Parole non dette...

La Parrocchia che vorrei...


Immaginate di essere in una parrocchia italiana. Una delle tante parrocchie che ci sono nelle nostre città. C’è il parroco che non va d’accordo con il prete giovane che dovrebbe aiutarlo. Ci sono le suore che diventano sempre più vecchie e che si agitano per far girare in un certo modo l’asilo che avevano aperto tanti anni prima. C’è l’immancabile professore di greco che non ha ancora capito che il greco di Erodono assomiglia a quello dei Vangeli più o meno come il dialetto del Salento assomiglia alle espressioni usate nelle valli bergamasche. Ci sono quelle tre o quattro eterne signorine che hanno saputo trasformare la loro devozione in un vero e proprie passatempo i cui ritmi vengono dettati da Radio Maria. Ci sono i soliti giovani impegnati che gli adulti guardano con una benevolenza in cui timore e speranza si mischiano di continuo. Ci sono i bambini che si preparano ai sacramenti e che, ogni settimana, mettono alla prova la pazienza dei loro catechisti. Se poi la parrocchia funziona ci sarà anche il coro con tanto di maestro e di organista, la Caritas con i suoi responsabili che organizzano il centro d’ascolto e la raccolta degli indumenti usati, il gruppo missionario che propone ogni mese incontri dedicati agli angoli più sperduti del pianeta, le associazioni e i movimenti, sempre in bilico tra la voglia di andare per la loro strada e il senso di appartenenza alla chiesa locale.Immaginate tutto questo. Immaginate le tre o quattrocento persone che, coinvolte in maniera più o meno intensa, formano questa comunità. Immaginate la ventina di omosessuali che partecipa alla vita di questa stessa comunità e che, come è sempre stato, parlano della loro omosessualità (quando l’hanno finalmente riconosciuta) solo con il confessore o con qualche confidente accuratamente selezionato.E immaginate un giorno in cui cinque o sei di questi omosessuali decidono finalmente di uscire dall’ipocrisia e di dire la verità su se stessi, facendo un discorso che potrebbe suonare più o meno così: “Cari amici che frequentate la nostra stessa parrocchia, vorremmo dirvi una cosa che per noi è piuttosto importante. Noi che siamo i catechisti dei vostri bambini. Noi, che cantiamo nel coro che ascoltate durante la messa. Noi che animiamo la liturgia. Noi che presiediamo le vostre assemblee. Noi che siamo di fianco a voi durante la celebrazione dell’Eucarestia. Noi che, quando scambiamo con voi il nostro segno di pace, vi sembriamo così normali. Noi siamo omosessuali!”.Immaginate le reazioni che ci potrebbero essere. Le suore che, impaccate, chiederebbero al professore di greco: “Cosa hanno detto?”. Il parroco che, con la faccia scura, penserebbe a come sostituire i catechisti che hanno fatto il loro coming out. Le signorine devote che direbbero che Radio Maria ha detto che è una malattia e che si può curare. I membri più in vista del consiglio parrocchiale che inizierebbero chiedere immediati provvedimenti nei confronti dei sovversivi che hanno avuto la sfrontatezza di dire la verità.Il clima si farebbe senz’altro pesante. Ma il gruppetto degli omosessuali che ha deciso di fare il suo coming out, sostenuto dal gruppo di gay credenti che frequentano ormai da qualche anno e che è stato il luogo in cui è maturata questa scelta, decide di tenere duro e, anche se qualcuno viene sospesa dall’incarico che aveva, continua a partecipare alla vita della parrocchia con la stessa costanza di prima.E così, dopo qualche mese, tutti si accorgerebbero che non è cambiato nulla e che, dopo tutto: “questi omosessuali non sono poi così diversi dalle persone normali”. E anche il consigliere comunale, quando voterà contro la proposta di istituire un registro comunale delle unioni civili aperto alle persone omosessuali, si sentirà un po’ a disagio, perché in fondo non gli pare proprio che questi gay siano una minaccia così seria contro la sua famiglia.Immaginate, a questo punto, cosa sarebbe il nostro paese se in ciascuna delle migliaia di parrocchie che ci sono nella penisola, si verificasse una scena simile a quella che ho descritto sopra. Immaginate tutto questo e pensate al cardinale Ruini mentre ribadisce il suo rifiuto di qualunque legge che possa in qualche maniera, far passare l’idea che l’omosessualità sia una cosa assolutamente normale. Anche se la stampa continuasse a fare da megafono alle sue parole. Anche se i politici facessero a gara nell’affermare la propria deferenza nei confronti delle “nobili indicazioni che vengono dall’episcopato italiano”. Anche se non tutto dovesse assomigliare a quello che abbiamo visto in questi ultimi mesi, la gente che andando in parrocchia ha avuto modo di vederli davvero, degli omosessuali, penserebbe che il cardinal Ruini si sbaglia e che, se anche lui conoscesse qualcuno di questi omosessuali, si accorgerebbe che sono talmente normali da poter essere scambiati con tutti gli altri. Immaginate tutto questo e poi, se siete omosessuali credenti, iniziate a darvi da fare per trasformare tutto questo in realtà. (liberamente tratto da un Articolo di Gianni Geraci tratto dalla rivista Pride del giugno 2006)