VIVERE

1° CAPITOLO


 
 parte secondaLa confessione iniziò nel modo seguente.-Nel nome del Padre,del Figlio e dello Spirito Santo.-Da quanto tempo non ti confessi?-Da ieri (ma lui sapeva già, visto che lo facevo ogni mattina)-Che peccato hai commesso?-Ho disubbidito, ho criticato,  e ho dato qualche ceffone alla mia sorellina.-Ti sei mai guardata allo specchio?-Si, per controllare di essere ben lavata e pettinata.-Ma ti sei mai guardata nuda?-Si, qualche volta.-E ti sei mai toccata nelle parti nascoste?Un silenzio calò improvvisamente e mentre il mio viso arrossiva dalla vergogna, con una voce sommessa e fioca risposi:-NO! Non l’ho mai fatto!La penitenza fu di recitare dieci “Ave Maria”, dieci “Padre nostro”  e dieci “Gloria al  Padre”.Mi alzai dal confessionale con un viso rosso forse più del sole quando  tramonta, infuocato dalla vergogna e con il rimorso di aver detto una enorme bugia.Avevo mentito! Era la prima volta! Per cui  ero frastornata, non riuscivo a recitare la mia penitenza, meritavo una penitenza più grande! Il mio bel corpo che fino a quel momento mi riempiva di orgoglio, mi apparve come una cosa di cui vergognarsi.Io il mio corpo lo avevo toccato! Non dovevo farlo! Era un grave peccato! Ma nonostante io non lo sapessi, mi sentivo sporca, una gran peccatrice che non era degna di diventare suora!Una mano si posò sulla mia spalla facendomi sussultare, era la mia vigilatrice che mi avvertiva di uscire poiché mia mamma mi aspettava fuori e che non potevo partire poiché avevo appena tredici anni.Meno male! Pensai confusa, poi afferrai la mia sorellina con la mano e mi avviai verso casa con le idee più chiare, non ero degna di farmi suora!Seguivo mia madre tenendo stretta per mano mia sorella, sentivo un gran freddo al cuore, un'altra radice del mio cuore si era staccata e andava ad unirsi alle altre nel fondo della mia Anima, dove avvertivo di aver congelato “LA MIA INFANZIA”.Con quel gelo  nell’anima che invadeva il vuoto del mio cuore, trascorsi i due mesi di vacanzaDurante i quali decisi da sola di iscrivermi all'istituto di Belle Arti, e nell’ attesa che iniziasse la scuola, mi recai ogni giorno da una zia sarta affinché mi insegnasse a cucire, nel tempo libero preparai mia sorella Clara ad affrontare la quinta elementare.Mia sorella,di scuola non ne voleva proprio più sapere, era spaventata, a dir poco scioccata, traumatizzata, e ad aggravare la situazione si aggiunse l'ignoranza di mia madre che non fece niente per restituire a quella bambina, l'amore che le era stato negato.Dopo un’ estate interminabile finalmente arrivò Settembre, avevo una gran voglia di andare a scuola ma la voglia più grande che sentivo forte dentro me, era quella di lasciare casa e non sapevo come fare.Durante la settimana che precedette l'inizio scolastico, cominciai ad avere notti insonni, incubi spaventosi, che si ripetevano ogni notte sempre allo stesso modo, un uomo orribile e ripugnante mi rincorreva per le scale  che portavano in cima al terrazzo del maledetto collegio.Una notte riuscì finalmente ad afferrarmi, cominciai a dimenami terrorizzata, urlando come impazzita e quando mia madre mi svegliò non esitai ad aggredirla  dicendo:                                          -Voglio andarmene da questa casa, quel vecchio mi perseguita e tu non sei capace di fermarlo! Nessuno mi deve toccare!Lo hai capito?-Ma chi è quel vecchio, forse hai sognato? o stai diventando  pazza?-Pazza o non pazza io ho bisogno di andarmene fuori da questa casa, devo potermi concentrare per studiare, rimettimi in collegio!