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Profughi: dove sono i Paesi umanitari?


 I migranti tra morte nel Mediterraneo e menefreghismo della comunità internazionaleIl Mar Mediterraneo è stato sempre al centro delle vicende della storia dell’umanità: dall’antagonismo fra gli imperi del mondo fino alle rivalità fra nazioni del secolo scorso.Oggi il Mediterraneo non rappresenta più una lotta per il potere, ma la sofferenza di chi è inerme. I corpi che la marea porta a riva sulle spiagge d’Europa, le imbarcazioni affollate alla deriva e le famiglie che rischiano tutto per fare quel viaggio pieno di insidie che ha una sola semplice interpretazione: l’incapacità della comunità internazionale di affrontare la crisi e di farlo in modo umano e compassionevole.Ogni giorno sulle coste meridionali d’Italia giungono profughi che hanno dovuto abbandonare le proprie case fuggendo da guerre fratricide e creando implicazioni pesantissime sulla struttura economica e sociale dei paesi ospitanti.Sono in continua crescita e spesso vengono accampati in tende e baracche senza servizi e senza documenti validi né permessi di lavoro. La situazione si aggrava ogni giorno di più nel sostanziale disinteresse della comunità internazionale.Gente che chiede assistenza e solidarietà perché arriva affamata e in condizioni precarie, fuggendo dall’orrore della morte, dal morso del terrore e trovando, molte volte, la morte nelle acque del Mediterraneo.È necessario, una buona volta, che i governanti dei Paesi del mondo intero si riuniscano intorno ad un tavolo per discutere seriamente del problema e cercare una soluzione partendo dall’eliminazione delle fabbriche che vendono armi sottobanco con il loro beneplacito.Basta fare lo scaricabarile chiudendo gli occhi davanti ad una delle più grandi tragedie della storia contemporanea.E ai guerrafondai orientali dico di non nascondere i loro loschi interessi dietro a credi religiosi, perché il male fatto alla propria gente è un male fatto a Dio, che è Pace e Amore, in qualsiasi modo lo si voglia chiamare.  Skappà d’ò pròbbete kambàNu sckuppe lundane, remurede vattagghje ka s’avvecinenesèmbe de chjù. ‘A pavure è i lagremel’ucchje jènghene, ka da mise nen vèdenesckitte mòrte è rruvine. ‘Na bòmmekògghje n’areve avvecine a’ kase.De furje chjù ka se póde, se pigghjenembrazze i krjature chjù pecceninneè tra lukkule è chjande de kòrzes’aèsce d’a kase. Timbe ne nge ne stàde pegghjà ninde: ce se arretròveammizze a’ strate è subbete ngammine.Kòrre! Skappà lundane! Abbesugnejì vìje subbete subbete pekkè krajetròppe tarde   apputarrìje ghèsse;kraje ‘a kase ghèsse putarrìjenu mendòne de sderrupe. Se fernèscesóp’a nu varkòne pe skappà nen nzuled’a uèrre, ma pure d’ò pròbbete kambà,da tuttekuille ka se tenéve, kumbréseu ‘vvenì ka p’i figghje se sunnave!Fuggire dalla propria vitaUno scoppio lontano, rumoridi battaglie che si avvicinanosempre più. Il terrore e le lacrimeriempiono gli occhi, che da mesi vedonosolo morte e macerie. Una bombacolpisce un albero vicino casa.Veloce più che non si può, si prendonoin braccio i bimbi più piccolie tra grida e pianti di corsasi esce di casa. Non c’è tempodi prendere nulla: ci si ritrovaper strada e subito in cammino.Correre! Fuggire lontano! BisognaAndare via subito perché domaniPotrebbe essere troppo tardi;domani la casa potrebbe essereun mucchio di macerie. Si finiscesu di un barcone per fuggire non solodalla guerra, ma anche dalla propria vita,da tutto ciò che si aveva, compresoil futuro che si sognava per i figli!   