Parole non dette...

Perfidis judaeis, nostri fratelli maggiori


All'interno del "Messale Romanum" (Rito Tridentino) liberalizzato da Papa Benedetto XVI con il recente "motu proprio" Summorum Pontificum il quale è da pochi mesi possibile celebrare la Messa, erano ancora rimasti, nella preghiera del Venerdì Santo, alcuni riferimenti negativi nei confronti degli Ebrei.Nel vecchio testo, da oggi abolito, si pregava - in latino - per la conversione degli ebrei chiedendo a Dio di sottrarre «quel popolo... alle sue tenebre» e di rimuoverne «l’accecamento» (tra l'altro un termine mutuato da una lettera di San Paolo)Questa presenza, all'indomani della liberalizzazione del Messale Latino, era stata oggetto di critica e di considerazioni negative non solo da parte di ambienti ebraici.Questo testo (e solo questo testo) è stato modificato, eliminando questi riferimenti: nella nuova versione, si prega perciò (in latino) per gli ebrei: «Il Signore illumini i loro cuori perché riconoscano Gesù Cristo salvatore di tutti gli uomini»Ovviamente è rimasto il riferimento a Cristo, tra l'altro presente anche nel testo del Messale di Paolo VI attraverso il tema della "redenzione".Ecco il testo dell'attuale Messale (risalente a Papa Paolo VI):"Preghiamo per gli ebrei: il Signore Dio nostro, che li scelse primi fra tutti gli uomini ad accogliere la sua parola, li aiuti a progredire sempre nell'amore del suo nome e nella fedeltà della sua alleanza. Dio onnipotente ed eterno, che hai fatto le tue promesse ad Abramo ed alla sua discendenza,a scolta la preghiera della tua Chiesa, perché il popolo primogenito della tua alleanza possa giungere alla pienezza della redenzione".La comunità ebraica italiana ha espresso, come si è saputo dai giornali, un negativo apprezzamento.«La nuova versione non è molto diversa dalla precedente - ha osservato il rabbino Giuseppe Laras, presidente dell’Assemblea dei rabbini d’Italia -. Il fatto che si preghi perché Dio “illumini” gli ebrei, significa in sostanza che essi non sono nella luce, dunque accecati, anche se è stata tolta la parola più forte. Ciò che mi preoccupa è però la seconda parte della formula, quella in cui è rimasta la preghiera per il riconoscimento di Gesù da parte degli ebrei. Temo che porterà indietro, se non bloccherà, il dialogo ebraico-cristiano, dato che ci sono alcune componenti del mondo ebraico che temono che il dialogo sia in realtà finalizzato a convertire al cristianesimo». Forse pochi sanno che la orazione solenne per gli Ebrei del Venerdì Santo ha una corrispondente nella birkat ha-minim (benedizione contro gli eretici) della liturgia giudaica, che è la seguente: "Che per gli apostati non ci sia speranza; sradica prontamente ai nostri giorni il regno dell'orgoglio; e periscano in un istante i nazareni (ndr. i giudeo-cristiani) e gli eretici: siano cancellati dal libro dei viventi e con i giusti non siano iscritti. Benedetto sei tu Yahweh che pieghi i superbi".Così recita la XII benedizione della liturgia sinagogale nella forma primitiva. Mentre in quella del Talmud babilonese più diffusa oggi: "Per i calunniatori e gli eretici non vi sia speranza, e tutti in un istante periscano; tutti i Tuoi nemici prontamente siano distrutti, e Tu umiliali prontamente ai nostri giorni. Benedetto Tu, Signore, che spezzi i nemici e umili i superbi".Com'è noto, il cristianesimo delle origini, e quindi la liturgia, si è posto in rapporto di continuità e nel contempo di novità rispetto al giudaismo. I nazareni o cristiani avevano frequentato il Tempio (cfr. Atti 2,46), come pure le sinagoghe, finché, due decenni dopo la sua distruzione nel 70, i giudei non introdussero nella Tefillah la XII "benedizione", appunto la birkat ha-minim (diventarono così diciannove ma il nome di Shemonèh Esréh non fu cambiato), ovvero una maledizione contro la setta considerata eretica, dei giudeo-cristiani (cfr. Atti 24,14) sia per tenerli lontani dalla sinagoga, sia per proclamare formalmente la rottura definitiva tra le due religioni. Accanto ai minim (dissidenti) si menzionavano i nozrim, i nazareni, cioè i seguaci di Gesù di Nazareth, perché "spariscano all'istante, cancellati dal libro della vita e non scritti con i giusti. Benedetto sei tu che umili i superbi" (cfr. G. De Rosa, Gesù di Nazareth e l'Ebraismo di ieri e di oggi. Dal rifiuto all'appropriazione esclusiva. "La Civiltà Cattolica", 15, 2000, n. 12). Nel medesimo periodo venne comminata infatti la scomunica contro i giudeo-cristiani, i quali pur pretendendo di rimanere dentro la sinagoga, la dividevano nella fede, proteggevano i "gentili", soprattutto i romani, e distruggevano il principio dommatico della habdàlàh ossia la separazione tra circoncisi e non (cfr. H. Herts, Daily Prayer Book with commentary. Introductions and notes, New York 1971, p. 142 s.). Così nel Medioevo la pensava Maimonide e ai nostri giorni il rabbino americano J. Petuchowski (cfr. S. Ben Chorin, Il giudaismo in preghiera. La liturgia della sinagoga, Cinisello B. 1988, p. 80). Tuttavia oggi non tutti gli ebrei nominano i nazareni e i dissidenti, ma si limitano ai calunniatori, i cattivi e i nemici. A questo punto si può dedurre che la Oratio pro iudaeis appare in certo senso speculare alla birkat ha-minim giudaica, la maledizione contro gli eretici; quasi una 'risposta', poiché il dato liturgico non è mai astratto, ed entrambe risalgono allo stesso periodo, come abbiamo visto. Alla scomunica comminata ai giudeo-cristiani e all'accusa di "eresia" da parte dei giudei - forse durante il sinodo di Jabne tra 90 e 100 d. C., - che volevano in tal modo sancire la rottura definitiva del Giudaismo ufficiale con i cristiani, questi avrebbero 'risposto' con l'inserzione della "preghiera per i giudei". Al di là di ogni polemica, è "ragionevole ritenere che la storia di entrambe le preghiere, il cui contenuto era certamente noto sia ad ebrei che a cristiani alla fine del I secolo, si sia intrecciata, dando così forma al testo liturgico così come ci è pervenuto, salvo, ovviamente, le inevitabili modifiche che, generalmente, i testi liturgici subiscono nel corso dei secoli" (Annamaria Abrusci, Storia ed evoluzione delle Orazioni solenni. Il caso della preghiera Pro Iudaeis, tesi di magistero presso l'ISSR di Bari, anno 2000-2001, p. 111-112, pro manuscripto). Ciò dimostra ancora una volta l'influsso della liturgia ebraica e giudaica in specie su quella cristiana. La preghiera non può essere modificata in contraddizione con la dottrina cattolica e apostolica. Volentieri, dunque, oggi pregheremo anche con le nuove formule del Messale Romano di Paolo VI dove si supplica il Signore che "il popolo primogenito della tua alleanza possa giungere alla pienezza della redenzione".Dunque, non è il caso che i nostri 'fratelli maggiori' continuino a scandalizzarsi della preghiera che i cristiani innalzano a Dio per loro, quando dovrebbero agire a modificare la loro, visto che nella prima forma e anche in quella del Talmud babilonese, non è stata tolta la maledizione di Dio che non si concilia col suo amore universale.