Passaggi di Penna

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La strada era quasi deserta, le ghiande cadute dalle querce scricchiolavano frantumandosi sotto il peso delle sue scarpe. Alessandro vagava oramai da tutto il giorno, in cerca di chissà che cosa, in cerca di chissà chi. Il sole, rosso di vergogna, come se si attribuisse le colpe delle nefandezze del mondo a cui aveva donato luce, scendeva mesto tra i palazzi.Gli odori di settembre gli entravano nel cervello, e gli ricordavano quanto quegli stessi profumi che nei bei momenti rendono ancora più felici, nei momenti brutti, chissà per quale alchimia, lo rendevano ancora più triste. Se fosse stato possibile.Ancora non si capacitava. Come era potuto accadere? No,no... non era autocritica, era convinto di essere nel giusto, di aver agito secondo coscienza e di non avere torto. Eppure...eppure non era bastato. La donna per la quale avrebbe dato la vita lo aveva cacciato dalla sua. Il momento della svolta nella sua vita, il periodo che gli aveva donato la capacità di guardare direttamente dietro gli occhi delle donne permettendogli di essere un uomo migliore, gli si stava ritorcendo contro. Come se avesse stretto un patto col diavolo e quest'ultimo esigesse il suo tornaconto.Si sedette alla prima panchina che trovò. Era una pachina di ferro come tante ne aveva viste da bambino, era stupito ancora ce ne fossero in giro. Il freddo del metallo passò immediatamente i pantaloni nè leggeri nè pesanti di mezza stagione, un brivido partì dalla base della schiena e raggiunse la nuca. Non si curò di quel piccolo, insignificante malessere passeggero. Rimase a guardare il sole che scendeva lento dietro le case dove piccole grandi vite brulicavano, mentre la sua dalla mattina di quel giorno sembrava entrata come in stand-by.Pensò a lungo.Alla fine prese il cellulare in mano, scorse la rubrica e, arrivato al nome che stava cercando, si fermò e schiacciò il tasto di chiamata.Porse all'orecchio il telefonino mentre il display recitava meccanicamente "Claude - Chiamata in corso...".