Parole non dette...

W PALERMO E SANTA ROSALIA!


PALERMO 14 - 15 Luglio 2007 - 383° FESTINOFESTA DI RINGRAZIAMENTO IN ONORE DI SANTA ROSALIA"Rosalia rosa lucente, lucente rosain memoria di quanti hanno sacrificato la loro vitaper la giustizia in questa città"
Fondata dai Fenici nel VII sec. a.C. con il nome di Ziz, fiore, viene conquistata dai Romani che le danno il nome di Panormus (dal greco, tutto porto) che, con poche modifiche (l'arabo Balharm) è giunto fino a noi. Il periodo felice della città ha inizio sotto il dominio arabo (IX sec. d.C.). quando diviene uno dei principali centri islamici in occidente. La città si espande e nascono nuovi quartieri urbani al di là dei confini del centro storico detto il Cassaro (dall'arabo Al Quasr, il castello, antico nome anche della via principale, oggi corso Vittorio Emanuele). In particolare, nei pressi dello sbocco sul mare nasce la Kalsa (da al Halisah, l'eletta), quartiere fortificato e residenza dell'emiro. Nel 1072 la città cade in mano al normanno conte Ruggero, ma il passaggio non avviene in modo violento: ai mercanti, gli artigiani e più in generale alla popolazione musulmana (ma anche di altre razze e religioni) viene consentito di continuare a vivere e ad esercitare la propria professione. E' proprio questo che permette il diffondersi dello stile poi detto arabo-normanno, bellissima miscela di motivi sia architettonici che decorativi. La città prospera e si
arricchisce di apporti delle diverse culture. Ruggero II, figlio del "conte", amante del lusso, fa nascere ovunque giardini di foggia orientale con lussuosi palazzi (la Zisa, la Cuba) e si circonda di letterati, matematici, astronomi ed intellettuali provenienti da ogni dove. Dopo un breve periodo di scompiglio e decadenza, Palermo e la Sicilia passano nelle mani di Federico II di Svevia (1212), sotto il quale la città riacquista centralità e vigore. Si susseguono gli angioini, cacciati alla fine della cosiddetta Guerra del Vespro, gli Spagnoli e, nel '700, i Borboni di Napoli che vestono la città di palazzi barocchi. L'Ottocento segna l'apertura della città ai commerci ed alle relazioni con l'Europa. La borghesia imprenditoriale è la nuova forza economica e la nuova "committente". E la città allarga i suoi confini. Viene inaugurato il viale della Libertà, continuazione di via Maqueda, ed il quartiere che vi sorge attorno si arricchisce di creazioni liberty. Ed è purtroppo l'ultimo guizzo, seguito da un periodo di stasi che vede susseguirsi i bombardamenti dell'ultima guerra, il terremoto del 1968 ed un lento, ma corrosivo degrado dei quartieri medievali. Oggi però un nuovo impulso alla rivalutazione, al restauro ed al riutilizzo dei magnifici monumenti del centro sta cercando di risvegliare questo magnifico gigante d'oriente ancora addormentato.SANTA ROSALIA (A' SANTUZZA)
Secondo alcuni studi di agiografi locali, Rosalia, figlia del duca Sinibaldo di Quisquina delle Rose, nipote per parte di madre di re Ruggero d’Altavilla, crebbe nel XII secolo alla corte dello zio, a Palermo. Era molto bella e suscitava interessi terreni, fra i tanti quello del principe Baldovino, all’epoca ospite di riguardo alla corte di Ruggero. La leggenda narra che, durante una battuta di caccia grossa, sul monte Pellegrino, la montagna sopra Palermo, un leone stava per uccidere re Ruggero; Baldovino, coraggiosamente, lo salvò uccidendo il leone. Re Ruggero chiese a Baldovino di indicare egli stesso un premio per la sua eroica azione, e quest’ultimo chiese la mano di Rosalia, che, in seguito alla proposta di matrimonio, fuggirà gettando nello sconforto la madre, lo zio e l’intera guarnigione di stanza a Palazzo Reale (o dei Normanni).Vissuta per poco tempo alla corte di Ruggero II, in seguito alla morte del re, chiese ed ottenne il permesso di vivere da eremita in una grotta sul monte Quisquina, dove trascorse dodici anni della sua vita. Successivamente, si trasferì in una grotta sul monte Pellegrino, dove visse “a vita di contemplazione” fino alla morte. Il suo culto si collega ad un evento particolare accaduto a Palermo in occasione di
un’epidemia di peste. Il 7 maggio del 1624, infatti, attraccò nel porto della città un vascello proveniente da Tunisi, che in precedenza era approdato a Trapani e lì era stato sequestrato perché l’equipaggio era stato sospettato di essere stato contagiato dal morbo. Ben presto era stato dato l’allarme ma il viceré, mal consigliato, si lasciò convincere e fece scaricare dal vascello il carico, mentre il comandante, Maometto Cavalà, insieme con il guardiano del porto, si recò a Palazzo Reale per portare i doni a Sua Altezza Serenissima: cammelli, leoni, gioielli e pelli conciate, inviate dal re di Tunisi. “E si vedeva per tutta la città per tutto il mese di maggio e quasi il 15 giugno morire un gran numero di persone”. Palermo si trasformò in un lazzaretto sotto il cielo. Il resto è leggenda, mito e prodigio.
