VIVERE

2° CAPITOLO


PARTE IVQuella settimana fu un vero e proprio viaggio attraverso l’inferno, la notte lavoravo sodo, di giorno dormivo pochissimo, piangevo dalla fame, vi sembrerà assurdo, ma non avevamo una lira e nemmeno  un pezzo di pane.Ricordo chiaramente il giorno della Santa Pasqua, mentre camminavamo stanchi e disperati sotto il porticato di piazza Vittoria, ci chinammo improvvisamente a terra, c’erano cinquecento lire! Fu come un miraggio!Dai miei occhi stanchi  scendevano lacrime di commozione, avevo da poco invocato l’aiuto del mio caro e amato defunto papà! Non sono una superstiziosa, ma la convinzione che fosse stato il mio papà a non farci morire di fame,  scuoteva  la  mia  pesante  e  fragile  anima.Comprammo  due  pizzette, un  pacchetto  di sigarette da dieci, e ci avanzarono anche duecento lire, che ci permisero il giorno dopo di pagare il tram  per andare a far visita a dei nostri compaesani.Nel tram Fabio incontrò degli amici e si intrattenne a parlare con loro a voce alta, non potevo credere alle mie orecchie! Parlavano di ragazze e si riferivano a qualche notte precedente, notte in cui io ero andata a lavorare clandestinamente!E Fabio? Era stato con loro?Quando scendemmo dal tram, chiesi subito spiegazioni ma la risposta fu un pugno violento in pieno viso! Il mio urlo di dolore lo istigò a darmene ancora! E poi ancora!Il sangue mi colava dal naso e dalla bocca, mi girava la testa e una signora gridava!: Chiamate i carabinieri! Questo terrone la sta ammazzando!Ero frastornata, ferita, ma trovai la forza di giustificarlo:Signora stia calma! Sono caduta dal tram!   Ancora oggi ho impresso nella mente lo sguardo di quella signora, chissà cosa pensò di me che con tanta disinvoltura, subivo e giustificavo anche, quella brutale  violenza.Salimmo in casa dei succitati compaesani che, avendo assistito all’accaduto dal loro balcone, ci chiesero cosa fosse successo.Fabio impacciato dalla vergogna accusò me di averlo istigato, fu quella la prima volta che la rabbia e la delusione si mescolarono tanto da indurmi a chiedere aiuto a mio fratello proprio attraverso quei compaesani.La risposta di mio fratello arrivò fredda e acuta come una lancia:-Mia sorella ha sbagliato a non ascoltarmi ed ora se la sbrigasse da sola! E ditele di non presentarsi a casa mia perché la metterò alla porta.La delusione fu amara e molto dolorosa, tanto quanto il comportamento di Fabio,  per cui non avendo altra soluzione, decisi di tornarmene da mia madre.Fabio acconsentì subito anche perché erano giorni che stavo male,  svenivo, avevo conati di vomito, ero comunque diventata un peso per lui in tutti i sensi.Tornai al mio paese con il freddo dell’inverno nel cuore,  nonostante la primavera si mostrasse in tutto il suo splendore, il pensiero di aver perso una delle più importanti battaglie della mia vita, mi impediva di godere appieno di quel meraviglioso paesaggio.Al contrario, invidiavo quegli alberi colorati  che  inneggiavano al sole i  meravigliosi rami fioriti!Che ingiustizia!  Anch’io ero rinverdita!  Però le mie foglie e i miei germogli,  mi erano stati bruscamente strappati sul nascere! Ed il  mio albero era di nuovo spoglio!   Mi chiedevo semmai ci sarebbe stata un’altra primavera, o se sarei rinsecchita del tutto.Quando fummo in casa di mia madre, Fabio motivò il nostro improvviso rientro con una serie di bugie, ma i miei occhi erano un libro dove mia madre potette leggervi tutta la mia sofferenza, per cui, finse di dare credito a ciò che raccontava Fabio e poi aggiunse:-Se Candida non si trova bene a Torino, questo non è affatto un problema!  