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Origini della commemorazione dei defunti


 La commemorazione dei defuntiLa commemorazione dei defunti del 2 novembre ha origine antichissime, che uniscono paesi lontani per epoche e distanze, e anche la data non è casuale, perché nell’atichità già si celebrava la festa degli antenati o dei defunti in un periodo che cadeva tra la fine di ottobre e i primi giorni di novembre.La data sembra riferirsi al periodo del grande diluvio, di cui si parla nelle Genesi, quando Noé costruì l’arca che, secondo quanto scritto, cadde nel diciassettesimo giorno del secondo mese, che corrisponderebbe al nostro novembre.La festa dei morti nacque in onore di persone che Dio stesso aveva annientato, col fine di scacciare la paura di nuovi eventi simili.Il rito della commemorazione dei defunti è sopravvissuto alle epoche e ai culti: dall’antica Roma alle civiltà celtiche, fino al Messico e alla Cina, è un proliferare di riti, dove il comune denominatore è consolare le anime dei defunti, perché siano propizie per i vivi.La tradizione celtica fu quella che forse diede origine a quella dei nostri tempi, perché era la celebrazione più importante del loro calendario, ricordata come la notte di Samhain, in cui venivano festeggiati tutti i morti e tutte le anime e cadeva tra il 31 ottobre e il 1° novembre.All’epoca dei primi cristiani la Chiesa cattolica faticava a sdradicare i culti pagani, cosiché nel 835 Papa Gregorio II spostò la festa di tutti i Santi dal 13 maggio al 1° novembre pensando di dare un nuovo significato ai culti pagani.Nel 998 Odilo, abate di Cluny, aggiunse al calendario cristiano il 2 novembre, come data per commerare i defunti. In memoria dei cari scomparsi, ci si mascherava da santi, da angeli e da diavoli e si accendevano dei falò.Naturalmente in ogni parte d’Italia ci sono tradizioni, ma io riporto quella della mia Lucera, dolce e calza appesa al camino, tratta dal mio dizionario enciclopedico: Parle kume t’ha fatte mammete.Il dolce consisteva nel grano tenero bollito e condito con diversi ingredienti di cui sotto, nonché nella calza di lana delle donne attaccata al caminetto nella notte tra il 1° e il 2 novembre, di cui di seguito.Trascivo le voci così come riportate nel dizionario del dialetto di Lucera (Fg):ciccekutte  sm. pl. – chicchi di grano tenero bolliti e conditi con il vincotto.gastronomia locale: Grano tenero (bianchetta) messo a bagno per almeno 24 ore e poi cotto e condito con vincotto (o miele), mandorle tritate, melagrano, melacotogno, noci tritate e cioccolato fondente fatto a dadini. Per tradizione viene preparato in occasione della festività dei Defunti (2 novembre).curiosità: I ciccekutte rappresentano la vita che rinasce nell’aldilà; u granate (il melograno)  l’immortalità e l’abbondanza; u vinekutte (il vincotto) l’amicizia, la compagnia e il flusso della fecondità femminile.filastrocca: ‘A kavezètte de l’aneme i murte, addefriscke* tutte i murte (ki t’è mmurte). = La calza dell’anima dei morti, siano benedetti tutti i morti (chi ti è morto).*addefriscke (rinfresca) è qui figurato come: rimenbra, ricorda.curiosità: La notte tra il primo e il due novembre, in occasione della festività dei defunti, si soleva attaccare al camino una calza di lana vuota, che al mattino successivo si trovava piena di frutta: mele, pere, melagrane, noci, castagne, ecc.. Ai ragazzi che durante l’anno non si erano comportati tanto bene, soprattutto nello studio, la calza si trovava piena di carboni. Ai ragazzi veniva detto che la calza era stata riempita dai «cari defunti» usciti dalle loro tombe in occasione della loro festività. I ragazzini, appena alzati, prendevano la calza e andavano in giro per il quartiere canticchiando la filastrocca di cui sopra.  Nesciune móreU dueje de Nuvèmbre u jurne éjed’a mammòrje de tuttekuande i murte;u jurne dind’a kuje ci’arrekurdamede ki have appéne tukkate u kambànustre è dde ki u kambà ce l’havearrjalate; de kuille ka se sònneamate è dde kuille ke ne nge stannechjù, ma ka kambene nd’i rekurde de gnunede nuje, ògnè jurne. Ce hanne lassate,ma ne nzònne assinde, sònne sckittepandasme è ttènene l’ucchje lórechjìne de gròrje appundate nd’i nustrechjìne de lagreme. Ne nzendime i vucelóre, i fjate lóre, i lóre vase è avvrazze, ma i sendime nd’i sulènzje d’i kure nustre, d’i rekurde nustreè ssi avezame l’ucchje ngile, i vedimend’i brellòkke d’u cile k’appiccene‘a lustre d’a lamje celèste, nd’a lustre d’u sòle sóp’a nu kambe de rane, dind’a l’ucchje de ki béne vulime, nd’i tanda vinde ka sciòscene,dind’i akkuarèlle d’u avetunne, nd’i scetate d’a kujéte d’a matine. È nda kuilli sulènzje i vuce lóre sendime ka ce dicene: «Nen lassate k’a mòrte ò i delure v’arròbbene i rekurde chjìne de prjèzze k’avite akkanusciute, k’avite kunnevise. Maje jarranne pèrze pekkè nesciune de nuje sóp’a sta tèrre murte éje fenghè kambe nd’u kòre de ki arrumane!»Nessuno muoreIl 2 Novembre è il giornodella memoria di tutti i morti;il giorno in cui ci ricordiamodi chi ha sfiorato la vitanostra e di chi ce l’hadonata; di coloro che si sono amati e di quelli che non ci sonopiù, ma che vivono nei ricordi di ognunodi noi, ogni giorno. Ci hanno lasciati,ma non sono assenti, sono soloinvisibili e hanno i loro occhipieni di gloria puntati nei nostripieni di lacrime. Non sentiamo le vociloro, i sospiri loro, i loro bacie abbracci, ma li sentiamo nei silenzidei nostri cuori, dei nostri ricordie se alziamo gli occhi al cielo, li vediamonelle stelle che accendonola luce della volta celeste, nella lucedel sole su di un campo di grano,negli occhi di chi amiamo,nei molti venti che soffiono,nelle pioggerelline autunnali,nei risvegli della quiete del mattino.E in quei silenzi le loro vocisentiamo che ci dicono: «Non lasciateche la morte o i dolori vi rubinoi ricordi gioiosi che aveteconosciuti, che avete condivisi.Non andranno mai persi perché nessunodi noi su questa terra è mortofinché vive nel cuore di chi resta!»