philocalia

Va pensiero...


      "19 giugno 1840 una terza bara esce da casa mia! ... Ero solo!... Solo!... Nel volgere di circa due mesi tre persone a me care erano sparite per sempre: la mia famiglia era distrutta!... Coll'animo straziato dalle sventure domestiche,esacerbato dall'insuccesso del mio lavoro, mi persuasi che dall'arte avrei invano aspettato consolazioni, e decisi di non comporre mai più!..."  Queste sono le parole scritte da Giuseppe Verdi nel momento peggiore della sua vita; tuttavia è proprio in tale periodo che nasce l'opera del Nabucco, composta su libretto di Temistocle Solera, con il celebre coro del Va Pensiero, conosciuto anche come Coro degli Schiavi Ebrei che esprime la nostalgia degli esuli per la patria. Nella seconda metà del diciannovesimo secolo, il "Va Pensiero" diventa simbolo di aspirazione alla libertà e alla resistenza del nuovo popolo italiano dalla sottomissione al dominio austriaco. Ma, ascoltiamo ancora le parole di Verdi mentre ritorna a casa con il manoscritto di Solera, datogli dall'impresario del teatro alla Scala di Milano: Bartolomeo Morelli, perché lo mettesse in musica....  "Strada facendo mi sentivo indosso una specie di malessere indefinibile, una tristezza somma, un'ambascia che mi gonfiava il cuore!...Rincasai e con un gesto quasi violento, gettai il manoscritto sul tavolo, fermandomisi ritto in piedi davanti. Il fascicolo cadendo sul tavolo stesso si era aperto: senza saper come, i miei occhi fissano la pagina che stava a me innanzi, e so affaccia questo verso: VA PENSIERO, SULL'ALI DORATE.Scorrono i versi seguenti e ne ricavo una grande impressione, tanto più che erano quasi una parafrasi della Bibbia, nella cui lettura mi dilettavo sempre. Leggo un brano, ne leggo due: poi, fermo nel proposito di non scrivere, faccio forza a me stesso, chiudo il fascicolo e me ne vado a letto!... Ma sì... Nabucco mi trottava per capo!... il sonno non veniva: mi alzo e leggo il libretto... tanto che al mattino si può dire che io sapeva  a memoria... Con tutto ciò non mi sentivo di recedere dal mio proposito, e nella giornata ritorno al teatro e restituisco il manoscritto a Morelli."Bello, eh?" mi dice lui. "Bellissimo" "Dunque mettilo in musica!..." "Neanche per sogno... non ne voglio sapere." "Mettilo in musica, mettilo in musica!" Così dicendo prende il libretto, me lo ficca nella tasca... con un urtone mi spinge fuori dal camerino... mi chiude l'uscio in faccia con tanto di chiave.  Che fare? Ritornai a casa... un giorno un verso, un giorno l'altro... a poco a poco l'opera fu composta...Con quest'opera si può dire veramente che ebbe principio la mia carriera artistica..." (A Giulio Ricordi, Sant'Agata, 19 Ottobre 1879)  Noi prendiamo atto di queste parole e constatiamo che nelle avversità del mondo e della vita, non dobbiamo lasciarci soccombere, bensì esprimere il meglio della forza umana.