I due Messia

La Carestia del 35-36 d.C.


Secondo gli studi del “Biblista” Emilio Salsi una GRAVE CARESTIA si verificò in Giudea nel 35 e 36 d.C. e tale evento fu una delle cause scatenanti che alla testa degli Zeloti, spinsero l’ebreo rivoluzionario Giovanni il Nazireo detto “Gesù Cristo” nato a Gamala, figlio di Giuda il Galileo, alcuni giorni prima della festa delle Capanne del 35, a prendere il potere in Gerusalemme facendosi proclamare Re dei Giudei. A tale obiettivo concorsero i pellegrini dell’ecumene ebraica, soprattutto Galilei, Idumei, Giudei e gli abitanti di Gerusalemme, già esasperati dagli stenti legati alla carestia, in rivolta contro il potere imperiale e l’aristocrazia religiosa filo romana. Alla fine di impedire che tale calamità, unitamente ad altri eventi accaduti fra il 34 e il 36 d.C., tipo l’intervento della Regina Elena che inviò i suoi attendenti ad Alessandria per acquistare ingenti quantità di grano, ed altri a Cipro per carichi di fichi secchi o anche l’intervento di suo figlio Izate che a sua volta mandò ai capi di Gerusalemme una grande somma di denaro, richiamasse l’attenzione degli storici curiosi inducendoli a indagare e scoprire che il 36 d.C. fu la data della morte di “Gesù Cristo”, o peggio ancora, individuare che l’uomo veramente esistito non corrispondeva ideologicamente, all’essere soprannaturale creato su di lui da una setta religiosa molto tempo dopo… consapevole di ciò, San Luca, l’impostore, decise di far slittare in avanti di oltre dieci anni la notizia riguardante la carestia: sotto CLAUDIO anziché sotto TIBERIO!E’ utile precisare che Giovanni di Gamala, lo Zelota, detto “Gesù-Cristo”, Proclamato Re dei Giudei e Sommo Sacerdote alla suddetta festa delle Capanne nel 35 d.C. come nuovo Signore dei Giudei e loro Salvatore sentiva su di sé una responsabilità enorme nei confronti del popolo che lo aveva osannato: infatti l’attendeva l’onere di fronteggiare la carestia costringendolo insieme ai suoi gruppi armati di Zeloti a continue incursioni nelle zone rurali, attaccando i poderi dei ricchi aristocratici filo romani, incendiandoli e uccidendo chi opponeva resistenza dopo averli depredati delle misere scorte ancora rimaste. Con la stessa efferatezza venivano presi di mira i villaggi agresti dei Samaritani, saccheggiati e poi anch’essi dati alle fiamme. Le razzie si protrassero per tutta la durata dell’inverno, sin quando giunsero dei pellegrini al Tempio, per purificarsi prima della Pasqua, e portarono la notizia che Artabano, Re dei Parti, era stato sconfitto e le legioni romane, già entrate nel distretto della città, stavano marciando su Gerusalemme. Giovanni di Gamala detto “Gesù Cristo” resosi conto di non poter combattere contro lo strapotere delle truppe di Roma comandate da Vitellio , che avevano circondato la città, si consegnò ai romani per scongiurare una mattanza; e mentre Giuda, Simone e Giacomo, suoi fratelli , si dileguano nella notte fra i vicoli della città, lui il giorno successivo, dopo un lungo, inutile interrogatorio, sotto tortura per far confessare i nomi dei complici e i particolari sull’organizzazione rivoluzionaria, viene crocefisso pubblicamente, come monito per gli Ebrei, fuori dalle mura di Gerusalemme, per rimarcarne la sottomissione all’Impero Romano. Gli Esseni, gli Zeloti, i Farisei, i Sadducei e il popolo tutto, assitono impotenti alla sua morte “fra i più atroci tormenti d’ogni sorta fino all’ultimo istante di vita”… in silenzio consapevoli del suo significato.Stralcio del libro di Emilio Salsi: Giovanni il Nazireo detto “Gesù Cristo” e i suoi Fratelli.