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« L'ALTRA FACCIA DEL DISPERATOIN LIBANO SARA’ UNA GUER... »

LENIN ED IL TERRORE

Post n°67 pubblicato il 23 Agosto 2006 da paologis
 

Visto che c’è chi viene a parlare di pace firmandosi con il nome di chi ha teorizzato il terrore mi sento in dovere di citare qualche affermazione di Vladimir Il'ič Ul'janov detto Lenin.

 

In “Da dove cominciare” (1901) ricorda: "In linea di principio noi non abbiamo mai rinunciato e non possiamo rinunciare al terrorismo".

Con “Che fare?” (1902) si pronuncia per la trasformazione del partito marxista russo in un partito di "rivoluzionari professionali" ideologicamente compatto, retto da una ferrea disciplina e pronto a guidare l'insurrezione armata.

In “Due tattiche della socialdemocrazia” (1905) dichiara esplicitamente obiettivi e forme del terrore di massa: "regolare i conti con lo zarismo e l'aristocrazia alla plebea, sterminando implacabilmente i nemici della libertà".

Convocato nel 1907 davanti al Consiglio del partito per l'asprezza delle critiche ai menscevichi, ammette di avere perseguito consapevolmente una tattica indirizzata a diffamare l'avversario politico e a creare odio nei suoi confronti: egli pensa che il rivoluzionario non debba essere trattenuto da alcuno scrupolo morale.

“Lezioni della Comune” (1908): la rivoluzione proletaria della Comune è fallita per l'eccessiva generosità del proletariato; "avrebbe dovuto sterminare i suoi nemici", invece che "esercitare un'influenza morale su di loro".

In “Stato e rivoluzione” (1917) sviluppa le idee di Marx ed Engels sulla Comune, insistendo sul fatto che la dittatura del proletariato è incompatibile col parlamentarismo e che il proletariato rivoluzionario deve "spezzare" la macchina dello stato borghese.

In “I bolscevichi conserveranno il potere?” (1917) afferma: "La rivoluzione è la lotta di classe e la guerra civile più acuta, più selvaggia e più esasperata", richiede un "uso implacabilmente duro, rapido e deciso della violenza".

Ne “La dittatura del proletariato e il rinnegato Kautsky” (1918) attacca duramente il leader socialista tedesco, che difende il metodo democratico e critica l'autoritarismo dei bolscevichi.

Nel luglio 1918 attacca decisamente Zinovev che ha trattenuto i bolscevichi di Pietrogrado dallo scatenare il "terrore di massa": "Bisogna stimolare forme energiche e massicce del terrore contro i controrivoluzionari".

E' stato pubblicato recentemente un documento del 1918 nel quale Lenin scrive di suo pugno che le rivolte contadine "devono essere represse senza pietà". Ordina ai comunisti di un villaggio: "impiccate senza esitare, così la gente vedrà, almeno cento noti kulaki, ricchi, sanguisughe".

Nel 1919 afferma: "Noi non riconosciamo né libertà né uguaglianza né democrazia del lavoro, se queste cose si oppongono agli interessi dell'emancipazione del lavoro dall'oppressione del capitale".

In “L'estremismo, malattia infantile del comunismo” (1920) scrive: "Bisogna affrontare tutti i sacrifici e - in caso di necessità - ricorrere a tutte le astuzie, a tutte le furberie, ai metodi illegali, alle reticenze, all'occultamento della verità, pur di introdursi nei sindacati, pur di rimanere in essi, pur di svolgervi a qualsiasi costo un lavoro comunista". Teorizza la "violenza sistematica contro la borghesia e i suoi complici", parla di "ripulire il suolo della Russia di qualsiasi insetto nocivo; delle pulci: i furfanti; delle cimici: i ricchi, etc.". Parla di "lotta finale", di "guerra implacabile", di "annientamento implacabile" e di "sterminio sanguinoso dei ricchi". Definisce i borghesi "parassiti" e "vampiri".

Scrive a Stalin nel 1922 "noi purificheremo la Russia per molto tempo"; e, sempre nel 1922, a Kurskij, a proposito della sostituzione della Cheka con la Gpu e i metodi legali: "Il tribunale non deve eliminare il terrore; prometterlo significherebbe ingannare se stessi o ingannare gli altri; bisogna giustificarlo e legittimarlo sul piano dei principi, chiaramente, senza falsità e senza abbellimenti. La formulazione deve essere quanto più larga possibile, poiché soltanto la giustizia rivoluzionaria e la coscienza rivoluzionaria decideranno delle condizioni di applicazione più o meno lunga".

 

Non mi sembra proprio che i concetti espressi sopra da Lenin possano essere un esempio di pace, libertà ed uguaglianza ma più che altro mi ricordano le idee di un tiranno sanguinario antidemocratico.

Non ha senso parlare di pace ispirandosi a questo personaggio.

Il comunismo vuole l’uguaglianza in un senso solo: i morti sono tutti uguali.

 

Un minuto di raccoglimento per i circa 100 milioni di esseri umani morti in nome di questa folle ideologia rappresentata dalla bandiera rossa con sopra falce e martello.

 
 
 
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Data di creazione: 27/04/2006
 

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