Creato da: donulissefrascali il 29/10/2005
Rinnovamento Sociale per la partecipazione di tutti ai diritti umani.

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CONCLUSIONI SULL'AUTOCONTROLLO E SULLA LIBERTA'

Post n°254 pubblicato il 08 Aprile 2009 da donulissefrascali

 

Per esprimere un giudizio realistico sulla realtà sociale di oggi, occorre partire da una valutazione obiettiva della integrazione del cittadino, che puo portare a un giudizio positivo o negativo. Poniamo alla base un discorso di assoluta tolleranza, che è la dominante del potere che non vuole trasmettere esperienze, ma imporre comportamenti. In genere si è molto integrati e poco liberi. E' difficilissimo essere liberi e superare i condizionamenti che un potere ti pone con una forma educativa che ti provoca seri problemi nella vita. Pensiamo alle paure che in tanti anni strutture di potere hanno fatto nascere nella società. I giovani non sono completamente integrati ne completamente liberi: vivono nel loro intimo una necessità di libertà. Quando il giovane esprime un giudizio, può essere un suo giudizio sereno, risultato di una introspezione analitica o il risultato di paure esistenti in noi. Può essere la famiglia, la scuola, la Chiesa il mondo sociale che ci condiziona. La laicità della vita e la tolleranza sono elementi fondamentali per riuscire a formare un uomo veramente libero. La laicità della vita, sininimo del superamento del sacro e dell'assoluto, fa emergere la realtà del Trascendente che è all'origine della vita. Il mio essere è stato creato dal Trascendente nella sua genuina integrità. Si parla in senso filosofico e non in senso religioso. per riuscire a trovare un dialogo anche con chi non è riuscito a recepire il concetto di Fede. L'auteticità si scopre con con il confronto con il prossimo e accettando il dialogo. Si opera per trovare un dialogo con il prossimo affinché anche lui sia portato ad esprimere la sua realtà sacra, la sua integrità naturale e umana per evidenziare con il confronto il meglio di se stesso. La società tende ad isolare l'individuo promovendo forme di individualismo che danno origine a conflitti nella società, ed è molto preoccupante perchè certe forme di conflittualità e di individualismo si stanno estendendo anche nella famiglia.

 
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AUTOCONTROLLO E LIBERTA'

Post n°253 pubblicato il 04 Aprile 2009 da donulissefrascali

 

AUTOCONTROLLO E LIBERTA’

Essere padroni di se stessi è un concetto importante per le teorie pedagogiche. Amplia l’idea di libertà superando il suo abituale significato di libertà politica e di uguaglianza di fronte alla legge, per porre l’accento sul controllo delle proprie azioni e delle proprie convinzioni.

Ben poco valore ha la libertà politica se le azioni di un individuo sono guidate da una autorità alla quale non si può sfuggire, prodotta e sostenuta da una convinzione morale e religiosa, dal tipo di istruzione e dal processo educativo della prima infanzia.

PUNTI DI RIFLESSIONE

1) Prova di definire il legame che esiste tra la padronanza di se stessi e la libertà

2) La padronanza di se stessi è sinonimo di ribellione o presa coscienza del proprio essere umano

3) L’autoritarismo ideologico, politico o religioso, favorisce la crescita e la maturazione dell’uomo?

4) Quanto è importante la padronanza di se stessi per scoprire il significato e il valore della Fede

5) Quale peso hanno le parole “dovere, obbligo, comando, obbedienza” nell’impedire la presa di coscienza del proprio essere.

6) Il ridimensionamento e la proibizione delle parole succitate quale ruolo devono acquisire nella formazione dell’individuo?

7) La razionalità, la conoscenza e la possibilità di esperimentarsi nei comportamenti senza escludere la volontà di confrontarsi, potrebbero essere un giusto ridimensionamento di quanto su esposto.

