Post n°9 pubblicato il 07 Giugno 2005 da a4mani

La strada era quasi deserta, le ghiande cadute dalle querce scricchiolavano frantumandosi sotto il peso delle sue scarpe. Alessandro vagava oramai da tutto il giorno, in cerca di chissà che cosa, in cerca di chissà chi. Il sole, rosso di vergogna, come se si attribuisse le colpe delle nefandezze del mondo a cui aveva donato luce, scendeva mesto tra i palazzi.
Gli odori di settembre gli entravano nel cervello, e gli ricordavano quanto quegli stessi profumi che nei bei momenti rendono ancora più felici, nei momenti brutti, chissà per quale alchimia, lo rendevano ancora più triste. Se fosse stato possibile.
Ancora non si capacitava. Come era potuto accadere? No,no... non era autocritica, era convinto di essere nel giusto, di aver agito secondo coscienza e di non avere torto. Eppure...eppure non era bastato. La donna per la quale avrebbe dato la vita lo aveva cacciato dalla sua. Il momento della svolta nella sua vita, il periodo che gli aveva donato la capacità di guardare direttamente dietro gli occhi delle donne permettendogli di essere un uomo migliore, gli si stava ritorcendo contro. Come se avesse stretto un patto col diavolo e quest'ultimo esigesse il suo tornaconto.
Si sedette alla prima panchina che trovò. Era una pachina di ferro come tante ne aveva viste da bambino, era stupito ancora ce ne fossero in giro. Il freddo del metallo passò immediatamente i pantaloni nè leggeri nè pesanti di mezza stagione, un brivido partì dalla base della schiena e raggiunse la nuca. Non si curò di quel piccolo, insignificante malessere passeggero. Rimase a guardare il sole che scendeva lento dietro le case dove piccole grandi vite brulicavano, mentre la sua dalla mattina di quel giorno sembrava entrata come in stand-by.
Pensò a lungo.
Alla fine prese il cellulare in mano, scorse la rubrica e, arrivato al nome che stava cercando, si fermò e schiacciò il tasto di chiamata.

Porse all'orecchio il telefonino mentre il display recitava meccanicamente "Claude - Chiamata in corso...".

 
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Post N° 8

Post n°8 pubblicato il 28 Maggio 2005 da a4mani

Silenzio. Adesso Silvia voleva solo il silenzio. E che quell'uomo sparisse, all'istante, dalla sua vista. Non c'era più ragione, non c'era più pensiero. C'era solo il caos, e ce l'aveva gettata lui.
Quel "Vattene" le bruciava in gola come fosse liquido acido, come se si stesse volontariamente strappando di dosso un pezzo di sè.. e infatti lo stava facendo... ma pur cercando ovunque dentro di sè, in quel momento tutto ciò che trovava era l'eco di quel "Vattene".
Che se ne andasse allora, e in fretta, senza alcun rumore.

Alessandro era rimasto impietrito da quella parola senza scampo, e guardando quella maschera senza volto che gli rivolgeva lo sguardo oltrepassandolo come fosse vetro opaco, capì che l'unica soluzione era il silenzio.

Con terribile agonia riuscì a infilare qualche panno a casaccio in una borsa, con movimenti lenti e struscianti, come il passo di un condannato a morte, e, raccolti chiavi, portafoglio e telefonino si apprestava ad uscire di casa.

Ma non voleva andar via.

Ma lei voleva andasse via.

Io voglio. Lei non vuole.

Fino a un'ora prima era ancora tra le mie braccia.. come ho fatto ad allontanarla tanto?

Il Silenzio. Quel silenzio voluto e concesso era ormai tempo e spazio infinito tra di loro. Chilometri e decenni, miglia e secoli di distanza. Avrebbe potuto correre e aspettare - aspettare e correre - correre e aspettare - e ancora correre ... ma quel silenzio era mare e terra e cielo... e lei era oltre tutto questo.

E lui non poteva fare nulla. Tranne che infilare quella porta, o urlare.
Urlare, squarciare il silenzio.

Infilò quella porta. E in silenzio la chiuse dietro di sè.

 
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Post N° 7

Post n°7 pubblicato il 26 Maggio 2005 da a4mani

"Lui...lui era diverso...da qualsiasi altra persona abbia mai incontrato fino a quel momento. Non gli importava di chi pensasse di essere qualcos'altro, e di chi si sforzasse di esserlo. Lui vedeva dentro di me come nessun altro aveva mai fatto fino a quel momento..."

Silvia lo ascoltava come una spettatrice troppo sensibile assiste ad una tradegia greca.

"L'ho incontrato in una serata di fine giugno di tanti anni fa, in una festa sulla spiaggia, avevamo degli amici in comune. A quel tempo ero single e, anche a causa di questo mio periodo un po' "strano", era da un po' che non avevo storie con qualche ragazza. Lui di dimostrò con me di una gentilezza squisita. Quasi per caso ci ritrovammo a passeggiare al chiaro di luna...neanche mi stavo accorgendo di come mi corteggiasse tanto era naturale il percorso che stavamo attraversando. Ad un certo punto mi guardò con quei grigi occhi sottili ed argentei come la lama di un pugnale..in men che non si dica mi trovai nudo sulla spiaggia con lui a...beh avrai capito no?"