-Sai benissimo che in quella città non ci sono collegi, c'e solo un istituto di suore  e non solo dista un  chilometro dalla scuola ma poiché non è un collegio chissà quanto mi chiederanno  di pensione!-Non mi importa niente!, lavorerai di più e pagherai la retta!.Non so che cosa mi prese, ero accecata dall'odio, non provavo nessuna emozione alle sue lacrime e non mi importava neppure di lasciare la mia sorellina pur sapendo che nessuno l 'avrebbe seguita, nostro fratello era troppo più grande di noi, aveva altro per la testa.Non so come fece mia madre e ne mi interessava saperlo, la cosa importante è che trovò la soluzione in pochissimo tempo e riuscii finalmente ad andarmene.Non volli essere accompagnata da nessuno, raccolsi in una piccola valigia le mie poche cose e con la presunzione di aver fatto la cosa più giusta, lasciai la mia casa con la fredda  l’indifferenza di chi non ha mai posseduto un cuore.Il viaggio fu massacrante, dovetti cambiare tre autobus e un po’ per l'attesa snervante tra un autobus e l'altro, un po’ per il peso dei troppi libri che mi ero trascinata dietro, arrivai stanchissima  all'istituto religioso, ero molto ansiosa, non tanto per la stanchezza ma per quel senso di vuoto che mi   portavo dentro.Suonai al portone e mentre attendevo che le suore mi aprissero, fui presa da un'angoscia profonda che aveva il sapore amaro della solitudine, questa volta l’avevo voluto io, con tutte le mie forze, avevo voluto lasciare  quella casa da dove solo sette anni prima ero andata via a malincuore.Non ci sono parole per esprimervi  quanto doloroso fosse quel vuoto che provavo dentro! Avevo strappato con le mie mani un'altra radice del mio cuore colmando di angoscia sempre di più il mio piccolo animo fragile,  “RINUNCIAVO  ANCHE ALLA CASA E AI MIEI FRATELLI”.In quell’Istituto ci restai fino al diploma in compagnia della mia amica Tina, di tre anni più grande di me, venuta da Matera a riprendere gli studi interrotti tre anni prima.Non avvertii mai il disagio che fosse più grande di me, al contrario mi sentivo io più grande, la incitavo sempre a studiare e a lasciar perdere il suo fidanzato, non uscivo mai, ormai avevo fatto dello studio lo scopo della mia vita,non mi interessava altro.Durante l’estate ritornavo a casa, trascorrevo i due mesi di vacanza andando puntualmente tutti i giorni dalla mia zia sarta e non vedevo l’ora che arrivasse settembre per potermene di nuovo andare.Finalmente arrivai al diploma, io e la mia amica fummo le uniche ad essere promosse nella sessione estiva.Ancora oggi sento la nostalgia di quella amica che mi accompagnò durante quel periodo di studi intensi e che non ho mai più rivista.La mia “ADOLESCENZA” volata via come una foglia secca soffiata dal vento,  aveva  quasi sradicato del tutto, le radici del mio povero cuore provocando forse la voragine più grande delle precedenti,  visto che tutt’ora non sono ancora riuscita a colmare.Tornai definitivamente a casa con un bagaglio di ricordi che se avessi potuto li avrei  lasciati volentieri  in quell’istituto,  per un lunghissimo tempo ero riuscita a metterli da parte e chissà perché durante quel viaggio di ritorno, quei tristi ricordi emergevano dalla mia anima e affioravano tutti alla mia mente.Non volevo pensarci, guardavo fuori dal finestrino dell’autobus per distrarmi ma neppure il sole mi era amico, come un gran codardo  si  nascose dietro  nubi giganti  dalle quali venne fuori una pioggerellina fitta e sottile che mi impediva la visuale del panorama e l’opacità  di quel grigio era proprio la cornice adatta al mio stato d’animo.Che strano!  