 
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COMMENTI AI POST DEL BLOG

Post n°252 pubblicato il 31 Marzo 2009 da donulissefrascali

Gentilissimi visitatori, sono stati inreressanti i commenti  fatti all'ultimo post. Commenti molto sinceri che pongono degli interrogativi per scoprire la personale realtà naturale. E' l'inizio di un dialogo positivo e costruttivo. Si realizza un dialogo che si tresfofmerà in una autentica amicizia, che darà l'avvio a un vero rinnovamento sociale. Deve essere un impegno particolarmente del mondo giovanile per riuscire a sconfiggere la conflittualità oggi particolarmente presente, e che produce particolari disagi nella società. Scusate si divento noioso per i miei inviti, ma sono certo che con il tempo si realizzerà una vera gioia del vivere. Don Ulisse                               

 
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VOLONTA DI DIALOGO

Post n°251 pubblicato il 22 Marzo 2009 da donulissefrascali

Gentilissimi visitatori  è da lungo  tempo che riscontro un notevole numero di visitatori al mio blog:mi fa veramente piacere, ed è per questo che sarei ad invitarvi ad esporre un vostro commento.Non sono a richiedere un consenso; ogni persona deve ritenersi libera di esprimere un personale pensiero che si inserirebbe nella promozione del dialogo. E' un fatto importante  favorire oggi  nella realtà sociale  un dialogo schietto e sincero per incidere sulla crescita e sul rinnovamento sociale. Specialmente i giovani devono sentirsi impegnati a un sincero confronto che porrebbe le basi per un vero e autentico rinnovamento sociale. Grazie per l'impegno che ognuno  vorrà porre. Don Ulisse

 
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DA TOGLIATTI ALL'UNIPOL

Post n°250 pubblicato il 21 Marzo 2009 da donulissefrascali

DA TOGLIATTI ALL'UNIPOL

 

All'inizio i comunisti non amavano le coop. Stiamo parlando di quando, primavera del 1945, all'indomani della liberazione, la lega delle cooperative era espressione di tutte le componenti del movimento cooperativo: socialisti, riformisti liberali, cattolici. Anche se il presidente della lega coop, voluto dai capi partigiani del comitato di liberazione nazionale, era un riformista che poi aderirà al partito social democratico di Giuseppe Saragat, il capo indiscusso del PCI di allora, Palmiro Togliatti, considerava la lega un covo di privilegiati. Tanto che il 7 aprile 1945, parlando di cooperative, affermò: "non è possibile che un gruppo di avanguardia si organizzi isolatamente dalle masse per garantirsi condizioni di privilegio nella soluzione di determinati bisogni economici. Come sempre accade nella tradizione, mentre si dice una cosa, si pensa e si fa l'esatto contrario. Così di li a poco, forse prendendo a pretesto la costituzione della confederazione delle cooperative bianche da parte di Alcide De Gasperi, Togliatti decise di impadronirsi della Legacoop e impose come presidente Giulio Cerretti, un comunista fedelissimo. Con Cerretti di fatto, Togliatti dava il via alla "cinghia di trasmissione" Pci-Lega, al rapporto organico tra il partito e la sua principale struttura economica, primo passo di un processo che in un periodo di cinquant'anni, ha portato la Legacoop ad essere una tra le maggiori realtà economiche e finanziarie italiane.

 
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REALIZZAZIONE DELLA DEMOCRAZIA

Post n°249 pubblicato il 16 Marzo 2009 da donulissefrascali

 

REALIZZAZIONE DELLA

DEMOCRAZIA

 

Il governo del popolo da parte del popolo: ma quale popolo? Con quali fini?

