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Origini di febbraio


Le origini di FebbraioIl mese di febbraio deriva dal latino februare, che significa : purificare o un rimedio agli errori, dato che nel calendario romano era il periodo dei rituali di purificazione, tenuti in onore del dio etrusco Februus e della dea romana Febris, i quali avevano il loro culmine il giorno 14.Tale ricorrenza pagana è, poi, confluita nel culto cristiano tributato in onore a santa Febronia, poi soppiantata da san Valentino e trasferita al 25 giugno.Febbraio, assieme a gennaio, era l’ultimo mese aggiunto al calendario, poiché i romani consideravano l’inverno un periodo senza mesi.Fu Numa Pompilio, nel 713 a:C. a inserirlo per poter adattare al calendario l’anno solare: il febbraio originale conteneva 29 giorni e il bisestile era di 30.Augusto rimosse in seguito un giorno di febbraio per raggiungerlo al mese in suo nome, agosto, in modo che il mese dedicato a Giulio Cesare, luglio, non fosse più lungo.Poiché i calcoli calendariali antichi erano imprecisi, i sacerdoti romani inserirono un mese di inframezzo, Mercedonius, dopo febbraio, per riallineare le stagioni.Gli antichi definirono febbraio non solo corto e amaro, ma anche mese corto e maledetto, in quanto erano detti legati non solamente al calendario, ma anche al clima stagionale e all’economia familiare.Infatti in quei tempi lontani l’economia delle famiglie appartenenti al ceto medio/basso e dell’intera società era basato sulla produzione agricola, ed era fortemete vincolante dall’esito dei raccolti. La stagione invernale ed il mese di febbraio, soprattutto, rappresentavano un periodo di ansia e di preoccupazione, in prospettiva futura, e di povertà immediata, dato che le provviste ormai iniziavano a scarseggiare e gli animali erano poco numerosi e malandati a causa della carenza di erba, di fieno e di mangime.In questo mese si diffuse l’esigenza di sbarcare il lunario per raggiungere i mesi primaverili, durante i quali i contadini potevano ricavare qualche frutto dalla terra. Frebbare kurte è amareFrebbare, pecceninne è de prjèzze chjìne,ke kurjannele, kande, balle è masckerearrive sckumjande è vìje fujenda kuattèkuattòtte; se ne vacesènza ninde de tutte i stripete suje lassà.Nenn’éje nè béne vulute è nè sprezzateè k’a faccia suje ‘mmusunute, avvóte rire, ma éje ‘na rerute ka da fèsse pighjepekkè i jurne suje d’à kitre vernatesèmbe éje skumbussulate. È pekkuisted’è tatarusse nustre ditte venévekurte è amare è appure maleditte.Avvóte appresènde nu mbacciatesóle ka se nzakke nd’i kacchje d’i arevep’i cighje kulurà è gumbjà i frònne  ka nd’i cighje a se frummà akkuminzene.Febbraio corto e amaroFebbraio, piccolo e gaio,con coriandoli, canti, balli e mascheregiunge spiumeggiante e corre viain un soffio; se ne vasenza lsciare nulla del suo frastuono.Non è né amato e né invisoe col suo volto imbronciato, talvoltasorride, ma è un riso di schernoperché i suoi giorni del rigido invernosono sempre sconvolti. E per questodai nostri avi veniva dettocorto e amaro e anche maledetto.A volte mostra un timidosole che si insinua tra i rami degli alberiper tingere i germogli e gonfiare le foglieche nei germogli cominciano a formarsi.