erano direttamente proporzionali alla posizione gerarchica di chi li inviava.

- Poi venivano i lunghi comunicati ufficiali del Comandante Romagna, il quale, pur per ora non apertamente ostile a Nobile, non voleva pestare i piedi a nessuno a Roma ed aveva subito sposato la comoda tesi che nessuno del dirigibile era sopravvissuto alla caduta sul pack, e quindi tanto meno nessuno aveva una radio funzionante a disposizione.

- Quindi, perchè perdere tempo ad ascoltare?

Romagna era inoltre del tutto ignorante in fatto di comunicazioni radio, contrariamente a bravissimi operatori che si trovavano a bordo ma che non avevano alcuna autorità nello stabilire i turni di sorveglianza sulle frequenze di ascolto né sull'uso di questo nuovo miracoloso strumento, che, allora come adesso, diventa miracoloso solo se in mano a persone affidabili.
E' interessante notare come durante il periodo del disastro, Marconi si trovasse a bordo del suo panfilo Elettra*** e proprio il Padre della radio fosse costantemente sintonizzato sui messaggi provenienti dalla "Città di Milano": ebbene, oltre il 90% dei comunicati ricevuti riguardavano questioni private degli ufficiali e dell'equipaggio, tant'è che in seguito Marconi ebbe a dire:

-"Non c'è affatto da meravigliarsi che nessuno degli SOS dei superstiti dell'aeronave sia stato ricevuto dagli operatori radio della "Città di Milano. Quegli individui non stavano certo prestando alcuna attenzione a segnali esterni di soccorso!"-.

A leggera discolpa (molto leggera...) si può forse considerare che la nave appoggio era un po' troppo vicina ai naufraghi per la lunghezza d'onda usata (33 m) e poteva essere in zona d'ombra per i segnali e per di più in territorio polare, dove per gli effetti della propagazione le comunicazioni radio in onda corta sono sempre problematiche anche adesso; poi si può considerare la debole potenza di trasmissione della stazione campale rispetto a quella della nave, anche se tutti i radioamatori sanno che la potenza non è mai determinante per il collegamento, rispetto “al manico”, ovvero alle capacità di chi opera.
Infatti, quando poi si volle ascoltare seriamente, si sentì tutto quello che c'era da sentire, compreso Biagi dalla Tenda Rossa che si sgolava da un mese, sperando che le batterie tenessero un po’ di carica!

La storia rimane drammatica anche dopo il salvataggio di Nobile da parte del pilota norvegese Lundborg, per le conseguenze umane che ciò comportò per il Generale, destinato fin dall'inizio a diventare o un eroe nazionale o una pezza da piedi; il trattamento disgustoso (la sua colpa era di essere in quel momento un perdente) che egli subì già a bordo della nave appoggio e poi in seguito a Roma da parte delle gerarchie fasciste è cosa che può essere approfondita per chi abbia voglia di rileggersi queste pagine di "gloria" italiana.

Col senno di poi, si può considerare che gloria fu davvero, sia per chi morì che per coloro che sopravvissero agli stenti, ai pericoli, alle colpevoli manchevolezze di chi avrebbe potuto fare e non fece per inettitudine o servilismo, lasciando ancora una volta al "volontariato" l'ingrato compito di risolvere le situazioni penose.

Bibliografia:
Giuseppe Biagi - Biagi racconta... - Mondadori 1929
Wilbur Cross - Disastro al polo - Corbaccio 2000
Alfredo Nobile - La verità in fondo al pozzo - Mondadori 1978
R. Samoilovic - S.o.s. nel Mare Artico - Bemporad 1930
Cesco Tomaselli - L'inferno bianco - Nordpress 1998
Alfredo Viglieri - 48 giorni sul Pack - Mondadori 1929
... e altri che ora mi sfuggono

 

***[Un piccolo appunto sull'Elettra, il panfilo marconiano, quello delle luci di Sidney.

La nave, requisita dai tedeschi dopo l'8 settembre, fu bombardata e arenata a Zara. Fu poi recuperata e restituita all'Italia nel 1960 e tenuta i semiabbandono a Trieste e Venezia fino al 1977 quando... fu fatta a pezzi dal governo italiano.
Mancavano i soldi per il restauro. Da noi mancano sempre i soldi per certe cose.
Per altre invece ci sono sempre, a volontà. Nessun problema
.
Alla fine tutto fu in regola. C'era la firma del ministro per legalizzare lo scempio? Eccome se c'era! E allora... all'attacco con la fiamma ossidrica!
Se fosse stata salvata e trasformata in nave-museo, ora tutto il mondo (civile) ce l'invidierebbe.

A Londra, a Stoccolma, a San Pietroburgo, a Oslo ho sempre fatto la coda per visitare navi-museo.
Ho sempre pagato e contribuito, come milioni di altri visitatori, al loro salvataggio fatto anni prima da persone intelligenti.
Qui, ai miei e agli altrui soldi (successivi) hanno preferito lo scempio (preventivo)].

 
 
 

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