paradossi

dé mentja


Un feroce narvàlo o nàrvalo attraversava un guado con felino interesse. Ora voi non avete la più pallida idea di quanto possa esser feroce il narvalo d'acqua dolce quando sia convinto di appartenere ad una specie carnivora! Andava sondando il fondo con il becco a spatola come una rozza razza nei suoi giorni migliori. Improvvisamente vide sul monitor un pixel ridondante e gli scrisse una mail chiedendogli notizie del suo unicorno destrorso. Dopo qualche bracciata, il pixel gli fece recapitare un telegramma criptato in gotico moderno con tutte le indicazioni per riscattarlo. Purtroppo il narvàlo o nàrvalo non conosceva il linguaggio informatico, dovette uscire allo scoperto e rivolgersi ad uno stenodattilo del cretaceo inferiore per codificare il messaggio. Gli costò un occhio della testa... (forse che ne esistano altri in alternativa?!?).. al fine ottenne una esatta toponomastica con dentiera del luogo. Il ratto era stato perpetrato (forse anche muschiato) con perversa sagacia da una banda di fescatori di prodo che ciurlando nel manico (come spadellano le migliori capinere in amore), volevano infilzare le frottole di mare tanto agognate dai turisti mendaci del posto. Trovò la sua prominenza conficcata nel limo avulso di una salina rinfrancata, ormai infestata da ragadi e crumiri, la estrasse (forse sarebbe meglio dire estracque) con decisione demagogica sventrando una laconica vetrata (pesce abissale ndr.) che passava inutile e piuttosto sardonica (per via delle origini). Fiero del ritrovamento si diresse (al pari delle migliori orchestre) munito di un astrolabio equestre al vicino centro astronomico tolteco per il reinnesto. Gli dissero che l'operazione avrebbe avuto luogo solo con luna calante il successivo luglio. Fu allora che il nàrvalo narvàlo si erse in tutta la sua statura pìù quella di qualche vicino insospettabile e disse una cosa che nessuno capì mai (e pertanto non è riportabile).Liberamente tratto da: "I sogni di un pescatore ambidestro" di Cesare Molluschi Cefali