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Festa del papà 2020


 La festa del papàAnche se siamo in casa chiusi per l’epidemia del coronavirus voglio fare un augurio a tutti i papà del mondo che tanto danno ai loro figli e che in questi momenti brutti ridiventano bambini giocando in casa con i loro figlioletti. A tal proposito vorrei ricordare un gioco che si faceva con le sedie: il trenino. Si mettevano delle sedie una dietro l’altra e su di ognuna si sedeva un bambino. Il capotreno, quello seduto sulla sedia davanti, faceva anche da macchinista, passava per ritirare un biglietto fatto con pezzi di carta. Poi si partiva imitando i suoni della sirena del treno e dello sferragliamento dello ruote sui binari.Una volta partiti il capotreno il macchinista diceva ad esempio: svolta e sinistra e stendeva il braccio sinistro, curva a destra e spostava la testa a destra, chiedeva ai viaggiatori menzionando il numero del posto occupato cosa voleva fare o mangiare, oppure seguendo un itinerario ci si fermava ad una stazione per parlare di ciò che in quel posto di bello c’era, si fermava dove c’era una grande libreria per prendere dei libri e raccontare qualche storia, per poi invitare a fare dei disegni o a far raccontare ai viaggiatori una loro storia. Insomma era un gioco fantasioso che ci faceva passare il tempo con serenità. Lo si può fare coinvolgendo tutti i presenti, anche perché abbiamo a disposizione tutto il tempo che vogliamo. Senz’altro porterà un sorriso ai più piccoli e ai grandi la gioia di dare ai figlioletti un passatempo lontano dalla tivù.In Italia, la festa del papà si celebra  il 19 Marzo, il giorno in cui, dal 1968, si festeggia anche San Giuseppe. Le rose sono il simbolo di questa festa, rosse, se il genitore è ancora in vita, bianche, in caso contrario. Due tradizioni, in particolare, caratterizzano questa festa: i falò e le zeppole. Poiché la celebrazione di San Giuseppe coincide con la fine dell'inverno, le celebrazioni rituali religiose, come spesso accade, si sovrappongono a quelle pagane come i riti di purificazione agraria, di antica memoria. In quest'occasione, infatti, si bruciano i residui del raccolto sui campi, ed enormi cataste di legna vengono accese ai margini delle piazze. Quando il fuoco sta per spegnersi, alcuni lo scavalcano con grandi salti, e le vecchiette, mentre filano, intonano inni per San Giuseppe.Le zeppole di San Giuseppe sono un dolce tipico della cucina Italiana e derivano da una tradizione antica risalente addirittura all'epoca romana. Sono due le leggende che si tramandano: secondo la tradizione dell'epoca romana, dopo la fuga in Egitto con Maria e Gesù, San Giuseppe dovette vendere frittelle per poter mantenere la famiglia in terra straniera. Proprio per questo motivo, in tutta Italia, le zeppole divennero i dolci tipici della festa del papà, preparati per festeggiare e celebrare la figura di San Giuseppe.La seconda leggenda è legata alle celebrazioni che avvenivano nell'antica Roma il 17 marzo, in onore delle divinità del vino e del grano. Per omaggiare Bacco e Sileno, precettore e compagno di gozzoviglie del dio, il vino scorreva a fiumi, e per ingraziarsi le divinità del grano si friggevano delle frittelle di frumento. La poesia di quest’anno è dedicata a mio padre che non c’è più, ma lo è per tutti i padri che ci hanno preceduto e che ora sono tra le braccia del Signore.  A pateme ka chjù nge staceKare dòce favugnille scelljìje,scelljìje vèrze u chjù avete d’i cile,  allassópe pure pateme certamèndevedarraje. Dille ka appure ìjepatre è papanònne sònghe addevendateè ne mbòzze nen addengrazjarle pe m’avèarrjalate i kòse chjù mburtande d’a vitamìje: u timbe suje, ‘a ‘ttenzjòne suje,u ammòre suje. Arrekòrde, kume si mòfusse, kuanne mbrazze me peghjaveè m’avezave chjù ‘n’avete d’a kapa sujedecènneme: Chjù lundane de mè jarraje!Ògnè vòte ka te pènze, kare papà,sènde u kòre mìje vatte fòrteè ‘na dòce manungunìje d’i mumèndejute anzime me pighje. Ògge ka éje‘a fèsta tuje i agurje te vularrìjefà pure si ne nge staje chjù. Scelljìje,scelljìje dòce favugnille è purtea pateme nu vase è tutte u ammòreka pe isse aghje avute è angòremò tènghe, rekurdanne i uarde suje,‘a reruta suje è i bèlle paròle sujeka hanne arrapirte u jì mìje.  A mio padre che non c’è piùCaro dolce zefiro vola,vola verso il più alto dei cieli,  lassù di certo anche mio padrevedrai. Digli che anch’iosono diventato padre e nonnoe non posso non ringraziarlo per avermidonato le cose più importanti della vitamia: il suo tempo, la sua attenzione,il suo amore. Ricordo, come se adessofosse, quando in braccio mi prendevae mi alzava al di sopra della sua testadicendomi: Andrai più lontano di me!Ogni volta che ti penso, caro papà,sento il mio cuore battere fortee una dolce malinconia dei momentipassati insieme mi prende. Oggi che è la tua festa gli auguri ti vorreifare anche se non ci sei più. Vola,vola dolce zefiro e portaa mio padre un bacio e tutto l’amoreche per lui ho avuto e ancoraadesso ho, ricordando i suoi sguardi,il suo sorriso e le sue belle paroleche hanno aperto il mio cammino.