Era un interrogativo che gli stessi propositori della democrazia si ponevano. La discordanza delle risposte rende inevitabile la deduzione che democrazia è un termine per niente assoluto. Tutte le differenti democrazie realizzate manifestano una determinata caratteristica comune: si professano al servizio dell'uomo. Il dramma è che non tutti hanno la stessa concezione di democrazia. Prendendo in esame una formula di governo detto democratico, ogni riflessione sulla democrazia porta ad un inquietante interrogativo: quali sono le esigenze naturali dell'uomo? Si direbbe che l'uso del termine democratico non abbia nulla a che fare con l'organIzzazione o il funzionamento dei poteri pubblici. Al contrario essa manifesta una degradazione del concetto di democrazia, che si lega alla posizione di interessi della maggioranza di potere. Infatti, rispetto ai fatti o ai rapporti da realizzare, questi saranno ritenuti democratici, quindi giusti e rispondenti, nella misura in cui saranno promossi dalla maggioranza e in favore della totalità popolare.

 
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CI SIAMO ANCHE NOI

Post n°248 pubblicato il 16 Marzo 2009 da donulissefrascali

Su queste riflessioni vi chiedo di inviarmi il vostro parere al fine d'integrarle per poi trasmetterle per conoscenza.

 
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CI SIAMO ANCHE NOI

Post n°247 pubblicato il 14 Marzo 2009 da donulissefrascali

 

CI SIAMO ANCHE NOI

 

Riporto una lettera inviata da Don Nello Giraudo sulla situazione della carceri, molto interessante in quanto Don Nello è cappellano della carceri di Savona.


Questa frase, ha bussato con insistenza nella mia mente, durante un convegno svoltosi a Genova il 10 – 02 – 2009 sull’insicurezza nelle carceri. La tematica estremamente interessante, si riferiva alla situazione del detenuto che, in determinate circostanze, può ricorrere all’autolesionismo, fino a raggiungere condizioni di suicidio. I relatori hanno sempre parlato di impegno competente e necessità di interscambio da inserire in una rete di operatori, sviluppando la tematica della speranza da offrire ad una popolazione in sofferenza. Anche le testimonianze di tre reclusi ha espresso il rispetto della dignità delle persone. Da quanto è emerso, ho colto l’importanza dell’impegno da impiegare all’interno delle carceri. Ho altresì notato una marginale attenzione per la figura del cappellano, emersa in maniera solo occasionale.

Nella struttura carceraria esistono molti punti di riferimento: gli agenti di custodia, la direzione, operatori vari, equipes di vari generi e volontari... Tutti con una notevole presenza in termini numerici, e con un impatto ben evidente. Il cappellano, essendo un unico individuo, è separato sul piano della personale valenza. Non è inserito in nessun compito ufficiale. E’ considerato solo per la sua personalità e spesso gli viene affidato un compito marginale. Concludendo il cappellano deve agire senza interferire troppo sull’organizzazione.

Ci sono cappellani che non hanno uno spazio adatto per ricevere i reclusi, la cappella rimane isolata dando vita a situazioni molto discutibili.

Eppure quante opportunità si presentano. Abbiamo l’opportunità di accedere nell’animo di ogni individuo, e quante cose si riescono a recepire... E’ per questo che ritengo che dovremmo rivedere il nostro ruolo all’interno del carcere. Si sono organizzati convegni e consigli pastorali nazionali sul tema, ma in questo momento colgo ancora questa necessità, quella che esce dal carcere e dovrebbe entrare nelle diocesi, perchè è troppa la dimenticanza.

Isolati i detenuti ed isolati i cappellani

Mi sembra di capire che ognuno sviluppi in maniera autonoma il compito che ci è stato affidato. Difficilmente riusciamo a far superere l’accorata disperazione dei detenuti. Non riusciamo a superare le mura del carcere nonostante la pressante richiesta d’aiuto. Quanti bisogni e quante risposte mai concretizzate e quante giustificazioni attribuite alla burocrazia e mai alla volontà di agire positivamente. Nel mondo della Chiesa molte strutture sono vuote od occupate da pochissime persone contro una enorme richiesta abitativa, ma nessuna viene occupata per tale scopo. Esiste la buona volontà di qualche sacerdote che, criticato da tanti, ha messo a disposizione la sua casa: tale atto vuole essere stimolo per noi. L’attenzione al povero è il comandamento cardine: ”ogni volta che avrete fatto questo a uno più piccolo di voi, l’avrete fatto a me”. Certamente l’ambiente proposto e la maggiore emarginazione intellettuale proposto dalle istituzioni favorirà una ulteriore necessità di delinquere e confermerà la tesi che chi aveva commesso crimini non riuscirà più ad uscirne. Per tali motivi sarà logica la necessità di nuove carceri, dove segregare i malvagi e per salvaguardare la nostra dignità che va sempre più disgregandosi, anche se ne andiamo fieri. Noi, Chiesa, dobbiamo abbandonare certi metodi, anche se si trattasse di una sola persona.