Lei resterà con me così tu potrai ripartire!Fabio annuì subito,  forse era quello che voleva, disfarsi di me perché forse era pentito di essersi sposato.Ne ero convinta, ma questo pensiero non mi tormentava affatto! Mi tormentava invece il triste pensiero di rimanere in quella casa.E vero!  Ciò che pensavo mi faceva sentire un tantino ingrata verso mia madre,  ma era anche vero che, nonostante la mia buona volontà, non ancora  me la sentivo  di convivere con mia mamma e mio zio.Per tutta la notte frugai nella mia mente una soluzione e quando finalmente la trovai, non esitai a metterla in atto.Mi alzai prestissimo e con la scusa di andare dal medico, mi recai da un mio lontano parente, titolare di un mobilificio e gli chiesi lavoro; dovevo a tutti i costi affittare una casa, anche piccolissima purché potessi starmene da sola.A malincuore dovetti spiegargli la mia situazione, dovetti soprattutto dirgli che mio fratello non mi avrebbe mai permesso di tornare nella casa paterna e che non volevo pesare troppo su mia mamma.Il lavoro mi fu dato e con l’aiuto di mia madre, trovai subito una piccola casa, formata da una camera, una cucina ed un bagno, il problemaera solo quello di arredarla, ma ancora una volta mia madre mi sorprese facendomi ricredere su di lei, infatti,  da quello stesso mobiliere mi prese tutto ciò che mi occorreva e si impegnò a pagare le rate nascondendo il tutto al suo compagno.Una volta sistemati nella casetta, Fabio rinunciò a partire e trovò lavoro presso un supermercato di un villaggio turistico,  il nostro fragile rapporto però continuava a deteriorarsi, ogni piccola scusa era un occasione buona per mettermi le mani addosso.Stavo proprio male!  Ero diventata magra, pallida e con lo sguardo completamente spento,  tanto che mia madre mi costrinse a fare degli accertamenti sul mio stato di salute.Feci i dovuti prelievi di sangue tanto per accontentare mia madre, a me non interessava affatto sapere se stavo bene o meno, io il male lo sentivo nell’anima e vi assicuro che la sofferenza era molto più struggente di quella fisica.Se mi avessero riscontrato qualche malattia, avrei anche avuto i mezzi per curarla, ma per la mia anima non c’erano medicine!Ero angosciata! Delusa! Il mio cuore freddo e vuoto non riusciva ad aprirsi a nessuno elasciava che tutti gli eventi negativi scalfissero la mia anima ogni giorno sempre di più.Cominciai ad avere nostalgia del mio passato, che sebbene fosse stato buio e triste, era primavera rispetto al freddo inverno del presente, e mi chiedevo continuamente come sarebbe stato il mio futuro.Dopo tre giorni ritirai le analisi, tenevo stretta tra le mani quella busta che mi avrebbe detto tutto e niente, ma quando la aprii rimasi letteralmente folgorata, non ci potevo credere! Leggevo! Rileggevo! …ero incinta!Io che ero penetrabile maggiormente e solamente a sentimenti negativi, ora sentivo uno stato di benessere nella forma più intensa e scoppiai in un pianto di commozione.Pensai subito alle offese che solo qualche giorno prima Fabio con tanta disinvoltura mi aveva rivolto ferendomi nel profondo più intimo:-Ci sono donne, che pur essendo piccole e insignificanti, mettono al mondo dei bei figli, tu non sei capace neppure di fare questo!-Ti prego Fabio, non addossarmi questa colpa infame, forse sono soltanto troppo debole!-Non sei debole, è che non sei buona!Quel breve dialogo mi aveva fatto sentire meno di niente,  ed ora mi sentivo la donna più fortunata!Accarezzavo il mio ventre e intanto ringraziavo Dio di avermi concesso quel grande miracolo.