Parole non dette...

Una questione di "onore e di vergogna"


Insopportabile sapere di avere un figlio omosessuale per un pregiudicato 53enne di Palermo. Ha accoltellato il ragazzo di 18 anni durante una furibonda lite. Adesso l'uomo si trova rinchiuso in una cella dell'Ucciardone. "Mio padre non mi ha mai accettato", racconta il ragazzo. "Non ha voluto rassegnarsi al fatto che io sono gay. Ho cercato di convincerlo che la mia non è una malattia, né una cosa sporca, ma è stato tutto inutile. Mi sono reso conto di essere gay un anno fa - ha raccontato - e l'ho confessato a mia madre. Lei mi ha capito, ha cercato di aiutarmi, di starmi vicina e di convincere mio padre a rassegnarsi ma l'ultimo anno, in casa, è stato un inferno". E' accaduto a Palermo, in un appartamento di via Messina Marine, al culmine di giorni di tensione e dopo un ennesimo litigio. Questa volta, però, il genitore non si è limitato alle botte: "Non ci ho visto più. Troppo la vergogna e il disonore per questa storia", ha spiegato ai carabinieri. Il giovane, terrorizzato e ancora sotto shock, ha riportato ferite da taglio sull'avambraccio e sulla mano destra e un trauma cranico facciale; condotto all'ospedale Civico è stato giudicato guaribile in otto giorni. Un episodio tanto simile a quello che le cronache di Pesaro hanno raccontato una decina di giorni fa. Allora fu la madre a sferrare un coltellata alla figlia di 16 anni che le aveva confessato di avere una relazione gay con una diciottenne. La lama si fermò contro la fibbia della ragazza ma per la madre scattò comunque la denuncia per tentate lesioni aggravate. Pregiudizi apparentemente insusperabili sembra abbiamo armato entrambi i genitori. L'amore per i loro figli non è riuscito a cancellare l'ansia e la preoccupazione che li ha sommersi dopo il coming out dei loro ragazzi. Una recente ricerca europea datata 2003 e condotta dall'Istituto Cattaneo dell'Università di Bologna, fa sapere che ogni cento persone, dieci sono omosessuali. Ogni cento omosessuali, venti accettano la loro condizione; 80 non l'accettano e la sopportano; ventidue pensano al suicidio, cinque compiono tentativi di suicidio. Il problema è radicato e la strada che conduce alla piena integrazione degli omosessuali lastricato da mille preclusioni.A questo punto la riflessione che dovrebbero fare in tanti dovrebbe essere seria: davvero è più onorevole, più decoroso e meno vergognoso essere un omicida e figlicida che avere un figlio omosessuale? Tale domanda, però, non sarebbe da fare tanto a quella madre o quel padre ma ai vari prelati e politici che si nascondono dietro leggi e Scritture. A quei pochi psicologi e psichiatri che ancora parlano di malattia riferendosi all'omosessualità. A chi dai palchi delle istituzioni inneggia a garotte, pulizie etniche e amori deboli. A chi va dichiarando che discriminazioni, in Italia, non ce ne sono e che essere gay vuol dire esibire il fatto di essere froci.Sono le loro stesse mani ad aver armato quelle di questi genitori e sono le loro le mani sporche del sangue di quei figli.Solo dopo che tutte queste persone avranno dato risposte serie e concrete ci si potrà permettere il lusso di chiedere a genitori più angosciati dall'onorabilità sociale che dal rimorso per l'omicidio di un figlio se davvero vale la pena passare la vita in galera con il rimorso piuttosto che accettare la diversità di orientamento sessuale di quei figli che si sarebbero preferiti morti.