Tempo  fa  quando ero  bambina e guardavo cadere la pioggerellina d’estate con il naso spiaccicato al vetro della finestra, essa mi appariva tutta colorata  da mille  sfumature, un’emozione di gioia invadeva il mio cuore, ma quel giorno no, alimentava ancor più la mia tristezza e pensai:Se i grandi guardano con questi occhi, che peccato essere diventata grande!Intanto mi accorgevo con dolore che il tempo, spietato ed inesorabile, aveva divorato sia la “MIA INFANZIA che la “MIA ADOLESCENZA” ed il mio cuore era ormai  privo di radici poiché al suo posto avvertivo uno spazio immenso.L'autobus si fermò, ero arrivata nel mio paesino per cui scesi con il mio carico di libri e mi incamminai verso casa con un cuore vuoto e freddo ma  con un carico di pensieri cocenti  nella mente,  guardavo le casette che sfilavano lentamente nel senso contrario alla mia direzione, fuori dagli usci di casa c'erano vecchiette intende a sgranare la lana che avrebbero poi rimesso nei loro materassi, bambini che giocavano “alla campana”, altri con il pallone, e altre ancora che cullavano bambole spogliate, sudice e con arti mancanti.                                                                                     Aveva da poco smesso di piovere e nel cielo alto  un enorme  arcobaleno faceva da cornice a questo  scenario  semplice di vita  paesana.Scenario che un tempo lontano io amavo ma che ora detestavo,  poiché mi riportava alla mente la mia infanzia, i miei  pensieri repressi,  pensieri così forti che all'epoca non ero in grado di valutare ma che ora mi ricordavano la lotta spietata interiore che ero costretta ad  affrontare per soffocarli e non farli emergere, perché quegli  avvenimenti vissuti erano stati troppo devastanti per la mia piccola età.Quanto fossero gravi lo avevo capito solo in seguito poiché da bambina li avevo vissuti con la totale incoscienza.Mi ritornava alla mente ciò che avveniva nella bottega di fianco casa mia e provavo un senso di disgusto e di rabbia, quel salumiere che mi sollevava sulla sedia e mi faceva chinare in avanti per prendere un piccolo pezzo di formaggio e intanto accarezzava le mie piccole gambette con il suo enorme dito.                                                       Vi lascio immaginare quale schifo e vergogna potessi provare  passando fuori di quella porta che distava solo pochi metri da casa mia.Anche il cortile di casa mi apparve più piccolo e più sporco ma la cosa non mi interessava più di tanto, mi precipitai di corsa su per la scala di pietra e raggiunsi la mia casa, quella stanza che conservava ricordi sfocati del mio papà e della mia primissima infanzia, sfocati come foto sbiadite, ma gli unici che riuscivano a dare un poco di calore al mio cuore.Ero talmente distratta a focalizzare quei pochi dolci ricordi, quando una voce forte mi arrivò dal cortile:-Candida! vieni giù, c'è una bella sorpresa! (era mia madre)-Aspetta un attimo! Ho  i miei libri da sistemare le risposi a malincuore, mentre mi dirigevo verso la mia piccola libreria, non mi ero neppure accorta che nella stanza c'erano solo letti e armadi, per cui la cosa cominciò ad incuriosirmi.Quando fui giù però, non volli mostrare a mia madre la mia curiosità e con freddezza chiesi:-Di che sorpresa parli?-Entra, guardati intorno e dimmi, ti piace?Entrai dubbiosa nelle due vecchie stanze  che una volta erano appartenute a mia  nonna, notai che non solo erano state messe a nuovo ma che erano anche arredate da una cucina e da una grande sala da pranzo dove in  un angolo  c'era una piccola scrivania,  la vecchia libreria che non avevo trovato più nella stanza di sopra e un gran televisore.La cosa mi piaceva ma non volli trasparire una sola emozione e non mi fu difficile poiché il mio freddo cuore si era ormai trasformato  in un ottimo congelatore.