 
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INDIVIDUALISMO E COOPERAZIONE

Post n°246 pubblicato il 07 Marzo 2009 da donulissefrascali

INDIVIDUALISMO E COOPERAZIONE

 

La cooperazione è figlia dell’associazionismo solidale propagandato dai riformatori sociali dell’ottocento: liberali, democratici, socialisti e cristiano sociali. Nell’ambito politico l’idea cooperativa si caricò di significati utopici dando vita a diverse esperienze. L’associazionismo operaio e l’esperienza comunitaria è riemersa nel XX secolo nei Kibbuz, nelle associazioni agro industriali, basato sull’integrazione capitale e lavoro, operando in taluni settori dell’economia sociale, con una integrazione con l’organizzazione sindacale, con un modello politico che poneva la cooperazione al servizio di un progetto di rivoluzione economico politica specialmente negli ambienti più radicali del movimento operaio e socialista. Se lo scopo dell’impresa cooperativa fu ed è quello di fornire beni servizi ed occasioni di lavoro direttamente ai membri dell’organizzazione a condizioni più vantaggiose di quelle ottenute dal mercato, è certo che essa diede vita a un settore quantitativamente rilevante aperto ad innovazioni. Nata in antitesi all’affermazione del mercato capitalistico, con l’intento alle volte di resistenza e alle volte di adattamento, l’associazione economica volontaria senza fini di lucro, si definiva, sul piano giuridico ed amministrativo, in un processo di differenziazione nei confronti delle società puramente assistenziali. Diventata, in una società di massa, un fattore essenziale della cultura socialista, cattolica e cristiano sociale, la cooperazione svolse un ruolo importante nella diffusione di una coscienza democratica ed emancipatrice presso notevoli strati della popolazione. Agli inizi la cooperazione era stata incoraggiata dalla borghesia liberale per un fine di integrazione sociale e politica del proletariato. Trovò poi forti resistenze perché era diventata, accanto al partito e al sindacato la terza colonna del movimento socialista per l’emancipazione della classe operaia.

 
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DEMOCRAZIA, FONDAMENTO DELLO STATO SOCIALE

Post n°245 pubblicato il 01 Marzo 2009 da donulissefrascali

Quando la Democrazia era solo un ideale, era facile darne una definizione. Si contrapponeva ai sistemi politici allora in vigore, che si fondavano sul principio di autorità. Benché potesse sembrare utopico non fossero gestiti dai governanti, iniziava a trapelare il pensiero che “il governo del popolo da parte del popolo per il popolo” potesse rispondere in maniera più soddisfacente. Senza dubbio tale formula implicava una filosofia politica diversa perché il popolo poteva reclamare l’esercizio del potere, solo in quanto titolare. La democrazia era quindi essenzialmente una forma di governo. Questa concezione identifica la democrazia con una forma costituzionale che si è rivelata insufficiente quando gli uomini non si sono più limitati a rappresentarsi la Democrazia, ma hanno tentato di viverla. Risultò quindi evidente che il concetto puramente formale della democrazia era veramente troppo ristretto per rispondere ad una esigenza il cui contenuto si ampliava al ritmo dell’evoluzione sociale. Ne consegue che l’analisi della Democrazia porta a considerarla più una tendenza che una forma operativa. D’altronde, considerando le istituzioni politiche in cui gli operatori dicono di volerla realizzare, risulta evidente come nella prassi questi abbiano cancellato, l’ideologia e i concetti che avevano contrassegnato la democrazia presso i primi propositori.

