Parole non dette...

"Prigionieri" in un corpo sbagliato...?


"Dio mi ha creato ed io mi sono plasmata" - ha affermato la truccatrice di Gallarate Silvia Burgio, concorrente dell'ottava edizione del "Grande Fratello". Incalzata dalle domande di Roberto, il 'cummenda', la truccatrice di Gallarate ha fatto coming out, cercando anche di sdrammatizzare la serietà dell'argomento: "Io sono un ex transessuale, perché trans vuol dire attraversare, essere in una fase transitoria ed io non lo sono più. Prima ero un uomo e adesso sono diventata donna a tutti gli effetti. Mentre una volta mi sentivo un bruco dentro il bozzolo, ora posso dire di essere una farfalla, la forza della mente vince su tutto e influenza anche il corpo. Non è un cambiare la natura, ma un plasmarla, perché per certe cose devi essere predisposta, devi avere un patrimonio genetico che ti aiuta in questo. Ad esempio io non ho fatto nessuna plastica facciale. Non so dirti se si può affermare che si diventa donne al 100%, ma di sicuro si scoprono tante cose delle donne che da uomo non immagini neanche". Ed ecco la riflessione di Darianna una Transessuale, che ama definirsi "teologa eretica su tutti i fronti", liberamente tratta da amarecolcuoredidio :Cosa implica per una persona transessuale (o transgender) essere credente? Sostanzialmente implica l'esclusione di fatto dalla maggioranza delle dimensioni ecclesiali, poiché una persona transessuale o transgender non può  nascondere chi è in alcun modo, non ha alcuna possibilità - se non quella di negare integralmente se stessa - di potersi nascondere e viversi in privato.La dimensione teologica ortodossa si pone di fronte ad una persona transessuale o transgender come qualcosa di assolutamente inaccettabile poiché negante, nel suo senso più profondo, del proprio essere in  quanto persona umana, in quanto essere umano. La transessualità contraddice nei fatti ogni dimensione duale o molteplice dell'essere umano, ma la  raccoglie in una unità inscindibile di un corpo che non ha altro futuro se non quello datogli dal tempo. Una persona transessuale vive ha, per la sua percezione, solo la  dimensione di una fantasia o di un necessario sogno, ma appunto nulla di reale e concreto, nulla che abbia a  che vedere con sé nel senso stretto della parola. Ma quale amore può esserci se il luogo nel quale la persona transessuale può trovare spazio è solo  nell'ultimo gradino della scala sociale? Quando nei fatti si trova di fronte ad un muro di incomprensione?  Quando si trova di fronte alla non volontà di comprendere una dimensione in sé semplicissima? No, l'amore non è argomento, tanto meno l'amore di un dio! Poiché per una persona transessuale è già così difficile poter trovare semplicemente un affetto da parte di un essere umano che parlargli di dio diventa semplicemente un discorso senza fondamento! Quale dio? Quale dio avrebbe fatto un torto così tremendo ad una persona di farla nascere con un fisico diverso dal proprio genere? Quale amore c'è in una cattiveria di questo tipo? E poi? come può una persona transessuale riconoscersi in un Dio che si fa  "uomo"? Diventa questione di fondo soprattutto per il fatto che allora nessuno è realmente immagine di Dio, ma tutt'al più immagine dell'immagine di questo dio! Discorso complesso, troppo complesso che fa a botte con questa quotidianità di sopravvivenza e di resistenza.Personalmente ho una mia stretta e particolare relazione con quello che chiamo "il mio Dio". Personalmente ho chiara quale sia la mia vocazione e, quindi, comprendo il senso della mia chiamata ed elezione.Certamente io ho degli strumenti, ma quante persona transessuali o transgender hanno questi strumenti, capaci di sviluppare una critica e di riconoscere la propria vocazione in relazione ad un dio che si rivela a loro e non un dio mediato dalla dimensione ecclesiale?La problematica è, a mio modesto avviso, proprio nella comprensione di quale sia la profonda critica alla predicazione, alla impostazione teologica e dogmatica di un cristianesimo che non è in grado di parlare a chi si trova di fronte ad una realtà di disagio d'identità di genere. Perché? Perché chi ha una realtà contestuale e storica di disagio d'identità di genere, non può nascondersi, non può mediarsi, non può fare coming-out per sua decisione! L'evidenza e la pubblicità di sé - che per una persona transessuale o transgender - non è una scelta, ma è una condizione assoluta, pena la negazione totale di sé e la morte!Un prete o un pastore omosessuale, può decidere se fare coming-out o meno, può decidere se vivere responsabilmente o meno il proprio orientamento sessuale, ma una persona transgender o transessuale non lo può fare, poiché o si uccide o esce per la persona che è!Qui sta il "discrimine" ed a questo tipo di persone ... quale annuncio? Quale evangelo?