L'angolo di ParsifalCanzoni, poesie, viaggi e tutto quel che mi gira in testa |
Gli amici sono angeli silenziosi, ti rimettono in piedi quando dimentichi di volare!
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L. A. SENECA
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L’Africa, quante volte l’abbiamo vista nei documentari, quante volte abbiamo seguito in televisione le notizie su rivolte, genocidi, povertà, quante volte l’abbiamo sentita chiamare “Terzo Mondo”. Ma non si comprende mai abbastanza finché non si vede con i propri occhi. Oggi non voglio scrivere un diario, sarebbe troppo facile: elencherei i luoghi visitati, i miei pareri su cibo/alberghi/assistenza, il prossimo turista forse seguirebbe i miei consigli che non è detto siano buoni e finirebbe tutto così, in maniera schematica e arida. Voglio invece provare a fare un diario di sensazioni ed emozioni, perché credo che il “Viaggio” sia soprattutto quello che un Paese e la sua gente ci lascia dentro. Si può girare il mondo e non vedere niente se non si parte dal presupposto di andare ovunque con occhi limpidi e la mente aperta e pronta a recepire ogni cosa nuova. E qualche volta guardare col cuore invece che solo con gli occhi apre nuovi orizzonti mentali. L’Africa è una terra che lascia il segno. Con questo intendo dire che ogni posto insegna qualcosa, ma l’Africa in particolare tocca gli animi nel profondo e riesce a smuovere sentimenti nascosti che ci portano inevitabilmente a cambiare ottica di vita. Ho viaggiato abbastanza e ogni volta che mi accingo a partire mi predispongo interiormente a “tabula rasa” per poter carpire il più possibile dal nostro pianeta. Ad oggi posso dire che ogni Paese ha una propria energia che gli viene dalla terra stessa, ma l’energia che lascia la terra africana è devastante e difficilmente spiegabile a parole. Parlare di “Mal d’Africa” ormai è scontato e quasi banale, eppure esiste e non lo si riconosce fino a quando i sintomi non ci fanno capire che ormai il contagio è in uno stato avanzato. Sono approdato in Africa piano piano: ho cominciato dalla Tunisia, poi il Madagascar, poi l’Egitto e alla fine il Kenya ottobre 2011, con mia moglie abbiamo lasciato l’interminabile estate di Roma per atterrare a 30° gradi a Mombasa e proseguire per Watamu da dove saremmo poi partiti per un safari. E così è andata: mare e safari. Da Mombasa a Watamu c’è una strada dissestata e piena di buche dove passa di tutto: camion carichi di gente, animali, biciclette, bambini a piedi scalzi che vanno a scuola, donne con brocche d’acqua in testa o neonati appesi in un pareo sulla schiena. Le distanze che noi siamo abituati a percorrere in poco più di un’ora in Africa si dilatano. E su quella prima strada ho capito veramente cosa significhi la relatività del tempo. Il tempo è scandito dal compiersi delle azioni e non dalle lancette di un orologio che in pochi hanno al polso…così un autobus partirà solo quando è pieno di gente, senza orari prestabiliti, e un paese si raggiungerà quando le gambe stanche di un individuo a piedi lo porteranno alla meta “POLE POLE – HAKUNA MATATA”: Piano Piano – Nessun Problema! È un detto, un motto, una filosofia di vita accettata con rassegnazione e orgoglio. E a pensarci bene non è affatto sbagliata perché rincorrere il tempo in Africa è praticamente impossibile e per noi che lo inseguiamo quotidianamente è psicologicamente devastante. Dove sia la giusta misura forse non lo sapremo mai, ma il fatto di comprendere che tutto è relativo è già una gran bella lezione. Cosa descrivere dell’Africa, tutto e niente. Descriverei soprattutto il Niente. A otto ore di volo dall’Italia e nel ventunesimo secolo c’è ancora un continente pieno di Niente! Ecco: in Africa non hanno niente e quando dico niente vi assicuro che è proprio niente. Non parlo di mancanza di zaini per la scuola dei bambini o di mancanza di auto per gli spostamenti. Come ci si addentra nell’entroterra a pochi chilometri dalle località balneari prettamente turistiche la mancanza di acqua e cibo si tocca con mano. Bambini nudi con le pance gonfie che tendono le mani per salutare speranzosi che da altre mani cada qualcosa per loro. Che sia una caramella, una fetta di pane, una penna lanciata sulla strada, tutto diventa “qualcosa”. Sbucano così, dal nulla della savana, in tanti: orde e orde di bimbi di tutte le età, alcuni ancora incerti sui loro primi passi verso una vita che li ha già penalizzati all’inizio, e chiedono. E pur di ricevere, accaparrarsi per primi quel poco che un turista può offrirgli, rischiano di finire investiti sotto le ruote delle auto costrette ad accelerare per non essere