 
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POTERE, CONTRO POTERE E VOLONTARIATO SOCIALE

Post n°244 pubblicato il 20 Febbraio 2009 da donulissefrascali

E' drammaticamente tragica la situazione mondiale: guerre civili e conflitti che si estendono sempre più dando origine ad una triste indifferenza e acquiescenza determinata dalla quotidianità dei fatti. La massa non si muove: rimane attonita al moltiplicarsi dei conflitti. Esiste una forte valenza per contrastare il dilagare della violenza e del terrorismo: il volontariato. Particolarmente il mondo giovanile è sensibile e risponde agli appelli di un volontariato particolare e diverso. E' di Platone lo slogan: il popolo non ha bisogno di carità ma di giustizia sociale. La valenza del volontariato deve essere di natura politica, non di partito. Di politiche sociali, che non favoriscono i privilegi dei potenti. L'esperienza della attività, svolta nel centro da noi avviato, testimonia da 40 anni il successo economico e politico di una realizzazione operata da miglia di giovani provenienti da ogni parte d'Italia con serie situazioni di disagio. Il centro, la casa che è sorta deve essere aperta ai giovani e a quanti desiderino di fare una esperienza diversa di volontariato con spirito di solidarietà e di gruppo. Don Ulisse Frascali.

 
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MOTIVI CHE HANNO CAUSATO IL LUNGO SILENZIO

Post n°243 pubblicato il 18 Febbraio 2009 da donulissefrascali

Carissimi amici sono dispiaciuto per il lungo silenzio che sono stato costretto a fare: infatti è da oltre un mese che non mando più messaggi sul mio blog. Ho avuto dei disturbi fisici abbastanza pesanti per cui sono stato ricoverato in ospedale per un periodo. Ora vado molto meglio, sono a casa, e spero di riprendere quanto prima il dialogo che si era intrapreso con un bel numero di amici.Continuiamo il dialogo per poter confrontarci con serenità per realizzare una vera giustizia sociale. Don Ulisse

 
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Post N° 242

Post n°242 pubblicato il 03 Gennaio 2009 da donulissefrascali

DEVIANZA SOCIALE: CAUSE E CONSEGUENZE

 

Il termine deviazionismo è stato introdotto nel discorso sociologico per consonanza con il termine di devianza, che determina il comportamento soggettivo di chi è caduto in una deviazione comportamentale, con l’avvertenza che è il termine usato comunemente rispetto al più raro di devianza, considerati tuttavia come sinonimi. A parte l’adozione del termine, assai maggior influenza delle ricerche antropologiche e psicologiche sulla formazione del significato del termine di devianza, nell’accezione contemporanea, hanno avuto altre concezioni che risalgono a molto tempo addietro nel pensiero antropologico. Dopo un lungo periodo di predominio del concetto di devianza, nel periodo 1950-70, una notevole serie di interventi, hanno definitivamente stabilito l’importanza per il concetto di devianza della definizione sociale di essa, delle reazioni cui è esposto colui che è definito deviante, e del modo in cui viene trasformata, a volte irreversibilmente, la personalità di questi a causa dell’essere così etichettato. L’atto deviante va distinto dal soggetto deviante. Molti atti devianti sono palesi (p.es. furti, omicidi,) mentre il loro soggetto resta ignoto, e non è quindi percepito come deviante. Inoltre, se un individuo compie un atto deviante in modo casuale, in modo irresponsabile o perché provocato, non emerge come deviante e viene dimenticato il suo gesto che resterà senza conseguenze sociali. Comunque la devianza è temuta e osteggiata in tutte le collettività aventi un minimo di stabilità e di durata, con forme di controllo sociale. Sottraendosi a norme o aspettative concernenti il suo ruolo di lavoro, un soggetto può compromettere le possibilità di lavoro di tanti altri che con lui hanno rapporti. Il possibile effetto della devianza può essere spesso una distribuzione di potere o di risorse politiche a favore dei devianti, alla quale si oppongono i gruppi maggioritari che traggono vantaggio dalla conformità generale a determinate norme e regole di condotta. La devianza, non ha soltanto effetti disfunzionali. Concentrando l’attenzione su un nemico esterno, il deviante, sulla necessità di realizzare un fine comune, nonostante gli attacchi cui il deviante è sottoposto, la devianza contribuisce ad accrescere la solidarietà della collettività. La devianza può inoltre facilitare il chiarimento di norme promosse dal potere, che sono violate perché oscure e ambigue, rendendole in tal modo più efficaci.Serve pure a portare alla eliminazione o semplificazione di norme troppo formali e rigide, accrescendo in tal modo la capacità di adattamento di un gruppo e consentire lo sbocco di motivazioni che, se fossero incanalate in altre direzioni, produrrebbero danni più gravi. Per tali motivi la devianza viene considerata non soltanto un fatto normale in tutte le collettività in quanto prodotto inevitabile dell’esistenza di norme, ma anche, entro certi limiti, come un importante contributo all’esistenza stessa di collettività organizzate.