Nonostante le infinite preghiere della cittadinanza e le processioni, le quattro co-patrone della città - Santa Cristina, Santa Ninfa, Sant’Oliva e Sant’Agata - non erano riuscite a fermare la peste. Il miracolo, invece, fu attribuito alle reliquie di Santa Rosalia, le quali, portate in processione, impedirono l’ulteriore diffondersi dell’epidemia. Secondo le testimonianze storiche, infatti, Vincenzo Bonelli, un saponaio di via dei Pannieri, che aveva perduto per la pestilenza la moglie, salì sul monte Pellegrino per una passeggiata; smarritosi in seguito a un temporale, gli apparve la visione di Rosalia che, in dialetto palermitano, gli chiese di avvertire il vescovo, cardinale Giannettino Doria, che le ossa ritrovate poco tempo prima nella caverna dove ella era vissuta da eremita, erano le sue: se fossero state portate in solenne processione lungo le strade della città, la peste sarebbe scomparsa. Poste in un sacco, tra fiori, candele accese e canti, i resti mortali di Santa Rosalia, trasportati per le vie della città, fecero il miracolo.L’etnologo dell’800 Giuseppe Pitrè così descrive la processione delle reliquie della santa, ritrovate il 15 luglio 1624: “Al loro passaggio il male si alleggeriva, diventava meno intenso, perdeva la sua gravità. Palermo, in breve, fu libera, e, in attestato di riconoscenza a tanto beneficio, si votò a lei, celebrando in suo onore feste annuali che ricordassero i giorni della liberazione. La grotta del Pellegrino divenne Santuario, ove la pietà d’ogni buon devoto si ridusse a venerare l’immagine della Patrona”.IL FESTINO (U' FISTINU)
Dal 10 al 15 luglio Palermo dedica alla sua patrona, Santa Rosalia, un festino ricco di manifestazioni culturali, spettacoli pirotecnici e naturalmente una solenne processione. Per le vie del centro storico di Palermo, in occasione del festino, i cantastorie intonano i canti della tradizione popolare, che celebrano i natali della "santuzza" e la leggenda del suo eremitaggio nella grotta sul monte Pellegrino, presso Palermo.La preparazione al festino inizia alcune settimane prima del mese di luglio: molto tempo si dedica ai lavori sul carro trionfale, utilizzato per la processione del simulacro e divenuto da secoli l'attrattiva principale del festino.Il carro di Santa Rosalia ha una mole notevole: alto circa dieci metri, lungo nove e
largo sei, può ospitare fino a sessanta persone; nel secolo scorso gli orchestranti e il coro prendevano posto sopra il carro trionfale, che veniva preceduto dalle macchinette, cioè da carri più piccoli rappresentanti scene della vita della Santa. Questo simbolo monumentale ha una storia antica che risale al 1686, quando venne costruito per la prima volta con legno e cartapesta; da allora il carro della santuzza fu realizzato ex novo, di anno in anno, su progetto di diversi artisti, fino al 1859.Soppresso per circa quarant'anni in seguito alle vicende storiche dell'Italia Unita, il carro trionfale rientrò a Palermo su iniziativa di G. Pitrè nel 1896 e poi nel 1924 (in coincidenza con il ritrovamento delle spoglie della Santa).Dal 1924 la processione riprese soltanto nel 1974, e tuttora si ripete. Oggi il carro trionfale viene portato in processione lungo il Cassaro (corso Vittorio Emanuele) da Porta Felice fino a Palazzo Reale.Lungo Foro Umberto I, alla marina di Palermo, si svolgono concerti, spettacoli pirotecnici e una coloratissima fiera ricca di bancarelle che vendono calia e semenza, caramellato, torrone alle mandorle, gelato di campagna, in un intermezzo di bande musicali.Accompagnano la processione canti di devozione in rima:Uno. Notti e ghiornu farìa sta via! Tutti. Viva Santa Rusulia! U. Ogni passu ed ogni via! T. Viva Santa Rusulia! U. Ca nni scanza di morti ria! T. Viva Santa Rusulia! U. Ca nn'assisti a l'agunia! T. Viva Santa Rusulia! U. Virginedda gluriusa e pia T. Viva Santa Rusulia! ed ogni tanto il grido "E chi semu muti? Viva viva Santa Rusulia".