bloccate dai loro piccoli corpi disposti a tutto. “Porta penne e caramelle” mi era stato detto, e così ho fatto. Ma la rassegnazione e la delusione e l’impotenza che ho provato nel tentar solo di distribuirle e vedere che in realtà quasi non sapevano neanche cosa farsene di una penna se non scarabocchiarsi i piedini impolverati, mentre per acciuffare una caramella vigeva la legge del “vinca il più forte”… e vedere piangere i più piccoli per non essere riusciti ad accaparrare niente è davvero qualcosa che non dimenticherò mai. Sono ripartito con la valigia vuota, lasciando lì tutto: vestiti, sandali e altri oggetti per noi inutili ma per loro importanti. Il più fortunato in Kenya (e sto parlando di una Stato turisticamente sviluppato!), porta ai piedi i copertoni lisci delle auto tagliati e legati alla meno peggio alle caviglie. Che altro dire. Alle quattro di mattina ho visto bambini camminare scalzi lungo la strada sterrata nelle loro divise colorate, rattoppate e polverose per raggiungere le scuole situate a chilometri di distanza dai villaggi. Ho visto donne raccogliere acqua nei loro catini - portati in equilibrio sul capo - da pozze di fango dove gli animali si abbeverano e i figli fanno il bagno con le mucche magre, un bagno nel fango usato come acqua buona, lo stesso che probabilmente bevono. Ho visto adolescenti persi nell’alcool come ultimo oblio per una vita che non riescono a realizzare e adolescenti testardi che lottano quotidianamente inventandosi un lavoro dignitoso. Perché i kenioti accettano tutto con una filosofica rassegnazione, ringraziano religiosamente un Dio per quel poco che hanno e riescono ad essere un popolo allegro, cordiale e solare. Nonostante la vita li ponga davanti a problematiche veramente pesanti, riescono ad accettare fardelli per noi insormontabili con una serenità quasi inumana. E poi ho visto il mare splendido: stelle marine giganti, coralli enormi sulle spiagge immacolate, acqua cristallina, barche di pescatori tornare con le reti cariche sulle onde tranquille del mare, spinte non da remi ma da bastoni. E ho dormito in un campo tendato nella savana dove il cielo è davvero “Il Cielo” ed è pieno di stelle e dove le scimmie ti tirano sassi alla tenda per tutta la notte quasi a dirti “È terra nostra: che ci fai tu qui?”. E all’alba ho visto giraffe attraversarmi la strada, elefanti rinfrescarsi col fango, leoni riposarsi all’ombra di uno scheletro d’albero e struzzi, zebre, ippopotami, iene, gazzelle, babbuini. L’Africa è anche l’esplosione della natura vergine, il profumo dell’incontaminato, la brezza del vento secco che si disperde verso orizzonti infiniti dove il sole va a morire ogni sera tingendo la terra di fuoco. È una terra forte con abitanti forti, orgogliosi e dignitosi che assurdamente ti coinvolgono con la loro allegria disarmante. L’Africa lascia un senso di vuoto non appena l’aereo decolla e tu sai che non è un vuoto qualunque, riconosci che è profondo, e con quel vuoto ti accorgi di quanto in realtà l’Africa ti abbia colmato l’anima. Sono partito con venti chili di bagaglio e sono tornato con la valigia vuota e il cuore pieno. A tutti coloro che decidano di intraprendere un viaggio in questa terra stupenda che li porterà alla scoperta dei propri sentimenti nascosti non posso che augurare “Safari Njema!” Buon Viaggio. |
Per Te
Davanti a me una pagina vuota, cerco parole che raccontano di Te. Pian piano una macchia scura da vita e colore ai miei pensieri che prendono forma dettati dal cuore. Così scrivo parole per te. Per te che hai donato vita alla mia vita, per te che hai donato calore al mio cuore, per te che sei tutto quello che volevo avere. |
NEW YORK, 17 NOV - Un detenuto texano di 55 anni, Ronald Curtis Chambers, condannato a morte nel 1976, e' stato trovato morto in un carcere del Texas dopo essere stato rinchiuso per 35 anni nel braccio della morte. Non sono state rese note le cause del decesso, ma e' stata aperta un'inchiesta. |
Risvegliati Donna Assorta nei tuoi pensieri sfugge inesorabile il tempo Consumando lentamente il tuo splendore, il sorriso e il tuo essere. Reagisci a questo stato di insofferenza, non ascoltare il cuore, amico di giorni andati e lama tagliente del presente. Reagisci e guarda il mondo dei fiori, fai sbocciare quello che hai in Te. È primavera, aria fresca e nuova ad ogni aurora. È primavera da mattina a sera. Risvegliati Donna vera. |
Inviato da: cassetta2
il 11/12/2023 alle 08:43
Inviato da: ziryabb
il 11/01/2013 alle 13:27
Inviato da: nuvolosasi
il 07/01/2013 alle 14:14
Inviato da: pepeemiele2012
il 02/05/2012 alle 21:41
Inviato da: pepeemiele2012
il 02/05/2012 alle 18:48