I migranti tra morte nel Mediterraneo e menefreghismo della comunità internazionaleIl Mar Mediterraneo è stato sempre al centro delle vicende della storia dell’umanità: dall’antagonismo fra gli imperi del mondo fino alle rivalità fra nazioni del secolo scorso.Oggi il Mediterraneo non rappresenta più una lotta per il potere, ma la sofferenza di chi è inerme. I corpi che la marea porta a riva sulle spiagge d’Europa, le imbarcazioni affollate alla deriva e le famiglie che rischiano tutto per fare quel viaggio pieno di insidie che ha una sola semplice interpretazione: l’incapacità della comunità internazionale di affrontare la crisi e di farlo in modo umano e compassionevole.Ogni giorno sulle coste meridionali d’Italia giungono profughi che hanno dovuto abbandonare le proprie case fuggendo da guerre fratricide e creando implicazioni pesantissime sulla struttura economica e sociale dei paesi ospitanti.Sono in continua crescita e spesso vengono accampati in tende e baracche senza servizi e senza documenti validi né permessi di lavoro. La situazione si aggrava ogni giorno di più nel sostanziale disinteresse della comunità internazionale.Gente che chiede assistenza e solidarietà perché arriva affamata e in condizioni precarie, fuggendo dall’orrore della morte, dal morso del terrore e trovando, molte volte, la morte nelle acque del Mediterraneo.È necessario, una buona volta, che i governanti dei Paesi del mondo intero si riuniscano intorno ad un tavolo per discutere seriamente del problema e cercare una soluzione partendo dall’eliminazione delle fabbriche che vendono armi sottobanco con il loro beneplacito.Basta fare lo scaricabarile chiudendo gli occhi davanti ad una delle più grandi tragedie della storia contemporanea.E ai guerrafondai orientali dico di non nascondere i loro loschi interessi dietro a credi religiosi, perché il male fatto alla propria gente è un male fatto a Dio, che è Pace e Amore, in qualsiasi modo lo si voglia chiamare.  Skappà d’ò pròbbete kambàNu sckuppe lundane, remurede vattagghje ka s’avvecinenesèmbe de chjù. ‘A pavure è i lagremel’ucchje jènghene, ka da mise nen vèdenesckitte mòrte è rruvine. ‘Na bòmmekògghje n’areve avvecine a’ kase.De furje chjù ka se póde, se pigghjenembrazze i krjature chjù pecceninneè tra lukkule è chjande de kòrzes’aèsce d’a kase. Timbe ne nge ne stàde pegghjà ninde: ce se arretròveammizze a’ strate è subbete ngammine.Kòrre! Skappà lundane! Abbesugnejì vìje subbete subbete pekkè krajetròppe tarde   apputarrìje ghèsse;kraje ‘a kase ghèsse putarrìjenu mendòne de sderrupe. Se fernèscesóp’a nu varkòne pe skappà nen nzuled’a uèrre, ma pure d’ò pròbbete kambà,da tuttekuille ka se tenéve, kumbréseu ‘vvenì ka p’i figghje se sunnave!Fuggire dalla propria vitaUno scoppio lontano, rumoridi battaglie che si avvicinanosempre più. Il terrore e le lacrimeriempiono gli occhi, che da mesi vedonosolo morte e macerie. Una bombacolpisce un albero vicino casa.Veloce più che non si può, si prendonoin braccio i bimbi più piccolie tra grida e pianti di corsasi esce di casa. Non c’è tempodi prendere nulla: ci si ritrovaper strada e subito in cammino.Correre! Fuggire lontano! BisognaAndare via subito perché domaniPotrebbe essere troppo tardi;domani la casa potrebbe essereun mucchio di macerie. Si finiscesu di un barcone per fuggire non solodalla guerra, ma anche dalla propria vita,da tutto ciò che si aveva, compresoil futuro che si sognava per i figli!