 
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Documentario "Sognando Itaca" - 1983

Post n°241 pubblicato il 27 Dicembre 2008 da donulissefrascali

Buona visione.

 
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Post N° 240

Post n°240 pubblicato il 12 Dicembre 2008 da donulissefrascali

POTERE, ANARCHISMO, SERVIZIO.

Il potere inteso in senso specificamente sociale, vale a dire in rapporto alla vita dell’uomo in società, il potere diventa da generica capacità di operare, capacità dell’uomo di determinare la condotta dell’uomo. E’ potere sociale quello di un governo di impartire comandi ai cittadini, mentre non lo è la capacità dell’uomo di controllare la natura e servirsi delle sue risorse. Tuttavia in linea di principio il potere sull’uomo è sempre distinguibile da quello sulle cose, e quest’ultimo fatto è rilevante nello studio e nella definizione del potere sociale, per cui il concetto di potere occupa una posizione molto importante nei diversi indirizzi della sociologia moderna e contemporanea. Le definizioni sociologiche del potere sono numerose e disparate, (osserviamo la realtà di potere della sociologia marxista) e spesso usate in modo sfocato anche quando dal loro contenuto dipende un’intera costruzione sociale. Da quanto esposto emerge un’altra forma di potere sociale: l’anarchismo. Non diversamente da altri tipi di dottrine, nell’anarchismo è implicita una teoria sociale, cioè un insieme di affermazioni tra loro collegate circa la realtà dell’uomo in quanto essere sociale.

Senza abbandonare nessuno dei principi trasmessi dalla tradizione tranne l’idea di rivoluzione distruttrice e violenta, tale tentativo è stato ripreso e continuato dall’anarchismo contemporaneo che oltre a disporre di materiali antropologici e storici assai ricchi, trova tutto conforme alle proprie ipotesi molti aspetti della necessità di cambiamento sociale e culturale. Da quanto su esposto risulta chiaro che non è possibile parlare di potere dispotico, e ancora meno dell’anarchismo, ma risulta chiaro che ogni forma di governo deve avere una indiscussa finalità di servizio alla base popolare. Nella concezione più specifica si intende per servizio l’attività svolta da un personaggio economico o da una persona inserita in una funzione di potere. Quest’ultima categoria e indubbiamente la più importante. Si può dire che tutta l’attività finanziaria non è altro che un grandioso processo di trasformazione di fattori produttivi destinati a soddisfare vari bisogni pubblici. La scelta qualitativa e quantitativa dei servizi pubblici operata da una persona di potere è di grande importanza perché è strettamente connessa con le finalità che lo stato intende realizzare con la promozione del bene comune.

 
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