Difficilmente conteneva l'imbarazzo così come a stento Silvia tratteneva le lacrime e la nausea. Forse...forse avrebbe preferito sapere di una storia con un'altra donna...adesso lei si sentiva come..."sporca". E non sapeva se era più la rabbia che provava verso il suo uomo o la consapevolezza della bassezza di questa sua sensazione.

"Passammo un'estate bellissima. Sinceramente quando mi disse che doveva andare via e che, molto probabilmente, non lo avrei più rivisto, pensai di morire. Poi però passò tutto, passarono le settimane, i mesi...riflettendo su quella storia capii che in fondo era stata la sua dolcezza ad attirarmi, tant'è che dal punto di vista fisico, per quanto fosse un bell'uomo, l'attrazione c'era ma non era nemmeno paragonabile al coinvolgimento emozionale che si era creato. Così, dopo parecchi mesi, riiniziai a frenquentare il gentil sesso. Ma ero cambiato, e adesso cercavo cose diverse nelle donne che avevo davanti. Non ero più il soldato impiegato in una missione con obiettivo "portare a letto al più presto possibile la femmina di turno", adesso cercavo compresione, sensibilità, dolcezza...ma anche forza, indipendenza, sensualità...Non mi duole affatto ammetterlo, la breve storia con Claude probabilmente mi ha reso un uomo migliore."

Silvia non credeva alle sue orecchie, tutte le barriere, i muri di pudore che i suoi genitori e gli educatori (maestri,professori,ecc) avevano eretto con cristiana pazienza sin dall'infanzia si stavano sbriciolando ai colpi continui delle parole del suo compagno. Nell'istante stesso in cui nella sua mente balenò la domanda "ma chi diamine ho sposato" dalla sua bocca uscì solo una parola, tagliente come un rasoio, potente come il gancio di un peso massimo, sibilante come un serpente.

"Vattene"

 
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Post N° 6

Post n°6 pubblicato il 09 Maggio 2005 da a4mani

- Non credevi fosse così importante???

Silvia era in completo stato da shock. Non poteva crederci. Tutto le pareva così distante, così bruciante. Un'intrusione di una realtà estranea, un bug nel sistema, una voce fuori coro che stonasse terribilemte con l'aria che sentiva cantare.
Lo guardava mentre ancora l'eco silenzioso della sua domanda risuonava e riempiva le pareti della stanza, riempiva la distanza, diventata ormai abissale, tra loro due, che potevano ancora sentire il calore dell'altro sulla propria pelle.

- Ma come puoi dire che non credevi fosse così importante? Allora dovresti dirmi cosa reputi importante, a questo punto! Hai avuto una storia con un uomo, e non reputi questa tua esperienza tanto importante da dirmelo? Come puoi pensare che creda a questa cosa?

Le morivano le parole in bocca... le si soffocavano in gola e perivano sulla lingua... la sua testa ospitava pensieri di ogni genere, mentre il suo spirito lottava per non cedere al vento che aveva cominciato a spirare violentissimo contro di lei e contro alla sua immagine di lui per lei... lottava per lui, cercando di mantenersi salda sulla sua ragione per cercare di capire, non cadendo nel burrone della collera... ma come aveva potuto tenerle nascosta una cosa del genere per così tanto tempo?

Se ne usciva sempre così, Alessandro. Ogni tanto succedeva qualcosa e lui, come dal nulla, scoperchiava un vaso di Pandora da cui non si sapeva mai cosa avrebbe tirato fuori. Bel casino stavolta.. bel casino.
Era così. Qualcosa accadeva e, - zac -, tirava fuori le sue matasse storico-emozionali.
Come quando in 5a liceo si scoprì che era stato lui, due anni prima, a provocare l'incendio della palestra. Voleva fare uno scherzo, un po' di fumo negli spogliatoi, e poi diede fuoco all'intera sala attrezzi. Nessuno seppe chi era stato, finchè Michele non si ricordò della felpa rossa trovata mezza bruciata sulla cattedra semi-arsa nel corridoio, felpa nominata da Silvia che ricordava come quella fosse stato l'unico indumento rimasto intatto dal passaggio del bulldog del vicino di Alessandro dal suo stendino. Felpa che era scomparsa misteriosamente, riapparsa nei ricordi del compagno di banco di Alessandro.
E lì disse tutto. Non voleva appiccare il fuoco alla palestra, certo. E al momento delle accuse gli mancò il coraggio di ammettere la colpa. Ne andò di mezzo tutta la scuola. Gli amici gli perdonarono prima la bravata del fuoco che il fatto di non averlo mai detto neanche a loro.
Non aveva il coraggio. Troppo spesso, gli mancava il coraggio, come questa volta. E come quella volta, Silvia era fuori di sè. 

