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Carnevale


  Il termine Carnevale indica il banchetto che si teneva il martedì grasso, l’ultimo giorno di Carnevale, e contemporaneamente l’inizio del periodo della quaresima, tempo di digiuno e purificazione.Il mese dedicato al Carnevale è febbraio in quanto anticamente era il mese dei riti di purificazione, tenuti in onore del dio etrusco Februus e della dea romana Febris; della commemorazione dei defunti, poiché segnava il passaggio dall’inverno alla primavera e permetteva un contatto con l’aldilà; dei riti di fecondazione, come nelle antichissime feste dei Lupercoli in onore di Marte e del dio Fauno.Nell’anrica Roma si celebrava la fertilità della terra che, dopo il torpore invernale, tornava a rivivere e nutrire uomini e animali.La rievocazione di quel momento, durante i Saturnalia, si esplicava oltre che con banchetti e balli con un momentaneo sovvertimento, in chiave scherzosa e dissoluta, degli obblighi sociali e delle gerarchie costituite, in favore del caos e del disordine che tutto permetteva. Così gli schiavi potevano considerarsi uomini liberi e comportarsi di conseguenza rappresentando caricature della classe dominante. Vestivano capi sgargianti e una maschera che rappresentava la personificazione di una divinità degli inferi (Saturno o Plutone), in quanto ritenevano che queste divinità vagassero sulla terra per tutto il periodo invernale, quando la terra era a riposo, e che i riti e le offerte servissero a farle tornare nell’oltretomba, favorendo così il raccolto della stagione estiva.Nel Medioevo il Carnevale continuò a garantire l’allegria e la sospensione momentanea delle regole e della morale comune. Gli uomini vestivano abiti femminili, i ricchi si travestivano da poveri, perché era lecito essere folli una volta l’anno.Oggi le strade si riempiono di gente festante con coriandoli svolazzanti e schiamazzi dovunque. ‘A vite akkum’ò Karnuàle éjeA Karnuàle u munne éjeakkum’a nu grusse tjatrea ndò gnune ndreppetéje‘a parta suje k’a masckueresóp’ò nase, ka andike éjekuande ‘a stèsse umanetàè u simmele éje d’u kagnamindede l’òme dinda n’atu ìje.‘Na msckuere dice de chjùde ‘na facce pekkè ògnè òmenasce ke ‘na faccia sujek’arrakkundéje ki éjeè da ndò véne è u nghjòvea’ stòrje. ‘A masckuere de Karnuàle‘a fujute éje d’a pròbbeta stòrje,‘a lebbertà d’a pròbbeta dindirindàpemmizze d’u stravesteminde.‘A vite akkum’ò Karnuàle éje:nze pòde maje sapè ka pazzìjefaciarrà pekkè ògnè perzònenenn’éje ka ‘na msckuere tjatrale,nu ndrèppete ka recetéjenu pròbbete rule è k’assumènneakkussì ‘a pròbbeta perzunaletàkundrebbuéje a ‘rrekkì ‘a kòmekatjatraletà d’a umane stubbedetà. La vita è come il CarnevaleA Carnevale il mondo ècome un vasto teatroin cui ognu interpreta la sua parte con la maschera sul naso, che è anticaquanta la stessa umanitàed è il simbolo della trasformazionedell’uomo in un altro io.Una maschera dice di piùdi una faccia perché ogni uomonasce con un suo voltoche racconta chi èe da dove viene e lo inchiodaalla storia. La maschera di Carnevaleè la fuga dalla propria storia,la libertà della propria identitàattraverso il travestimento.La vita è come il Carnevale:non si può mai sapere che scherzofarà perché ogni personanon è che una maschera teatrale,un attore che recitaun proprio ruolo e che assumendocosì la propria personalitàcontribuisce ad arricchire la comicateatralità dell’umana stupidità.