Petali di Luna

Post N° 6


Elogio al mio folle sogno Certo, questo non sarà sicuramente lo scritto adeguato. Qualcosa di leggero e appropriato, adatto al tempo e all’occasione. L’abito giusto nel posto giusto al momento giusto. Potevo sicuramente dirvi altro: sono un pozzo senza fondo, ho migliaia di risorse e per tutti i gusti. Come mi preferite? Ironica, disincantata, seria, profonda, riflessiva, poetica, patetica o incazzata? Non avete che da scegliere. Ma sono folle e scrivo solo quello che sento e come mi viene al momento. Vivo in un sogno nel quale sono un essere speciale che trasmette i suoi pensieri all’umanità intera. Vorrei condividere il mio universo, che secondo me ha un valore immenso, ma nessuno lo sa e può trarne beneficio. Ho un bisogno fisico di sfogare queste infinite rielaborazioni del genio che non trova ascolto. Ma sono anche un mostro di egoismo, perché voglio compiacere il mio ego a lungo sottovalutato. Pochi conoscono le mie vere potenzialità e quanto posso regalare. Se solo mi lasciassero parlare! Ho bisogno della mia pera di scrittura quotidiana, a volte anche più di una, talmente sto a rota. Sono pazza, sì lo so, perché credo di avere un passato originale e particolare, nonché un presente assurdo sempreappesaadunfilo per non precipitare nel baratro, ed un futuro indefinibile, inqualificabile, imprevedibile, impensabile. Eppure tutti abbiamo una vita originale, no? Scrivere: è l'unico mezzo che ho per non tagliare quel filo, per non abbandonarmi alla corrente e affogare nell’oblio. Non ho motivo di esistere solo per sopravvivere in un’arena nella quale sono perdente in partenza, giacchè non voglio vincere questo sporco gioco. Voglio vincere il nobel della vera Pazzia. E allora m’illudo. E’ tutta la vita che m’illudo. Direte voi: questa è da legare, ma chi l’ha sciolta? Mi sono liberata da sola, non temete, sono innocua. Sono convinta che solo la follia superi i confini dell’impensabile. L’imprudenza vede oltre, tuttavia, così diventa ancor più folle. Come spiegarmi all’ignaro passante, al mio compagno di banco, alla barista che ogni giorno mi prepara il caffè? Ho solo quest’arma: la parola. Io voglio che tutti conoscano il mio universo: il mio inferno, il mio purgatorio e il mio paradiso. Sono follemente innamorata della mia mente! Sono una pazza dai mille colori e dolori. Non voglio rinsavire perché significherebbe la fine: la lama che recide questo stelo già appassito, il biglietto di sola andata per l’inferno. Cos’è l’uomo senza il sogno, se non un automa che riproduce sempre gli stessi giorni? Uno dietro l’altro, come pezzi alla catena di montaggio. Per arrivare dove?, se solo la stupida morte ci attende? Sempre la stessa vita, finchè non avrà capelli bianchi e tutta la sabbia del tempo nelle tasche. Che cosa m’importa di programmare quando non sono sicura di poterci arrivare? E quand’anche fossi vicina alla meta, chi mi garantisce che lungo il cammino io non incontri il destino che sa scompigliare le carte ad opera d’arte? Vivo alla giornata, mi godo il presente e schivo il futuro, ma sono anche un‘incosciente perché il presente è già maturo. Quelle che leggete sono parole di un’anima ferita, chi la conosce meglio della sottoscritta? Vorrei potermi almeno riscattare. Cercare di colmare quelle voragini che io stessa ho creato. Dimostrare veramente quanto ho sudato. Dare ai miei figli quello che ho sempre negato e recuperare il tempo perduto. Sputare in faccia a chi mi umilia ingiustamente; a chi mi da della demente perché lo scrittore non produce niente - manco l’opera della mente fosse il niente! -; a chi mi ha derubata; a chi ha approfittato della mia buonafede; a chi mi ha regalato quello che ho pagato; a chi mi da della fallita perché il ricco vince nella vita; a chi non considera il mio personalissimo passato e non capisce niente di quello che è successo veramente; a chi dedico la poesia tradita e a tutti quelli che mi hanno fottuto nella vita. Sono malata sì, perché odio me stessa per quanto sono fessa. Divento mostruosa e una belva furiosa mi scalpita in petto. Perché ho permesso che mi facessero dispetto? Tutto ad un tratto ho aperto gli occhi. Sogno ma son desta. Mi condanno a morte pur avendo commesso peccati veniali. Mi rendo conto da sola che sono ingiusta e severa con me stessa: non finisco mai di pagare pene. Dovrei raccontarvi che dice la mia coscienza, per farvi capire. Lei mi parla sempre con la voce del medievale Senso di Colpa che attanaglia il mio cuore con la morsa del dolore. Sono carta straccia irrilevante, direte voi, eppure sono sicura di avere uno spessore infinitamente grande. Sono svalvolata perché nel mio delirio posso dire tutto quello che mi pare e nessuno può obiettare! Se non volete ascoltare, siete pregati di andare, qua c’è una pazza da legare, che ha bisogno solo di parlare. E come mai mi viene tutto in rima? Non vorrei sembrasse fatto apposta, direte che ho una bella faccia tosta, ma davvero mi viene naturale, cosa ci posso fare? Vi sto annoiando? E chissenefrega, abbiate pazienza. I pazzi sono fastidiosi, noiosi, si lamentano sempre, hanno bisogno di cure e devozione, orsù, non fate così, prestatemi ancora un attimo di attenzione. Quando vi ricapita più questa occasione? Un tuffo nel pensiero di una demente che non vale niente? Sono solo una che viaggia controsenso, dal cielo precipitata e in una stalla finita, dove volete che vada? Mi alzo e mi risiedo: ma chi me lo fa fare? Sono incollata a questa tastiera: il filo conduttore. Non riesco a spegnere l’interruttore. Ho altri doveri, lasciatemi scappare! Mi devo lavare e vestire, quando vorrei solo spogliarmi di parole. Sono da curare, lo so, perché provo un piacere sublime nel vedere la mia illusione scolpita in questi caratteri digitati. E mi leggo, mi rileggo incredula. Non mi riconosco mai o mi scopro ogni volta diversa: ma chi è che scrive in questi momenti? Sono in piena ispirazione, non posso perdere un’altra occasione. Non ho più spazio e mi tocca abbandonare di nuovo la postazione, ma così mi girano i coglioni! E allora basta, la smetto di blaterare, non ho nemmeno più tempo da sprecare: in qualche modo bisogna pur mangiare. La mia arte è ingegnare per campare. In verità non sono pazza: è l’apparenza che spiazza.