pasqualezolla

Le mani in pasta sono sempre più all'ordine del giorno


 Il MalaffareCorruzione, tangenti, furti, truffa, abusi in atti di ufficio…Non passa giorno che non si legge di corrotti e corruttori soprattutto nell’ambito della pubblica amministrazione, dove le persone abusano della loro posizione  per ottenere un indebito vantaggio, un guadagno privato.Ma anche il corruttore è coinvolto perché anche lui ne trae beneficio per eventuali appalti milionari.E i corrotti e i corruttori ben sanno che con i loro intrallazzi fanno innalzare tasse (per lo più ben camuffate!) che impoveriscono l’intero paese, fanno perdere credibilità all’economia e fanno diminuire gli investimenti.Si dice che il potere corrompe, ma in realtà il potere attrae i corruttibili, perché la persona di buoni principi e sana viene attratta da altre cose che non il potere.Oggi la nostra società italiana sembra putrefatta e moralmente fiacca, non solo il governo e il sottogoverno, perché tra chi sta dentro il palazzo e chi sta fuori c’è una corrispondenza che è quella di procurarsi enormi quantità di soldi che i partiti e le loro correnti divorano, creando una ragnatela di reciproci ricatti.Leggi? Servono  a poco anche se sagge, perché non garantiscono libertà e felicità al popolo i cui costumi sono corrotti, per cui essere ladri non fa più nessun effetto, anche se vendere la propria anima è il punto più basso della storia dell’umanità.Per combattere questo andazzo bisognerebbe cambiare gli italiani, non la classe politica, perché anche quella nuova si corrompe facilmente.Un antico detto di Lucera (Fg) dice: “I mòmmabbìje fanne arrapì l’ucchje è cekate!” (I soldi fanno aprire gli occhi ai ciechi!) e Publio Cornelio Tacito, negli Annali, (II sec.) scrive: “Corruptissima republica plurimae leges!” (Molte sono le leggi quando lo Stato è corrotto!).A buon intenditor, poche parole! Tra u dì è u fà U malaffare éje akkume a ‘na palle de néve, kuanne akkuminge a ruciuljà pòde sckitte aùmendà. Isse  vatte se pòde sckitte  k’a kulture, ‘na òcce ka buke u petròne. Kuille ka malaffare kummèttene sònne pekkature  ka nu passe  annande hanne fatte: nenn’hanne d’abbesugne de Dìje, pekkè lòre stisse se sèndene Dìje. Akkussì u malaffare addevendate éje lègge ka nen respètte l’ata lègge, arramaje skumbarute, d’a vertù, d’u ‘nure è dd’u vére. ‘A uneka lègge ka è timbe nustre akkumanne dind’a l’Italje éje ka tra u dì è u fà nu mallòppe ce stace da dà!   Tra il dire e il fare Il malaffare è come una palla di neve, quando comincia a rotolare può solo aumentare. Esso battere si può con la cultura, una goccia che scava la roccia. Coloro che commettono malaffari sono peccatori che un passo avanti hanno fatto: non hanno bisogno di Dio, perché loro stessi si sentono Dio. Così il malaffare è diventato legge che non rispetta l’altra legge, ormai scomparsa, della virtù, dell’onore e della verità. L’unica legge che ai giorni nostri impera in Italia è che tra il dire e il fare una busta c’è da dare!