- E' una storia vecchia, Silvia. Sono passati ormai 10 anni. E noi ci siamo ricominciati a frequentare da un paio. E' lontano quel periodo, e sono lontane quelle scelte. Hai ragione, avrei dovuto parlartene, ma è un discorso di cui ancora ho remore a parlare. Non è facile razionalizzare quel periodo, non è facile spiegare il perchè di determinati percorsi di vita, così estremi poi.
Non comprendevo i miei gusti. Non riuscivo a capire perchè fossi attratto dalle donne, e affascinato dagli uomini. Ero spaventato dal desiderio che incontravo, con alcuni, di toccarli, di baciarli. Di avere uno scambio fisico più profondo, con loro. Poi incontrai Claude. Lui comprese al volo quello che stavo passando.

 
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Post N° 5

Post n°5 pubblicato il 03 Maggio 2005 da a4mani

L' estate stava finendo e il sole aveva iniziato a fare meno sul serio da qualche giorno.
La luce del mattino filtrava attraverso le tende e illuminava la parete di fronte al letto. La natura si stava svegliando e con lei si era svegliata anche Silvia, che in silenzio osservava il suo compagno mentre dormiva. Il giorno precedente avevano passato una bellissima serata, erano stati a cena fuori per festeggiare il loro primo anno di matrimonio, quindi a fare una passeggiata in spiaggia al chiaro di luna, poi la passione li aveva strappati dalla banalità e li aveva gettati nudi nel loro soggiorno a fare l'amore come non avevano mai fatto, con una dirompenza incredibile per entrambi. Erano giorni davvero magici.
Adesso lei lo guardava e ringraziava la Provvidenza per avergli fatto aprire gli occhi in tempo ed andare al di là di ciò che vedeva anni addietro e capire che quell'uomo avrebbe preso e dato la vita per lei. Lo avrebbe stretto in un abbraccio fortissimo quasi a perdere il fiato, ma lui dormiva e preferì stare lì, a contemplarlo come un artista fa della sua opera ricordandosi ogni istante di vita speso a crearla, e lei ogni momento di vita speso al suo fianco.
A rompere il silenzio è il trillo del telefono. Silvia prende il cordless e risponde quasi subito, mentre Alessandro si sveglia inveendo contro l'autore della telefonata sostenendo che la domenica mattina alle 7 o è un'emergenza o bisogna essere profondamente rompiscatole per telefonare a casa di qualcuno.

- Pronto? Sì, è qui, chi è lei? Sì glielo passo...
- Chi è?
- Non so se ho capito bene, ha detto di chiamarsi Claude.

Nel volto di lui scende il ghiaccio. Probabilmente in quel momento ha perso almeno un mese di vita. Se lei gli avesse detto "è la polizia,i tuoi genitori sono morti entrambi in un incidente" non avrebbe avuto la stessa reazione.

- Claude?!...mmmm...Pronto?! Sì sono io...Certo che mi ricordo...Bene, va tutto bene grazie e a te?..........Ma davvero?...Ah quindi arrivi domani in città...Certo, ci risentiamo, fammi sapere quando sei arrivato. Ciao.
E mette giù.
- Chi era?
Poteva esimersi dal porre la domanda?
- Devo parlarti.
Pessimo inizio di discorso, fa sempre temere al peggio anche quando non ce n'è bisogno. Ma forse stavolta ce n'è...

Lui inizia a raccontarle della sua gioventù, degli anni intorno ai 18-20, anni in cui ammette di aver avuto un periodo "destabilizzante" sessualmente parlando. In sostanza, fin dall'età della pubertà aveva avuto interesse non solo per le ragazze, ma anche per i ragazzi, interesse che poi con il passare del tempo è andato scemando, tant'è che le sue ultime storie sono state solo con rappresentanti del gentil sesso. Ma durante l'estate  dei suoi 19 anni aveva avuto una storia breve ma molto intensa con un ragazzo omosessuale francese, e questo ragazzo era proprio Claude, che però era in Italia solo per le vacanze e tornando a Marsiglia preferì evitare di sentirsi con lui, così chiusero i rapporti in maniera molto netta. Questa fu la prima ed ultima vera storia in cui Alessandro aveva sfogato quei suoi istinti chiamiamoli "bisessuali", che peraltro erano oramai sopiti. A lui ora interessavano solo le donne, anzi, una donna, lei.
Ora però Claude deve tornare in Italia per lavoro per un breve periodo di qualche giorno proprio per lavorare con l'azienda di Alessandro interfacciandosi, guarda caso, con lui. Al telefono ha detto che appena ha saputo chi fosse il suo contatto lo ha chiamato immediatamente.

Lei sta seduta in mezzo al letto, con i suoi stupendi occhi verdi sgranati, incredula di ciò che le diceva colui che credeva di conoscere ormai fin troppo bene.

- Perchè non me ne hai mai parlato?
- Non credevo fosse così importante.
Eccolo, il consueto siparietto del rapporto uomo-donna negli ultimi decenni.

 
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