I due Messia

Yeshua ben Pandera (Seconda Parte)


Di fronte agli sforzi interpretativi degli esegeti cristiani, sorge spontanea una domanda: "E'decisamente più credibile l'esistenza reale di un soldato chiamato "Panthera" (o simile), colpevole insieme a Maria di un "peccato di gioventù", piuttosto che una maternità virginale per intervento dello Spirito Santo, di fronte alla quale i diffamatori giudei non avrebbero trovato di meglio che scimmiottare il termine greco di vergine (parthenos) al quale a ben vedere, Panthera nemmeno somoglia poi tanto?Oltre tutto il nome Panthera si ritrova in iscrizioni di soldati romani in Palestina. Si tratterebbe di Tiberius Julius Abdèus Panther (Tiberio Giulio Abdeo, detto Panthera), milite dell'esercito romano nel quale, probabilmente, rivesti il grado di centurione, di una coorte militare di guarnigione in Palestina fino al 9 d.C. Successivamente fu trasferito in Germania e mori all'età di 62 anni vicino all'attuale Bingerbrùck dove è stato trovato un monumento funebre in cui appare inciso il suo nome.D'altra parte se il fatto fosse calunnioso e il nome Panthera inventato, i Padri della Chiesa non avrebbero cercato di ingenerare confusione con il consueto trucco, già collaudato nelle scritture evangeliche, di nominare persone giuste nel posto o nel ruolo sbagliato: il nome di Pandera, evidentemente noto in antichità giudaiche ed effettivamente sospettato di essere il padre di colui che nel frattempo era diventato Gesù, appare nelle sdegnate smentite di Origene. Al fine di controbattere la diffamanete storia, egli scrisse che Panther era il soprannome di Giacomo nonno di Gesù, cosa successivamente certificata nelle genealogia ricostruita da San Giovanni Damasceno.La menzione, contro ogni uso dell'epoca, di quattro donne (peraltro di pessima fama) nella genealogia di Gesù riportata da Matteo, potrebbe essere stata ugualmente ispirata dall'intento di allontanare da Maria qualsiasi sospetto screditante, direzionando l'infamia su diversi soggetti già noti per via della stessa.Le fonti rabbiniche, in sintonia con le asserzioni di Celso, si riferiscono al concepimento di Gesù come al frutto di una relazione adulterina di Miriam (Maria) con Giuseppe Pandera, a seguito della quale la stessa sarebbe stata abbandonata dal promesso sposo di nome Giovanni."... Vicino alla sua casa abitavano una vedova e la sua bella e casta figlia, chiamata Miriam. Miriam era promessa a Giovanni, della stirpe reale di David, un uomo istruito nella Legge e timorato di Dio. Alla fine di un Sabbath, Giuseppe Pandera, bello e in apparenza simile a un guerriero, avendo ammirato Miriam con lussuria, bussò alla sua porta e la ingannò, fingendo di essere il suo promesso sposo, Giovanni. Anche così, ella fu stupita da questa cattiva condotta e si sottomise soltanto controvoglia.Più tardi, quando venne da lei Giovanni, Miriam si lamentò del suo comportamento, così diverso da quello consueto. Fu così che i due si resero conto del misfatto di Giuseppe Pandera e del terribile sbaglio da parte di Miriam. In seguito a ciò, Giovanni andò dal maestro Shimeon ben Shetah e gli raccontò della tragica seduzione. Poichè mancavano i testimoni necessari per la punizione e Miriam aveva concepito un figlio, Giovanni partì per Babilonia.Miriam partorì un figlio maschio e lo chiamò Giosuè, come suo fratello. Questo nome più tardi fu deformato in Gesù. L'ottavo giorno, (il bambino) fu circonciso. Quando fu abbastanza grande il ragazzo vene portato da Miriam nella scuola, per essere istruito nelle tradizioni dei Giudei".Similmente, nel "Trattarello Kallah" (1b) viene riferita la confessione di Maria al rabbi Akibah, estortale con la falsa promessa della salvezza nella vita futura: "... Il giorno che mi sposai avevo le mestruazioni, e a causa di ciò, mio marito mi lasciò. Ma uno spirito malvagio venne e giacque con me e da quel rapporto mio nacque questo figlio".Con la discendenza del personaggio di Gesù dal soltato romano chiamato Panthera, trova una spiegazione anche l'appellativo altrimenti oscuro di "Cristo il romano" riportato nell'antico libro sacro di Giovanni, custodito dai Mandei". Di Giancarlo Tranfo: La Croce di Spine. (pag. 206-207)