Parole non dette...

Non chiedere, non dire?


Vite di gay in divisa
L’autore si è chiesto: chi sono, come vivono, ma soprattutto dove sono i gay in divisa in Italia? Franco, maresciallo dei carabinieri, ha 46 anni e si definisce "bisessuale/versatile", è sposato, non ha mai fatto coming out sul posto di lavoro ma con qualche collega, dopo la scoperta reciproca della stessa condizione, ha intrattenuto relazioni e frequentazioni. Mario, capitano di marina, ha 55 anni e si è congedato da qualche anno perché non riteneva più conciliabile la vita militare con la necessità di vivere in libertà la propria omosessualità. Carmine, finanziere, 35 anni, ha preso coscienza come gay qualche mese dopo aver indossato la divisa per la prima volta. Ha fondato il gruppo tematico "Militarigay", accessibile in internet, che modera e dirige. Vincenzo, carabiniere, 26 anni: «Mi sono arruolato quando il nostro amore era appena finito. Non andavamo più d’accordo e ciascuno ha preso la sua strada. Lui si è sposato. I colleghi sanno di me, al massimo fanno le battutine, mai velenose però». Davide, poliziotto, 35 anni, dopo la denuncia di un tentativo di rapina subìto in un luogo di ritrovo all’aperto frequentato da gay, i colleghi hanno saputo di lui e l’hanno bersagliato con un mobbing trasversale. Luca è alpino, ha 29 anni e al momento è in missione all’estero. A qualche collega ha rivelato di essere fidanzato con un ragazzo: «La mia gerarchia condannerebbe un omosessuale allo stesso modo di un eterosessuale che infanga l’onore della divisa». Renato, poliziotto, 35 anni: «Sento la compressione e l’oppressione di essere gay in Polizia, di essere attento a come ti comporti». Significativo l'intervento di due esponenti sindacali della polizia, un fatto più unico che raro che rappresenta un elemento nuovo nei confronti di un tabù molto radicato basato sul luogo comune che la virilità, considerata indispensabile per le forze dell’ordine, è strettamente correlata all’eterosessualità mentre l’omosessualità è sinonimo di debolezza e di effeminatezza. De Matteis, confermando i numerosi episodi di mobbing verticale (attuato da un superiore) e orizzontale (attuato da colleghi di pari grado) ha affermato che quello che succede nel corpo di polizia è comune a molti altri posti di lavoro anche se, di fatto, i lavoratori discriminati rimangono clandestini. Notari ha ricordato come anche per le donne lavoratrici si registrano episodi discriminatori legati alla sfera sessuale e ai permessi concessi per maternità. Il forte cambiamento registrato con l’ingresso delle donne nel tempo è stato ridimensionato: attualmente sempre meno donne si arruolano perché è richiesto un periodo di addestramento nell’esercito di almeno tre anni. Russo mette inoltre in evidenza come da sempre i rapporti che i cittadini glbt hanno con le forze dell’ordine siano conflittuali. Il pregiudizio che ritiene l’omosessualità una devianza è ancora presente nella società e maggiormente in coloro che hanno la funzione istituzionale della sicurezza. Gli abusi, da parte di rappresentanti delle forze dell’ordine, continuano a ripetersi e sono il segno che l’evoluzione dei costumi incide più lentamente nei riguardi di chi gestisce il potere. Un altro aspetto del rapporto omosessuali-divise è la difesa dei cittadini glbt dalle aggressioni che possono subire per esempio nei luoghi di cruising all’aperto oppure fuori dai locali gay. Chi viene aggredito, picchiato, rapinato o abusato ha, ancora oggi, difficoltà a sporgere denuncia. La paura di essere scoperto, di non avere un interlocutore adatto nelle forze dell’ordine, di ammettere di aver subìto violenza inducono la vittima a tacere. Al momento non si hanno notizie di caserme o questure che hanno un referente per le violenze subite da gay, lesbiche, transgender o per i crimini basati sull’odio e l’intolleranza. Qualcosa comincia a cambiare e l’associazione di gay in divisa Polis Aperta fa giusto riferimento alla direttiva europea 2000/78 che tutela dalle discriminazioni sul posto di lavoro basate su motivazioni religiose, convinzioni personali, disabilità fisica e mentale, età, orientamento sessuale e identità di genere. La stessa direttiva è stata paradossalmente stravolta dal governo Berlusconi che ne ha fatto una norma che discrimina a sua volta invece di tutelare, stabilendo casi di incompatibilità tra mansioni lavorative e omosessualità o transgenderismo. Polis Aperta è nata nel 2005 con l’intento di sviluppare una rete di solidarietà fra i soci e per assistere con le adeguate forme legali i soggetti discriminati. I gay in divisa hanno partecipato per la prima volta al Pride di Milano nel giugno dello stesso anno mentre nel novembre scorso a Firenze si è tenuta una riunione dell’European gay police network ma con una partecipazione scarsa da parte dei rappresentanti italiani.